martedì 25 febbraio 2014

Note


La scrivania appoggiata all'angolo, dove si trova il grande radiatore della stanza, appare sempre più ingombra. Vi trovano posto, ammassati uno sull'altro o appoggiati negli spazi sempre più esigui, fogli con annotazioni e schemi, corrispondenza in attesa di essere catalogata, libri letti e da leggere. Alcuni di questi sono talmente grossi che a vederli incutono un timore del tutto simile a quello che mi prendeva quando mi trovavo alla partenza della maratone. So che sono da leggere in vista dei prossimi esami, non sarà una passeggiata studiarci su , ma li guardo convinto che appena aperti mi prenderanno e appassioneranno come quelli in corso d'opera, che stanno sopra il comodino in camera.

Quest'ultimi, quasi tutti si accompagnano con una matita che funge da segnalibro. Strano modo di usare le matite! C'è chi le utilizza per evidenziare i pensieri e le parole più significative, mentre io mi limito a tener traccia di dove sono arrivato. Talvolta mi metto a sottolineare, ma l'ispirazione dura poco, di sicuro non determinata dal contenuto delle pagine.

Mi piace raccogliere le matite dentro ai barattoli vuoti del caffè d'orzo che bevo a colazione. Un tempo li buttavo ma da qualche tempo li colleziono, anche se sono tutti uguali, impilandoli a lato dello schermo del PC, sopra la scrivania.
Due sono destinati a contenere le matite, quelle gialle della Fila, che compro al supermercato di tanto in tanto, in confezioni da dodici. Le porto a casa e le metto nei barattoli. Ne avrò una cinquantina. Ho comprato anche una confezione di colori a pastello, lunghe matite colorate, finite pure loro in uno dei barattoli. Là vicino si trovano anche i barattoli con dentro i pennarelli, di varia misura e spessore e uno destinato a contenere gomma da cancellare, temperino e chiavette USB, quelle che quando servono non si trovano mai.

Nulla di quei contenitori del caffè va buttato, nemmeno i coperchi in gomma, che ho scoperto essere degli ottimi livellatori e ammortizzatori su cui far poggiare la lavatrice. Da quando ne ho messo uno sotto uno dei quattro appoggi, la lavatrice è diventata silenziosa ma soprattutto non vaga per il bagno durante la centrifuga finale.
In caso di usura o rotture di uno di questi spessori, ne conservo una scorta sufficiente a tenere in bolla la lavatrice ancora per qualche anno.
Il restante spazio della scrivania è occupato dal computer, un vecchio Pentium non so cosa, comprato usato, ingrassato di un po' di memoria e arricchito da un certo numero di accessori e periferiche : Webcam. Scanner, altoparlanti e microfono. Se ci si accontenta della lentezza non manca niente.

Il tutto fa angolo, come già detto, con un termosifone: grande, alto, massiccio, capace di scaldare una stanza che fa da cucina, salotto ed entrata.
Mi piace accendere la lampada che sta sopra alla mensola posta poco sopra al termosifone.
Essa illumina con la sua luce soffusa giusto l'angolo del PC, puntando dritta sulla tastiera.

La luce si ferma là nei dintorni, mescolandosi verso il muro, con il chiarore del video. Il resto della stanza è buio. Mi sembra di essere su un palcoscenico, solo, senza altri riferimenti e il ticchettio sui tasti fa un rumore che mi ricorda le prime gocce d'acqua di un temporale estivo: grosse, pesanti, infrangersi sul tetto, sopra al salotto.
Passo il tempo in quell'angolo di luce, collegato al mondo attraverso un filo invisibile: Internet.
Sto sul Web ad osservare cosa succede nel mondo con lo stesso spirito con cui mio padre, d'inverno, passava le giornate, piovose, quelle in cui non lavorava, affacciato alla finestra che dava sulla strada.
Stava li ad osservare anche lui il mondo rappresentato da quella strada in cui passavano macchine, persone conosciute e non, dove arrivava il rumore di eventi inconsueti : un'ambulanza, uno scoppio lontano, il rumore di un trattore fuori stagione.

L'orizzonte del web sembra non avere fine mentre da dietro il vetro, spesso appannato dal vapore emanato dalla cucina economica che scaldava la cucina, cinquant'anni fa si poteva arrivare non oltre la riva che costeggiava la strada.
Le inquietudini di oggi non sono dissimili da quelle di allora. L'abbondanza di informazioni e notizie ci sta appiattendo le emozioni e abituando a tutto, nel bene e nel male.
E' come vivessimo costantemente all'interno di una discoteca, storditi dal volume assordante della musica che ci impedisce, appena usciti, di percepire un bisbiglio, un filo d'aria capace di far fremere le foglie e di modulare un sussurro all'orecchio della persona amata.

Quello che manca forse è il senso del silenzio, la sensazione del nulla, di uno zero e di una unità di misura con cui ricominciare a prendere confidenza con la vita.

sabato 22 febbraio 2014

IPOD Playlist

...
o resterai più semplicemente
dove un attimo vale un altro
senza chiederti come mai,

continuerai a farti scegliere
o finalmente sceglierai.

