giovedì 30 agosto 2012

Matrici di Compatibilità


Le chiamano matrici di compatibilità. In Informatica è un modo molto schematico e preciso per descrivere le affinità tra software e hardware definendo, la loro capacità di integrarsi e di convivere al fine di costituire un sistema funzionante. Ma i sistemi informatici moderni sono oramai composti da molte (forse troppe) componenti hardware e numerosi software, senza contare le implicazioni dovute alla connettività, alla rete e perché no, alla sicurezza. Insomma oggi un sistema informatico è da considerarsi una specie di puzzle dove spesso, una e una sola è la combinazione che funziona.
Quindi parlare di matrici può sembrare alquanto semplicistico o perlomeno fuorviante. La realtà è spesso più cruda. E’ normale dover  verificare dipendenze tra più matrici, dove per trovare la soluzione ci si deve addentrare tra percorsi molto simili a quelli di un grande un labirinto.
L'esperienza insegna, ben presto, che le scelte, sia hardware che software, non possono essere prese a cuor leggero.
Spesso queste matrici, che oserei chiamare Cubi di Rubik, pur nella loro completezza e precisione, non sono esenti da incognite, tanto da imporre compromessi alcune volte frustranti per chi, in fase di progetto sognava voli pindarici attraverso nuove tecnologie e performance mai viste.
Come orientarci nel labirinto e difenderci da simili frustrazioni informatiche ?
Basta applicare la stessa regola che si usa quando, andando per sentieri in montagna, si diffida dei sentieri poco battuti, preferendo quelli levigati e senza erbacce, ma soprattutto, ben segnati.
L’informatica è una sorta di montagna dove ci sono sia sentieri battuti che tracce appena segnate. Quest’ultime sono di solito percorse da temerari, spesso amanti del rischio e dell’inesplorato. Talvolta l'ignoto è sinonimo di innovazione e futuro, ma quasi mai si coniuga con stabilità e affidabilità.
Per chi invece preferisce l’affidabilità e la sicurezza non rimane che scegliere le strade battute, levigate dai molti già  passati in precedenza. Sono loro che hanno sperimentato sulla loro pelle, gli intoppi e i contrattempi caratteristici di tutto ciò che è nuovo sia nel software che nell’hardware.
Sono le frustrazioni di altri che hanno messo a punto e collaudato le matrici di compatibilità, rendendo il puzzle più semplice per tutti coloro che con saggezza o opportunismo,  hanno preferito passare dopo, rinunciando all'onere e all’onore di battere strade inesplorate.
Ma ogni scelta va fatta con saggezza e buon senso. Questo non significa avere sempre un approccio conservativo, scegliendo le soluzioni più affidabili. Spesso "buon senso" può essere anche sinonimo di coraggio e capacità di rischiare.
Si  scopre così, che quando si ritrova il coraggio e si impara a rischiare alla fine ci si diverte di più.

mercoledì 29 agosto 2012

IPOD Playlist


...
She'll lead you down a path
There'll be tenderness in the air
She'll let you come just far enough
So you know she's really there
She'll look at you and smile
And her eyes will say
She's got a secret garden
Where everything you want
Where everything you need
Will always stay
A million miles away


Secret Garden - Bruce Springsteen


lunedì 27 agosto 2012

Note


Le ferie sono terminate in coincidenza con il primo temporale di Agosto. Lungo il viaggio verso casa, sempre più coperto da nubi minacciose,  la temperatura è scesa repentinamente di più di 15 gradi. Sono giunto a casa poco dopo il passaggio del nubifragio. Davanti alla porta di casa il vento aveva accumulato una grande quantità di foglie secche, come se qualcuno volesse sottolineare che le ferie erano veramente finite. Un po’ per passare il tempo e un po’ per scacciare la malinconia, presa la ramazza, ho fatto piazza pulita di quell’avvisaglia di autunno.

Uno dei ricordi più singolari del mare di quest’anno, una sorta di foto non fatta, è stata l’immagine di due persone anziane, presumo marito e moglie che, abbracciati, andavano lenti verso il mare. Si era verso sera, e i raggi del sole non avevano più la stessa forza delle ore più calde. Guardandoli ho provato molta tenerezza e un pizzico di invidia.

