mercoledì 29 febbraio 2012

Anno Bisesto


Giorno senza medicine e senza memoria. 
Giorno di troppo, frastornato da una notte insonne, piena di pensieri e di parole scritte, cancellate e di nuovo scritte.
Qualcuno potesse leggerle mi sarebbe di conforto.
Pensieri notturni mi hanno riportato a ritroso nel tempo.
Avrei staccato la spina dal presente per riattaccarla, indietro nel tempo.
Di quanto non saprei.
Purtroppo il tempo è un filo che non si riavvolge.
Ricordare momenti dolorosi risveglia dolore.
Oggi il presente non mi piace, mi è ostile e veicolo di tristezza. 
Sarà la stanchezza indotta dal sonno e dai ricordi tristi, volutamente, fatti riaffiorare.
Dormirei fino al primo momento di serenità, fossi sicuro di incrociarlo prima o poi.

29 Febbraio

lunedì 27 febbraio 2012

Prova d'esame

Pensate alle vostre esperienze scolastiche e/o professionali e descrivete per iscritto le
motivazioni primarie e quelle secondarie che hanno guidato i vostri comportamenti.
Cercate poi di costruire un personale sistema dei desideri e dei valori commentandoli
alla luce della cultura di appartenenza (quanto e come la cultura e l’ambiente sociale
di vita influenzano).


Per buona parte della mia vita ho avuto una buona stima di me.
Ho mantenuto sempre una buona propensione e interesse  a tutto ciò che era nuovo, innovativo, spesso anticonformista o non usuale per i tempi o per il mio contesto familiare.
A scuola ci tenevo a ben riuscire, un po’ per amor proprio ma anche per  gratificare i miei genitori. Ero il primo di tre figli.
Ricordo ancora il primo cinque preso a scuola esposto per un giorno sul tavolo della sala da pranzo. In seguito, di insufficienze, ne presi ben poche.
Scelsi di diventare un informatico non per passione ma per curiosità. A quei tempi (era il 1972) l’Informatica stava esplodendo e questo garantiva un lavoro sicuro dopo l’Istituto Tecnico.
Questa garanzia rassicurava mio padre, mentre io sognavo di fare astronomia all’università. Quando  mi iscrissi optai invece per Ingegneria. Frequentai il primo anno superando tre esami. Le motivazioni erano nulle. Passavo più giorni a girovagare per Padova  che a frequentare le lezioni.  Un periodaccio.
Non avevo fatto le scelte giuste.
Durante la mia carriera scolastica, interrotta dopo il primo anno di università, decidendo di fare il servizio militare, ho avuto un paio di momenti bui.
Il primo arrivò all’inizio del terzo anno delle Superiori,  quando passai allo Zuccante di Mestre. Avevo scelto  di specializzarmi in Informatica.  Ero approdato a Mestre, proveniente da una sezione distaccata, dello stesso istituto, del mio paese, dove avevo frequentato il biennio.
Conclusi il secondo anno con la media dell’otto. Pensavo che i successivi tre anni sarebbero stati una passeggiata.
I primi tre mesi del terzo anno furono disastrosi. Per ovviare alla debacle raccolsi tutte le energie, studiando di più e cambiando metodo di studio arrivai a raddrizzare la situazione, finendo l’anno con la media del sette. Studiai come non mai.
Il secondo momento buio coincise proprio con l'esame di maturità. Arrivai stanco e demotivato.  Non mi preparai al meglio e finii con un 48/60, ottenuti più per il corredo scolastico che per ciò che avevo fatto all’esame.
Ho sempre preferito ambienti competitivi, sia nella scuola che nel lavoro. La competizione mi permetteva di recuperare risorse aggiuntive, cercando nuove efficienze  per  ottenere il meglio.
In ambito lavorativo, sono partito con il piede giusto. Ho incominciato a lavorare in un ambiente nuovo e stimolante con persone uniche che ancora ricordo con riconoscenza e piacere. Mi insegnarono ad amare l’informatica  e questo mi ha permesso di fare una discreta carriera.
Finita quella esperienza, durata sei anni, passai in una grossa azienda, in cui lavoro tuttora, con compiti di sistemista e nel corso degli anni ho potuto occuparmi quasi esclusivamente di innovazione tecnologica.
Ho avuto la possibilità di fare sempre cose nuove e diverse in cui ho trovato la motivazione per lavorare con entusiasmo e successo, divertendomi.  Il divertimento e la possibilità di non occuparmi di attività ripetitive mi hanno convinto a non valutare altre possibilità di lavoro.
Nei primi anni consideravo il progredire in ambito lavorativo una delle possibilità di far star meglio la mia famiglia, garantendole un futuro sicuro. Questa era ma motivazione primaria che mi aiutava ad impegnarmi sempre di più.
Per qualche tempo, quando ero alle prese con la costruzione della nuova casa, sono riuscito a fare più lavori.