Verranno a chiederci del nostro amore  - Fabrizio De Andre

venerdì 14 febbraio 2014

I Tarli

Qualche tempo fa, quando stavo al piano di sopra, ho convissuto per qualche mese, di norma durante l’autunno, con un rumore fastidioso e inquietante che usciva dalle travi in legno del soffitto.
Preso da altri pensieri, per qualche tempo non ho dato volutamente peso alla cosa.
“Sparirà prima o poi”, pensavo con il chiaro intento di rassicurami.
Per qualche tempo l’esercizio mentale riuscì, ma al tempo stesso il rumore non scomparve, anzi, aumentò di tono e volume come se si stesse, piano piano, avvicinando.
Cominciai a pensare che dei topi fossero alacremente al lavoro intenti a scavare un tunnel tra quelle travi massicce, alla ricerca di un ricovero protetto e caldo e quella maggiore sensazione di vicinanza fece nascere in me una certa inquietudine.
“Prima o poi bucano la trave e si mettono ad osservarmi dall'alto”.

In quei giorni, alle prese con queste considerazioni, consultai esperti di suoni e di soffitti.

Uno di questi, specializzato in tarli, riconobbe in quel rodere il suono inconfondibile di un tarlo.
MI rassicurò e si candidò per la necessaria disinfestazione. Fossero stati tarli!  Faticai a credergli, immaginandomi dei tarli grandi quanto un topo e appena se ne andò, alzai il telefono e consigliai la padrona di casa a ricercare altri specialisti.
Persi di vista la questione, pur passando parte delle serate in compagnia di quel rosicchio continuo.
Una mattina mentre uscivo per andare al lavoro incrociai un paio di persone che mi avvisarono di essere stati incaricati di derattizzare la zona e il tetto della casa.
Furono individuati e tagliati i rami degli alberi vicini che avevano permesso ai topi di salire sul tetto.
Da quel giorno i rumori sparirono senza più riapparire.

I tarli o i presunti tali si presentano talvolta in modo sommesso, quasi in punta di piedi e seppur ci infastidiscano, li consideriamo come quei dolori che si manifestano d’improvviso e in poco tempo scompaiono.

Ma altre volte non scompaiono ...

“Il cuore batte a un ritmo lento…”, disse sommessamente il cardiologo osservando l’elettrocardiogramma. Cinquanta era la mia frequenza cardiaca in quel momento, del tutto simile a quella che di tanto in tanto misuravo per controllo o per curiosità.
Considerai la constatazione con una certa soddisfazione. I farmaci beta-bloccanti, che ogni mattina prendo appena sveglio, hanno appunto il compito di rallentare il cuore, mi hanno detto, per non stancarlo e farlo così durare più a lungo.

Continuai la visita senza ansie particolari e il cardiologo mi propose di rivederci da lì a un anno. Tutto andava bene tranne che per quel paio di chili che avevo messo da parte durante le ultime feste.

“Se faccio attenzione, senza problemi ritorno presto in forma!”.

Questi erano i miei pensieri all'uscita dall'ospedale. La visita era stata breve e in pochi minuti potevo essere a casa per preparare la cena.
Giunto a destinazione, riposi la cartellina con dentro ricette e referti, sopra la scrivania e non ci pensai più.
Più tardi raccontando al telefono l’esito della visita mi riecheggiarono nella mente le parole pronunciate poche ore prima:

“Il cuore batte a un ritmo lento…” ma mentre la riportavo a chi stava al di là del filo, mi balenò un dubbio che mi fece trasalire:

“E se il cardiologo avesse voluto dire …. Il cuore batte a un ritmo sempre più lento”.

“Il sempre più lento”, scateno l’ansia e la paura di dover affrontare un progressivo, lento peggioramento, determinato dall’ inevitabile rallentamento del battito cardiaco.
Sempre più piano, sempre più lentamente … fino a quando….

Sul fino a quando mi rifiutai di fare ipotesi. Tentai di mettere a tacere quel tarlo che improvvisamente si era materializzato nella mia mente.
L’impresa non sembra facile anzi, non sono riuscito a dimenticare quella possibile interpretazione delle parole del medico.

Sono passate un paio di settimane e ancora di tanto in tanto il tarlo si fa risentire e nonostante l’ansia, non ho cercato di documentarmi né di richiamare il cardiologo per avere le rassicurazioni che cercavo.

domenica 9 febbraio 2014

IPOD Playlist


Quella che non sei
quella che non sei non sei
ma io sono qua e se ti basterà
quella che non sei, non sarai
a me basterà.

Quella che non sei - Ligabue

venerdì 7 febbraio 2014

Sta tornando il sole...


se guardando a Ovest, scorgi il sereno spingere più in là le nuvole, facendo risplendere i monti innevati di una luce quasi dimenticata.

se ciò che devi fare tra un po’ non intralcia ciò che stai facendo ora

se passando casualmente tra i corridoi di una scuola ti torna la voglia di rimetterti a sui libri

se a furia di provare, riflettere e studiare, capisci tutto da solo qualcosa che all'inizio ti sembrava astruso

se ripartendo al verde di un semaforo, un guizzo nella mente ti dà la soluzione che cercavi

se chi ti sembrava indispensabile anche se irraggiungibile, ti appare ora, una persona tra le tante e quasi non ci pensi più

se ti scopri più forte dopo un momento difficile che sembrava annientarti

se ti viene naturale stare  ad ascoltare chi ti sta parlando

se non ti senti mai vecchio ma nemmeno un perenne adolescente

se ti senti preso per mano,  quando non ci speravi più

se non perdi la speranza di sentirti dire quello che vorresti sentirti dire

se tagliando il traguardo, chiudi gli occhi sfinito, sapendo di aver dato tutto