sabato 31 marzo 2012

Andata e .... ritorno


Torno da questo viaggio con un po’ di idee, una manciata di buoni propositi e con qualche ansia in meno. Non che in questi giorni sia riuscito nell’impresa di smarcare alcune delle cose che mi mettevano apprensione, ma la lontananza ne ha attutito gli effetti. Torno fiducioso di ritrovare il ritmo, senza lasciarmi coinvolgere in cose residue.
Sono bastati pochi giorni, ma soprattutto l’essere capitato in un ambiente completamente nuovo, per ridimensionare i pensieri che l’abitudine e l’angustia dei luoghi che quotidianamente frequento, avevano ingigantito oltre misura.
Dai problemi non bisogna certo scappare, ma provare ad osservarli con gli occhi distaccati di un estraneo  aiuta a ridefinire i contorni ,come quando da bambini si calcava con la matita per evidenziare i segni che sembravano sbiaditi e poco chiari.
Poche ore di volo mi hanno fatto scoprire ambienti fino ad ora sconosciuti e spesso snobbati perché o troppo vicini, (chissà perché talvolta bello va a braccetto con lontano), oppure perché poco di moda.
Non pensavo, inoltre, che il volo diventasse per me occasione di relax. Un tempo ascoltavo i sussulti dell’aereo come un medico ausculta un paziente con lo stetoscopio. Ogni vibrazione o sussulto mi metteva in subbuglio. Certe volte sembravo un condannato a morte in attesa dell’ esecuzione.  Oggi mentre volo, mi guardo intorno, ascolto i suoni della carlinga e se la vicinanza del finestrino me lo permette, guardo il mondo dall’alto, ammirando il mare di nuvole o la piccolezza degli uomini.  Constatare quanto siano piccole le opere dell’uomo al cospetto della grandezza della natura mi mette un po’ di tranquillità. Ci vorrà non poca fatica per l’umanità per sovrastare il mondo che la ospita.
Le scosse indotte dalle turbolenze non riescono più a intimorirmi. Le vivo come i sussulti di una giostra al luna park. In certi momenti le trovo persino piacevoli come quando si cammina lesti, in discesa lungo un sentiero sconnesso saltando di roccia in roccia.
Durante il viaggio, leggo con la stessa calma di quando, sotto la lampada del salotto, seduto sul divano, passo il tempo su libri e a studiare.  Durante i voli di questi  giorni sono riuscito a leggere “L’arte di correre” di Murakami Haruki, un libro dove ho ritrovato descritte le sensazioni e le riflessioni comuni a tutti coloro che hanno potuto sperimentare la corsa prolungata.
Ho sempre considerato la corsa un esercizio di volontà sotto il completo controllo della mente. Quando vengono meno le motivazioni e la passione, improvvisamente il fisico sembra ribellarsi e svuotarsi di ogni energia. Ciò che sembrava naturale poco tempo prima diventa improvvisamente improbo.  
La forza di volontà permette di raggiungere traguardi impensabili.
Purtroppo la voglia e la grinta di arrivare al traguardo o raggiungere un obiettivo può far perdere il senso della misura sulle reali nostre forze e possibilità.
Spesso  bisogna saper riconoscere i propri limiti, senza per questo sentirsi sminuiti.
Soprattutto chi pratica la corsa, rischia di frequente una sorta di dipendenza. Correre diventa una necessità che nulla ha a che fare con l'allenamento quotidiano. Si arriva a correre quasi per vizio, anche quando una sosta, programmata o imprevista, potrebbe far bene sia allo spirito che al fisico,
In queste situazione anche il dolore, piuttosto che essere percepito come un segnale di allarme, diventa un impiccio, un imprevisto in vista della gara.
I dolori sono, il più delle volte, sintomi di adattamenti meccanici che il nostro fisico assume a fronte dei nuovi carichi di lavoro. Il nostro corpo si comporta come le macchine di un tempo che durante il rodaggio levigavano al meglio gli ingranaggi.
In misura minore succede invece che il dolore, anche se sopportabile, sia invece l'avvisaglia di problemi spesso seri, che non possono essere trascurati.
In questi casi il podista tende a "correrci sopra" fino al momento in cui è costretto a chiedere a chi lo segue pazientemente :
"Basta, mi fermo qua, fammi salire in bicicletta....."