Ero partito per il mare munito di computer, Tablet , cellulari, fiducioso di essere sempre connesso a Internet.  Mi sono trovato invece, quasi sempre sconnesso e spesso, nell'impossibilità di fare anche una banale telefonata.  I pochi accessi a Internet sono stati ottenuti grazie a lunghe e interminabili attese davanti al Pc, diventato improvvisamente lento e inutilizzabile.  Non tutto il male viene per nuocere e dopo un po’ ho scoperto, ma le cose le capisco quasi sempre per urto frontale, che dopo tutto non stavo poi così male, anzi ….

Da oggi si ritorna alle vecchie abitudini. Il PC al lavoro è ripartito senza fiatare. La posta ci ha messo un po’ ad arrivare, ma alla fine non c’era niente di preoccupante. I promemoria lasciati sul tavolo, sintetici, che solo un mese fa sembravano chiarissimi, mi sono apparsi alquanto enigmatici. In compenso mi sono ricordato tutte le password di accesso. 

mercoledì 22 agosto 2012

Dialogo



“Papà, dov’è la macchinetta per il cuore ?”
Eravamo in  silenzio da qualche minuto, finito il pranzo c’era ogni giorno una sorta di tacita tregua: ciascuno si faceva i fatti propri.
Ma quella domanda uscita dai pensieri di mio figlio riannodò il silenzio. Alzai la testa e fissandolo, pensai a quale poteva essere la risposta più appropriata. Presi tempo, ma decisi per la via più diretta.
“E’ qui, vicino alla spalla”, risposi, indicando con il dito sotto la clavicola sinistra.
“Se appoggi la mano la puoi sentire“.
Il piccolo si avvicinò, appoggiò la mano senza premere.
“Non c’è niente!”, esclamò.
“Si che c’è”, spiegai, chiedendomi come mai non avesse percepito qualcosa che per me era, invece, molto ingombrante.
“Puoi sentire anche i fili che vanno diretti al cuore”, continuai completando la descrizione.
Mio figlio appoggiò la mano con più convinzione, e solo allora individuò la macchinetta e fili che gli avevo appena descritto.
“A cosa servono i fili ?”, chiese con aumentata curiosità.
 “ A far ripartire il cuore nel caso si fermasse!”.
Pensavo l’argomento concluso, ma, qualche istante dopo :
“E come fanno a farlo ripartire”, riprese mio figlio.
“La macchinetta manda, attraverso i fili, una scossa al cuore”, risposi.
“E la scossa si sente ?”, domandò quasi preoccupato.
“Chi l’ha provato dice che si sente”, raccontai riportando quando avevo sentito.
Nuovamente pensai conclusa la discussione, ero convinto di  avere dato la migliore delle spiegazioni.
Mio figlio sembrava pensare ad altro. Aveva abbassato lo sguardo quasi fosse stato attratto da qualcos’altro. Armeggiava con le mani sulla sabbia.
Ma alzati gli occhi disse convinto :
“Ma allora tu non muori mai !”
Avevo capito il suo silenzio e i suoi pensieri. Lasciai passare un secondo e più,  poi conclusi.
“Un giorno, nessuno sa quando,  il mio cuore si fermerà e la macchinetta non sarà capace di farlo ripartire.”