Negli anni che seguirono, indicativamente dall'anno 2000, purtroppo le troppe motivazioni, che alimentarono oltremodo l’ambizione personale mi hanno fatto perdere il senso della misura.  Ho trascurato tutto pur di fare carriera e ho dovuto fare i conti sia con problemi personali che con problemi di salute.
Fino al 2009 la mia vita è stata un vortice progressivo e inarrestabile.  Poi c’è stato il black-out. Il mio cuore si è ribellato e si è preso un paio di pause. Con un po' di fatica sono riusciti a convincerlo a rimettersi in moto.
Ora vivo tutto come "una seconda possibilità".
Non è stato facile accettare tutto quanto ha modificato la mia vita, ma oggi, pur essendo conscio di non aver risolto tutto, mi ritengo soddisfatto. 
Ho avuto modo e tempo di riflettere, pur all'interno di una situazione emotiva molto difficile.
Oggi dovessi fare un personale sistema di desideri , devo forzatamente considerare sia la cultura dentro alla quale sono cresciuto ma soprattutto l’esperienza di vita personale.
La competizione, pur essendo ancora parte di me, non influenza più i miei comportamenti.
Mi considero ancora valido dal punto di vista professionale e, anche se potrebbe sembrare tardivo, nutro il desiderio di cercare nuove esperienze lavorative. Una sorta di sfida, un modo di misurarmi al di fuori del contesto attuale, nonostante il periodo poco felice.
“Prima di tutto la salute!  “ potrei esclamare. Questo è il valore che più mi da motivazione. Vivere.
Continuare a vivere prima di tutto per me, poi per i miei figli che vorrei accompagnare ancora per molti anni. Vorrei vedere crescere il più piccolo (6 anni) almeno quanto ho visto crescere il più grande (27 anni).
Poi, in ordine di importanza, viene la famiglia, che per me oggi ha un significato particolare, ma che mi porto dentro, come valore,  impresso fin da piccolo e che per  un certo periodo ho dimenticato e trascurato.
Ricostruirmi una vita affettiva è uno dei desideri più forti. Le esperienze recenti mi hanno molto segnato e tutto è diventato difficile.  E’ un po’ di tempo che ci rifletto, ma mi sono reso conto che certe cose prendono il tempo che vogliono loro, piuttosto che accettare quello che pensiamo noi.
Inoltre desidererei  occuparmi di cose nuove, non necessariamente di informatica, magari usandola al meglio per nuovi scopi e obiettivi.
Leggere (sono riuscito a rifarlo dopo anni), viaggiare (andare a capo Nord), scrivere ( che è diventata una passione) sono altre cose a cui tengo.
Infine vorrei rivedere sorridere le persone che ho fatto soffrire.
Tutto in punta di piedi, senza far casino e voler a tutti i costi stare in prima fila