venerdì 30 marzo 2012

Note

Ho lasciato  casa i miei due cuori. Il primo sano, con le sue storie di pause mai spiegate, il secondo malato ma bisognoso di qualche pausa.
Sono successe molte cose, alcune inspiegabili, altre auspicate. Non ho cercato spiegazioni ne alle prime come pure alle seconde. Ho volato senza più paure e ho gradito, apprezzando, la gradevolezza sia del viaggio come dei luoghi. Da qui non tornerei per un bel po', anche se dovessi restare solo tra il mare e le colline di questa isola.
Ma soli non si è mai e mai lo sono stato. Del passato non ho fatto menzione e di questo me ne rallegro.


Tra ferie, studio, viaggi e lavoro il tempo passa in modo del tutto diverso. Il coraggio di intraprendere nuove strade sta cambiando la ma vita. Ritornare sui libri nei prossimi giorni è una compito a cui tengo particolarmente.


Ogni volta che arrivo in un luogo di mare percepisco sempre una luce particolare.  L'altro ieri, nonostante il cielo fosse nuvoloso tutto sembrava più luminoso e anche le nubi apparivano meno minacciose.

lunedì 19 marzo 2012

Festa del papà


Savassa

Riprendo a correre, ogni tanto, senza continuità e convincimento.
Quello che mi porta a mettere le scarpe da running è più l’affetto verso una particolare corsa, piuttosto che la voglia di rimettere in moto i muscoli e far fare un po’ di allenamento al cuore.
Quando mi ritrovo in mezzo a centinaia di corridori, tutto viene naturale, mi metto a correre, senza pause fino al traguardo.  
La fatica non si fa sentire più di tanto. Quando me la sento, aumento il ritmo fino al fiatone e poi rallento riprendendo la velocità di crociera.

Ieri i primi quattro chilometri erano in salita, mentre il resto del percorso era un dolce discendere lungo sentieri ancora brulli e stretti. 
Di tanto in tanto qualche viola ricordava che tra qualche giorno è San Benedetto. 
I dodici Km sono la distanza ottimale. Mi tiene in moto poco più di un’ora e dopo un’ora le forze sono già del tutto recuperate.
La corsa di Savassa, dalle parti di Vittorio Veneto, mi ricorda una domenica del ’92, quando l’affrontai per la prima volta.

Ieri ho terminato la il percorso di 12 Km in un’ora e trentatré, lo stesso tempo fatto nel ’92 quando invece mi cimentai sul percorso lungo dei 20 km. 
La domenica del ’92 prosegui con una gita in Val Zoldana, con tutta la famiglia. 
Spesso le mie corse erano un’occasione per una gita…….chissà se sono state un bene o solo un modo per far passare il tempo sopra i problemi. 


Ieri solo qualche sms per un motivo occasionale mi ha messo in contatto con la mia famiglia, o con quello che ne è rimasto.

sabato 17 marzo 2012

La Sveglia

La sveglia suona alle 6.45 tutti i giorni. Il Blackberry non perde un colpo. Non serve spegnerlo, lui rimane di guardia come un cane fedele con le orecchie appoggiate al pavimento.
La sveglia taglia il mio risveglio in due : quello che viene prima e quello che viene dopo.
Mi sveglio abbastanza presto, talvolta prestissimo e resto là tra il tentativo di riaddormentarmi e qualche pensiero che vorrebbe tramutarsi in sogno.
Stare al caldo delle coperte mi da sicurezza e, da non molto, un po’ di serenità.

In certi momenti apro il libro che sto leggendo e avanzo di qualche pagina anche se a quell’ora l’attenzione sembra più addormentata di me.
Penso quindi alle mie cose, a quello che dovrò fare durante il giorno, soffermandomi un po’ su  ciò che vorrei succedesse. Sognare o sperare in meglio mi aiuta.
Solo prestando attenzione, percepisco il via vai crescente dei mezzi sulla provinciale. Solo il rumore di qualche camion particolarmente pesante, sfora i muri massicci della casa. Rimangono altrimenti, silenziosi ronzii che l’abitudine nemmeno considera.
La sensazione generale è di silenzio e di tepore.