Piazzola 127

lunedì 20 agosto 2012

Piazzola 127


“Guardi, sono disposto a pagare per farla partecipare al gioco …!”, disse uno degli animatori che stava reclutando dei volontari per un quiz musicale.
“Cosa vuole …. Le posso dare delle macchine, ma non può dire di no!” , continuò con aria canzonatoria sicuro di convincermi.
“Da papà vai anche tu!”, disse mio figlio felice di vedermi sul palco. Solo qualche giorno prima mi avrebbe trattenuto, come se si vergognasse di me.
“Va bene”, dissi accettando, convinto dall’incitamento di mio figlio.
Andai così ad occupare una sedia delle dieci che erano state preparate. Il palco era in penombra, come quasi al buio mi apparivano le centinaia di persone che stavano di fronte a me.
La situazione poco chiara mi rassicurò.
Pensai :
“Non ho proprio il vestito migliore e, qua in penombra, probabilmente pochi mi noteranno”.
Nel frattempo ogni tanto, davo un’occhiata al piccolo, che stava seduto poco più in là. 
Reclutati tutti i dieci “volontari”, apparve una sorta d presentatore che, in inglese, tedesco e Italiano diede inizio al gioco. Si trattava di indovinare delle famose canzoni internazionali.
Internazionale era il parterre dei concorrenti : austriaci , tedeschi, italiani  e olandesi e dopo una veloce valutazione, mi convinsi che ero di sicuro il meno giovane.
L’inizio del gioco coincise, purtroppo, con l’accensione delle luci del palco. Una luce forte e calda mi colpi come un pugno nello stomaco. Ne rimasi abbagliato. Mi ritornò alla mente il mio abbigliamento un po’ andante ma, accecato da quelle luci, non avevo la sensazione che qualcuno potesse vedermi.
Iniziò la chermesse e, dopo le prime dieci canzoni, ero ancora a zero punti. Tra le canzoni passate, avevo comunque riconosciuto alcuni brani ma, un po’ l’ignoranza e un po’ l’emozione, non mi avevano aiutato a ricordare il titolo.
L’inglese poi era diventato, d’improvviso, una lingua sconosciuta. Non riuscivo a spiaccicare una parola ne a comprendere ciò che veniva detto.
Pian piano però quell’immotivata agitazione di dileguò e cominciai a sentirmi a mio agio.
Decisi di fare una falsa partenza, sicuro di arrivare secondo, per rompere il ghiaccio. Mi buttati su una canzone degli Abba, sbagliandola clamorosamente ma individuai alle prima note  Crocodile Rock di Elton John, Yesterday al primo accordo e l’unica canzone di Cat Stevens che conosco : Father and Son.
In compenso ho confuso Obladì Obladà con Yellow Submarine, dopo una partenza da siluro.
Al termine del gioco ho sfiorato, comunque, l’ammissione in finale, facendo una discreta figura. Naturalmente per mio figlio dovevo vincere.
Alla fine l’ho convinto, lui sempre timido, a salire sul palco con me a ballare la sigla di chiusura e questo è stato il risultato più bello.
Certe cose si fanno solo in vacanza … chissà perché !