All'approssimarsi dell’ora fatidica, sbircio sull’orologio per verificare quanto spazio ho ancora. Gli ultimi minuti li passo ad aspettare, paziente senza anticipare i tempi e avere fretta.
Il tempo ci da tempo per fare tutto, non vale la pena ricorrerlo ne anticiparlo. Lui ha fiato a sufficienza per vincere qualsiasi competizione.

Poi arriva il momento fatidico. La sveglia si fa viva emettendo un suono progressivo, tra il fastidioso e l’ossessivo. Il tono cresce, si zittisce e riparte più volte aspettando il gesto di riconoscimento.
Se posso, quando sta a tiro di braccio, la fermo in pochi secondi, altrimenti, quando la sera prima la dimentico sul tavolo in cucina, la lascio lamentarsi per qualche minuto, prima di alzarmi e premere il fatidico pulsante “Elimina”.
Quel tasto Elimina, mi fa iniziare la giornata approfittando del tempo che in questo periodo della vita mi è concesso.
Ho imparato a prendere cura di me stesso, acquisendo un po’ di quel volermi bene che un tempo avevo perduto.
Ascolto un po’ di radio con le ultime notizie o accendo l’iTunes dell’IPAD, che uso come fosse un jukebox,  dove custodisco la mia Playlist.
Preferisco prepararmi la colazione, evitando di farla in piedi davanti al banco di una pasticceria, con l’ansia di lasciare spazio a coloro che aspettano in coda.
Pane tostato , marmellata, spremuta di arancia preparata al momento, accompagnati dall’immancabile caffè riempiono di profumo la cucina.
E’ questo il segno che la giornata può cominciare. Un po’ prima delle otto esco di casa, ogni giorno, portando con me quelle speranze miste a sogni che appartengono al mondo del “ vorrei succedesse”.

Succederà………..

IPOD Playlist

E ho guardato dentro un'emozione
e ci ho visto dentro tanto amore
che ho capito perché non si comanda al cuore.

E va bene così...
senza parole... senza parole...
E va bene così, senza parole
E va bene così, senza parole...
E va bene così...

Senza Parole - Vasco

mercoledì 14 marzo 2012

Buon Compleanno !


L’infermiera mi chiamò indicandomi un ambulatorio lì vicino alla sala dove stavo attendendo.
Entrai, ero molto emozionato. La donna aveva in braccio un fagottino bianco da cui erano visibili dei capelli neri.
Quando le fui vicino vidi il viso di mio figlio. Aveva una carnagione scura, quasi  a voler essere in sintonia con il colore dei capelli.
Era arrivato dopo un viaggio lungo 21 anni quel bambino tanto atteso. Ci aveva raggiunto quando ormai noi non lo aspettavamo più.
L’infermiera mi disse : “Lo può tenere in braccio un minuto, per favore”.
Facendo attenzione a non stringerlo troppo, lo guardai da vicino giusto il tempo che la signora preparasse tutto ciò che serviva per pulirlo e vestirlo.
Non dissi una parola mentre la osservavo prendersene cura.
Era il 14 Marzo 2005.
In questi anni, ho spesso sentito la mancanza di quel bimbo quando alla sera tornavo a casa dal lavoro.
Spesso quando mi soffermavo a osservare una famiglia con un bimbo piccolo, la mancanza mi appariva ancora più insopportabile.
Ora tutto è un po’ più normale, per me, ma spero soprattutto per lui.
Buon Compleanno Giovanni !

Fondamenti di.....


Fondamenti di Informatica è di gran lunga l’esame che mi impensierisce di meno.
Non nascondo di ambire a un bel Trenta e lode.
Come potrei fallire nella materia che ha accompagnato tutta la mia carriera lavorativa ?
Insomma gioco in casa e la vittoria è assicurata.

Nel corso dei più di trent’anni di carriera sono passato dai programmi scritti in linguaggio macchina fino ai sistemi virtuali di oggi, passando per i Mainframe degli anni 80 e 90 e progettando e implementando reti locali e geografiche che collegano siti distribuiti da Tokyo a Citta del Messico.

Ora bisticcio e cerco di prendere  confidenza con il Cloud Computing e le ultime tecnologie che stanno rivoluzionando la nostra vita con i cellulari e i Tablet sempre più sofisticati.

Cosciente di cotanta competenza, ieri sera ho cominciato il corso. Ammetto che ho iniziato lo studio con un po’ di sufficienza, simile a quella dei bambini che si pavoneggiano delle cose già conosciute.
Pian piano ho cominciato a intuire la struttura del corso e a incontrare termini e sigle che probabilmente avevo studiato tra i banchi delle scuole superiori.
Per certi versi mi sono sorpreso nel ritrovare le stesse sigle di un tempo, funzioni che pensavo fossero andate in disuso. Da tempo non ritornavo a quei concetti base e certi fondamenti li avevo persi di vista.

Dopo qualche Slide, qualche riflessione mi ha fatto deviare dal tema del corso e mi sono concentrato su come le vicissitudini della vita ci portino a dimenticare i fondamenti, le basi, come spesso vengono definite.

Un po’ tutti i nostri comportamenti e  convinzioni si basano su fondamenti che, a causa dell’abitudine, l’indifferenza e mille altre distrazioni, spesso non riteniamo più importanti e nemmeno degni di essere ricordati. Stanno là, come un oggetto vecchio, dimenticato in un solaio.

Ripassare i fondamenti o ripeterli di tanto in tanto, ci aiuta a ritrovare i veri significati.
Esternare sentimenti, emozioni, semplici pensieri anche se ritenuti scontati e condivisi, aiuta a unire e a ravvivare l’interesse e la complicità, trasmettendo sicurezza e la consapevolezza di non essere soli.

Dire un "Ti amo" o un "Ti voglio bene" o curare con particolare attenzione un regalo, sono segni della consapevolezza che niente può essere dato per scontato e che, a certi aspetti della nostra vita va riservata una cura particolare.

Oggi ho ripreso il corso di Informatica. Con calma leggo con attenzione, come se fosse la prima volta che affronto la materia.
Pian piano sto rimettendo in ordine tutti i concetti base.
Riprenderli non può che far bene.

lunedì 12 marzo 2012

Telefonate Occasionali

Mi riprometto spesso di rispondere a tutte le telefonate che ricevo sul lavoro.
Per sopravvivere, qualche tempo fa mi ero dato la regola di rispondere alle sole chiamate provenienti da persone conosciute .
Quindi rispondo solo quando il chiamante è riconosciuto e già catalogato, anzi talvolta, nemmeno a quelle, perché mi riservo di richiamare in un secondo momento, magari di sera mentre torno a casa in macchina.
Lo scopo  dichiarato è quello di evitare i fornitori troppo insistenti a cui spesso fisso un appuntamento al solo scopo di liberarmene.
A dire il vero sotto questo comportamento si cela un po’ di stanchezza e perdita di motivazioni .
La causa : certe mie buone idee sono diventate cavalli di battaglia di altri. 
Oggi di buone idee ne avrei altre, ma per il momento le custodisco nel cassetto, aspettando momenti più favorevoli.
Tra le telefonate, inoltre, ci sono quelle provenienti da numeri che non conosco, che con l’aumentare dei tentativi via via memorizzo.
Succede a un certo punto, più per curiosità che per raziocinio, decida di rispondere a uno di questi sconosciuti.
Di solito l’interlocutore altro non è che un commerciale, già incontrato e a cui ho dato il biglietto da visita.
Qualcuno mi ha detto che così facendo, rischio di perdere l’occasione della mia vita.
Me ne rendo conto, ma ora ho bisogno di una vita normale e di fare cose nuove, non sono un superuomo, ma soprattutto non lo sono mai stato, nemmeno quando andavo a “cento all’ora”

Poi capita come oggi quando, pescando nella lotteria dei numeri sconosciuti, rispondendo, mi senta chiedere dall'altra parte :

“Vediamo se mi riconosci ?”

Ho riconosciuto dall'altra parte del filo la voce di una persona con cui ho lavorato parecchi anni fa.

“Domani sono dalle tue parti, volevo venirti a salutare....”

Fa piacere non essere dimenticati.......a domani.

domenica 11 marzo 2012

Apprendisti Stregoni


Sono abbastanza vecchio  ma nonostante mi consideri un po’ creativo, mi piace, nel mestiere che faccio  “ sapere di che morte devo morire”,.
Ho imparato questo modo di dire da mio padre, che spesso lo usava nei discorsi più vari. Mi è sempre piaciuto perché, attraverso un paradosso  sulla morte, cerca di indirizzare le decisioni dei  vivi.