domenica 12 agosto 2012

Piazzola 127


L’accesso a internet segue regole a me sconosciute. Il fatto che tutto sembri appeso a non so che fenomeno o rito rende tutto poco tecnologico e deterministico. Non capisco perché ora si acceda a una velocità accettabile mente solo pochi minuti fa tutto era terribilmente lento.
Non sono questi i problemi, ma solo curiosità “professionali”, che mi stuzzicano un po’, ma appena internet diventa decente, mi comporto come chi, pensando di avere la macchina guasta, la sente ripartire di li a poco senza aver toccato nulla. “Finché dura!”, mi viene da dire, sapendo che, come a una roulette russa rovesciata, ho un solo colpo buono a mia disposizione. Per il resto del tempo è buio pesto.
L’accampamento si sta sviluppando. Alla roulotte si è aggiunta una tenda, tutto ben disposto all’interno della piazzola, sfruttando al meglio spazi e confini.  Siamo in due, tra non molto saremo forse in tre, ma disponiamo di ben 7 posti letto. A volte mi considero come quei signori dotati di enormi residenze, con decine di stanze dove ogni sera hanno l’imbarazzo della scelta in quale andare a dormire. Diciamo che un po’ assomiglio loro per il fatto di avere l’imbarazzo della scelta.  Insomma la fantasia fa star bene e i sogni costano niente.
La spiaggia è adiacente al Campeggio. La considero come fosse dietro casa, vista la disposizione della roulotte. Fino ad oggi non ho ancora sentito il mare “ne urlare ne biancheggiare”, come diceva il Carducci, ma il vento teso di ieri sera mi è servito a imparare a governare uno  di quegli aquiloni che si guidano con due fili.  Pensavo che mai ci sarei riuscito e che quanto speso alla festa degli aquiloni di Cervia, non fossero stati altro che soldi buttati al vento. Con molta sorpresa ho imparato in fretta e il gioco non è niente male. In certi momenti la vela sembra volermi sollevare e per qualche istante si prova una strana sensazione di leggerezza, simile a quella di un abitante della Luna.
La spiaggia ieri sera era completamente deserta, mentre per tutta la giornata centinaia di ombrelloni la avevano resa disordinatamente multicolore, come fosse stata dipinta da un pittore al meglio dell’estro. E’ questa una peculiarità delle spiagge libere, zone in cui chiunque può occupare un proprio spazio con ombrellone e sedie a sdraio proprie. C’è chi arriva munito di sole borse e altri invece che, su carrelli di varia dimensione portano lettini, ombrelloni e viveri, quasi fosse un trasloco ogni giorno. Verso sera tutto si svuota, un po’ prima dell’ora di cena la spiaggia ritorna deserta. E’ in quel momento che si può apprezzare il secondo significato di “Spiaggia Libera”, vedendo quel vuoto ordinato e la sabbia completamente sgombra. Restano il mare, la sabbia , il vento, i gabbiani e qualcuno che cammina sulla battigia. La luce del tramonto rende il momento magico.
Camping dei Fiori – Cavallino . Agosto 2012

giovedì 9 agosto 2012

Piazzola 127


La piazzola 128 , quella dell’anno scorso, sta qui a fianco. L’anno scorso stavamo proprio la , organizzati in un disordine sotto controllo. Questa sera sono stanco. Io e mio figlio, abbiamo rimesso in moto l’accampamento allo stesso modo, con poche modifiche: tavolo nuovo e poco più. La roulotte è arrivata per contro proprio. Il rendezvous è avvenuto dopo un anno, verso le sedici. Tutto era in ordine, come un’astronave che per molto tempo avesse viaggiato senza equipaggio. In  breve tempo sia la dispensa che l’armadio ha si sono riempiti di viveri e di indumenti. Il frigo e il fornello anche se con qualche tentennio si sono rimessi a funzionare.
Stasera sono stanco e un po’ mi chiedo perché sono ancora qua, così diverso dall’anno scorso. Non cerco risposte immediate. Già da domani rimetterò in ordine il tempo e gli spazi e non sarà difficile organizzare il far niente. Mio figlio è invece molto più concreto, mi ha aiutato con profitto, non solo nell’operatività ma anche nella ricerca delle soluzioni. Bene anche lui è cambiato e ha molto più entusiasmo di me. 
Alcune incomprensioni mi hanno dato modo di definire un po’ di “regole” di buona convivenza.
Quasi quasi me le segno così da non dover gridare la prossima volta.
Dovremo entrambi trovare, inoltre, spazio per lo studio, ma, mentre io vedrò di incastrarlo nei momenti di pausa, mio figlio ha altre idee in merito. Oggi è stato molto esplicito come al solito: di leggere o fare i compiti non se ne parla. La serata è finalmente silenziosa. Un grillo nonostante l’affollamento trova il coraggio per fare il suo verso. Il campeggio rimane illuminato quasi un accampamento di qualche secolo fa. Le poche luci sembrano sostituire le torce di un tempo. Il buia la fa da padrone. Voci si levano dall’oscurità, si avvicinano, a volte materializzandosi in ombre frettolose, altre volte passano invisibili, scomparendo nel buio, come quei meteoriti che sfiorano la terra senza colpirla.
Ora, penso , potei fare mille cose ancora. Potrei continuare a scrivere o aprire uno dei tanti libri che mi sono portato appresso. Il silenzio mi ha rasserenato. Mio figlio si è addormentato dopo qualche salto sul letto. Me lo aveva chiesto come ultimo desiderio prima di addormentarsi. “Va bene “, ho risposto, sicuro che, in ogni caso, i salti non sarebbero durati per molto.
I grilli si stanno moltiplicando. Finito lo spettacolo dell’orchestra degli uomini, il loro frinire ha occupato la ribalta del palcoscenico. L’approccio è molto più misurato, rispettoso, di certo molto più magico.