Nel lavoro non mi sono mai fermato a pensare a come sarebbe stato  il mondo il mese dopo. Mi sono sempre interessato invece, di individuare le tendenze, fiutando il nuovo con lo stesso spirito con cui un cane annusa l’aria per cercare i tartufi. Ho confidato molto nell'intuito, magari aspettando una sorta di illuminazione, piuttosto che affidarmi alla razionalità.  Spesso ci ho preso, altre volte meno, ma il gioco mi è sempre piaciuto.
Quando ero più giovane non riuscivo a inquadrare le persone con cui avevo a che fare. Spesso le sopravvalutavo, altre volte cadevo nella trappola della falsa adulazione.
Solo da poco mi sono fatto un po’ più attento e, qualche volta invece  ora ci prendo.
Il lavoro non mi prende più come un tempo, anche l’informatica che giro e rigiro da un paio di decenni, pur con i suoi continui cambiamenti,  non riesce più ad elettrizzarmi come un tempo.
La tratto comunque con molto rispetto, mi ha permesso di fare un lavoro che ancora mi piace e continuo a fare con l’impegno e la passione dell’esperienza.
Tornando a il detto di mio padre, con il passare degli anni lo ho accostato al concetto di strategia.
Sapere “di che morte si deve morire” è forse l’essenza delle strategia a lungo termine. 
Il mondo però sembra cambiato, il significato di strategia o visione a medio e lungo termine, non è più una peculiarità apprezzata.
Nel lavoro , o meglio , dove lavoro,  le strategie hanno spesso la durata di un giorno, talvolta qualche ora.
Ciò che si decide il lunedì può essere radicalmente cambiato il giorno successivo, tanto che l’approccio più sensato sembra essere quello di non far niente.  Basta una cena di lavoro, un convegno seguito da un buffet o ritrovi più o meno occasionali con fornitori,  perché al mattino successivo arrivino compiti nuovi, non previsti in aperto contrasto con quanto deciso il pomeriggio prima.
Si prosegue come degli ubriachi, una volta si barcolla  da una parte e poi, quasi a bilanciare, si barcolla paurosamente dalla parte opposta.
Quando infine si arriva ad operare delle scelte, ci si rende conto che la scarsa lucidità, analoga a quella  dell’ubriaco barcollante, porta a definire strategie  incongruenti e talvolta incompatibili con l’esistente, senza porsi il problema di gestire un corretto percorso di cambiamento.
Le imprese sono oggi in balia di capitani che per scarsa etica ed eccesso di narcisismo, appaiono come dei bambinoni o al massimo come tanti Apprendisti Stregoni, incapaci di azzeccare il più semplice dei sortilegi.

Viaggi Interplanetari - Un anno dopo


Sono ritornato con mio figlio alla Mostra di Astronomia a Villa Farsetti di Santa Maria di Sala .
Ogni anno c’è qualcosa di nuovo e ritornarci è un piacere.
Uno dei piatti forti della mostra è la ricostruzione del Sistema Solare nel prato antistante alla villa
Mi figlio ha un anno un più. L’anno scorso io fungevo da accompagnatore – narratore nel guidarlo attraverso i pianeti proporzionatamente distribuiti nel prato della Villa.

Ad ogni pianeta, ricordo, gli leggevo il nome e lui paragonava dimensioni e distanze osservando quanto lontano fosse il Sole.
Stamattina in autonomia si fermava davanti al cartello che identifica il pianeta e ne leggeva ad alta voce il nome, ripartendo veloce verso il successivo.
La lettura, l’auto apprendere gli ha aperto un  mondo di conoscenze infinito, uno delle conquiste più determinanti della vita di ciascuno.

Per me è importante vederlo un po’ più autonomo, conquistare il mondo a suo modo e con le sue forze. Io risparmio un po’ di energie da riversare in quel “Viaggio Interplanetario” che è la sua crescita dove vorrei accompagnarlo per molto ancora.

venerdì 9 marzo 2012

Emozioni ritrovate


Saranno stare le due di notte.  Non avevo ancora chiuso occhio, nonostante le solite gocce.
Il ripasso della sera sembrava si fosse trasformato in un cancellino. Non ricordavo più nulla e nemmeno riuscivo a correlare tra loro gli argomenti studiati.
Un accenno di panico mi consigliò a smettere, ma messomi a letto, lo spavento e l’agitazione non mi permettevano di addormentarmi.
Mi ritrovai così all’interno di un incubo : la mia memoria cercava disperatamente di ricordare e ripassare il “Funzionamento della memoria” , uno dei anti argomenti di esame.
Dopo un po’ non capivo più se sbagliava la memoria e orano sbagliati i ricordi.
Così cominciai  a pensare :
“Ma come funziona male la mia memoria che non riesce a ricordare come funziona”,  come se improvvisamente, alla guida di una macchina, non ricordassi più a cosa serve il volante.