martedì 7 agosto 2012

Alex


Si contano sulle dita di una mano gli atleti, scoperti dopati dai controlli antidoping, capaci di ammettere in pubblico il proprio errore e la loro debolezza.
In questi ultimi anni, le commissioni giudicanti, hanno accettato le più squallide giustificazioni che raccontavano talvolta di complotti e altre volte di caramelle accettate incautamente da sconosciuti.
Molti atleti, appartenenti spesso agli sporti cosidetti "potenti", l'hanno fatta franca, scontando pene estremamente lievi.
Il doping è una pratica infame, ma il non tener conto dell’ammissione di colpa di Alex sia, per certi versi, altrettanto infame. Pensando al gesto, mi è sembrato di vedere un ladro che, dopo un furto, lascia il suo biglietto da visita, nel desiderio di essere smascherato e curato per quel vizio tanto deprecabile.
Alex non ne poteva più di marciare, già da tempo. Nessuno lo ha aiutato a smettere e, forse inconsciamente, lui ha trovato il modo per uscire definitivamente di scena.
Alex non va dimenticato, anzi andrà aiutato e affiancato da persone vere e sincere. Non abbiamo bisogno di  altre storie tristi, simili a quella di Marco Pantani.
Con pazienza e dopo una giusta pena, potrà nuovamente riassaporare, se vorrà, la voglia di ritornare a marciare a 4' e 20" al km.

Curiosity


C’è un che di organico nella modalità in cui si è svolta la missione di Curiosity. Mi ricorda il primo viaggio di un bambino a cui i genitori hanno impartito tutte le  istruzioni necessarie a raggiungere per bene la destinazione, sapendo di non poterlo accompagnare nell’ultimo tratto.
Anche questa complessa astronave può essere considerato una sorta di figlio dell’uomo. Un figlio della scienza e della sete di conoscenza, appartenente ad una nuova generazione di macchine “pensanti” capaci di mettere a frutto, magari ampliandole, le conoscenze, l’imprinting trasmesso dall’uomo.
Controllarne remotamente, da Terra la discesa, era precluso dalle leggi della fisica. Servivano minuti per poter trasmettere un singolo comando, mentre durante la discesa sono stati centinaia al secondo le decisioni da prendere per poter stabilizzare in continuazione il sistema, centrando con precisione il cratere  Gale.
Quanto bastava a compiere questa serie di complesse operazioni, era tra le conoscenze già  a bordo e, durante l’avvicinamento, gli occhi di “Curiosity” si sono continuamente misurati con lo spazio circostante, valutando la velocità  e la posizione dell’astronave.
La fase di atterraggio non è stata governata da una sequenza temporizzata di comandi. La capacità autonoma di apprendere e misurarsi con l’ambiente esterno ha permesso all’astronave di correggere in continuazione tutti i parametri di volo, attivando al momento più giusto le operazione fondamentali.
Chissà cosa direbbe Alan Turing, uno dei padri dell'informatica e ideatore del Test di Turing, nell’ammirare un comportamento tanto intelligente di una macchina. Chissà se un uomo  avrebbe fatto meglio ?
Con questa missione si è aperta una fase nuova dei viaggi e dell’esplorazione spaziale. Volendo si può identificare nel Pathfinder, piccolo robot esploratore di Marte, il precursore di questa nuova generazione di macchine. Si tratta di sistemi autonomi e capaci di  padroneggiare gran parte delle funzionalità di base, rispondendo a richieste provenienti dalla terra molto simili a degli obiettivi di progetto.
Nei prossimi decenni compariranno sistemi molto più capaci dell’uomo sia di esplorare l’immensamente grande quanto di avventurarsi nell’estremamente piccolo con il compito di curare e correggere potenziali cause di malattie.