Aggiunsi un po’ di gocce, senza debellare l’incubo. Pazientai, cercando di smarrirmi dentro ad altri argomenti, meno vorticosi : la percezione, l’emozione e il sonno.

Forse quest’ultimo aspetto funzionò da suggestione  e dopo un po’ mi addormentai.

Il giorno dopo avevo il torpore e il tremore delle notte insonni.
Non me ne curai, attendendo il mio turno tra momenti di padronanza assoluta ad altri di completo smarrimento.
Solite situazioni vissute tanti e tanti anni fa.

La pazienza del modem


A mezzanotte, o forse qualche minuto prima , ero a casa. Il navigatore aveva sbagliato di poco la previsione.
La casa aveva l’odore di pulito. Quel giorno come ogni mercoledì era passata la signora che mi aiuta a tenerla in ordine.

Tutto era a posto. Il drappo sul divano non aveva un grinza e i cuscini erano incassati sotto gli schienali, come se fossero appena usciti dalla fabbrica.
Il tappeto sembrava pettinato da un abile parrucchiere.
Sull'angolo, in fondo alla cucina, promosso da poco a spazio dedicato allo studio, notai immediatamente il gran numero di fogli appesi alla bacheca, zeppi di note colorate, che evidenziavano nomi, concetti e definizioni, che avevo, faticosamente, cercato di apprendere

L’impressione cromatica era piacevole, nonostante la poco brillantezza della luce smorzasse un po’ i colori. Quelle note, scritte durante gli ultimi mesi di studio, appartenevano a uno dei tanti tentativi di acquisire un metodo di apprendimento efficiente.
Alcune di queste, un paio in particolare, che avevo coccolato particolarmente, mi avevano tradito, senza troppe conseguenza, di fronte al professore.
Non fa niente, ora che non dovrò ricordarle in un particolare momento, magari mi resteranno in mente per sempre.
Rientrando in casa recuperai la solita serenità. Le cose che mi avevano accompagnato durante il viaggio, in poco tempo ritornarono al loro posto, in attesa di una nuova partenza. La lavatrice cominciò a prendersi cura della roba sporca.
Gli appunti, gli schemi e i chilometri scritti a penna, invece, nel giro di qualche minuto, si ritrovarono tra la carta da riciclare. Due esami sono andati, ora non restava che pensare ai prossimi.

La camera era buia. Il modem non aveva alcun segnale di allarme. La solita luce verde si diffondeva in ogni angolo  della stanza.
“Strano !”, pensai, “ non può non essersi accorto della mia assenza, Lunedì mattina!”.

Era da poco passata la mezzanotte, era già l’8 Marzo.
Mi avvicinai al comodino e attivai il display del modem, prima di mettermi a letto.
Lessi chiaramente la frase :

“Prossimo contatto previsto: 8 Marzo”.

Di colpo capii il ragionamento di quella macchina, legata da un  filo invisibile al mio cuore.
Ogni giorno, aveva rimandato di un giorno il contatto, in paziente attesa.
Non si era arrabbiata, come un tempo, quando attivava il segnale di allarme, incitandomi a utilizzare lo scarico di emergenza.
Aveva semplicemente atteso, di giorno in giorno, il mio ritorno.

Mi misi a leggere il libro, trascurato a causa delle studio. Non mi erano passati, ne l’emozione della giornata e nemmeno lo stress del viaggio.
Controllai, curioso, nuovamente il display del modem.
La scritta era cambiata. Ora il messaggio diceva:

“Prossimo contatto previsto : 12 Marzo”.

In quel breve periodo, durante il quale ero riuscito a malapena  a leggere una pagina, il contatto era avvenuto. Le emozioni e le vicende del mio cuore erano state già trasmesse, alla solita ignota destinazione.
Di sicuro, nonostante il batticuore di qualche momento, nulla di grave sarà diagnosticato.