domenica 26 febbraio 2012

Ricordi


Per anni mio figlio mi ha accompagnato durante gli allenamenti. Cominciò a sette anni nell’estate del 1991, seguendomi con una bicicletta piccola, Un paio di anni dopo, realizzai che era cresciuto e che aveva bisogno di una bicicletta più grande. Acquistammo così, una bicicletta con "gli scambi" e soprattutto dotata di  contachilometri. Con la nuova bicicletta mi aiutò ad affinare ritmo e resistenza alla velocità,  in quanto il tachimetro permetteva di impostare e mantenere costante l'andatura.
Tra me e lui, durante gli allenamenti, si instaurò una sorta di comunicazione in codice.
A certi ritmi parlare era per me, alquanto difficile e così le frasi dovevano essere caratterizzate dall’essenzialità.
“Vai  a quattordici basso”, significava impostare la velocità intorno ai 14 km all'ora,
“Vai a quattordici alto”, significava sfiorare i 15 Km all'ora.
Lui si impegnava a mantenere la velocità che gli chiedevo, controllando i decimali della velocità visualizzata sul tachimetro.
Quando stavo particolarmente bene, bastava che lo affiancassi perché si adeguasse alla velocità,
“Recuperò”, era la parola che metteva fine alle tirate, rallentavamo, così avevo modo di ritirare il fiato.
Mi fece da personal trainer durante molti allenamenti e, anche grazie a lui riuscii a ottenere buoni risultati, sia in maratona che in mezza maratona.
Oggi pomeriggio invece i ruoli si sono invertiti.  Io in bicicletta, portando sul sellino posteriore il figlio più piccolo, l’ho accompagnato mentre correva lungo le strade vicino a casa.  La corsa è durata poco meno di un’ora, compresa una sosta per far ammirare un gregge al fratello.
Rientrando a casa, il figlio grande, accarezzando i capelli al fratello più piccolo,  che ha quasi sette anni, mi ha detto :
“Avevo sette anni quando ti ho accompagnato a correre per la prima volta”,
“Si, era il 4 Agosto del 1991, era una domenica, faceva molto caldo”, gli ho risposto, come se fosse accaduto poco tempo fa.
“E’ vero”, continuò lui, “andammo a correre lungo il Taglio”, riferendosi all’argine di un canale che va dritto verso la Riviera del Brenta.
Il suo ricordo di quando era bambino coincideva con il mio, nonostante siamo passati più di venti anni.

sabato 25 febbraio 2012

La bella calligrafia


Apparentemente non c’è traccia “mnestica”di tutto ciò che sto leggendo e studiando in questi giorni.
L’effetto che circonda la mia testa è del tutto simile alla pesantezza di stomaco che si prova dopo un abbondate banchetto. Percepisco quasi un senso di torpore,  da digestione difficile,  evidenziato da un cerchio alla testa che spero il riposo notturno assorbirà. Domani ripartirò con il solito ritmo per arrivare puntuale al sette marzo.
Sto sperimentando e applicando nuovi metodi di apprendimento, schematizzo concetti legando parole chiave a brevi sintesi e spiegazioni. Ne nascono griglie a volte complesse.
Per fare ciò non c’è tablet o computer che tenga il passo. Penne leggere e scorrevoli  mi permettono di annotare e scrivere senza sosta su fogli bianchi formato A3.
A scrivere con la penna si va veloce. Anche qui conta l’allenamento, sia per ciò che riguarda la chiarezza del concetto che per la nitidezza della scrittura. Bisogna scrivere bene.
La bella calligrafia è importante perché su quelle note,scritte a penna, dovrò ritornare, con il proposito di  scorrerle via veloce per ribadire nella mente i concetti faticosamente sintetizzati.
Così, con la stessa attenzione usata da Pollicino nel seminare le briciole di pane, cerco di dare dignità e chiarezza ad ogni parola, prendendomi cura di terminarla,  renderla chiara e rileggibile, soffermandomi un attimo in più nella tracciatura corretta di ogni lettera , non trascurando la punteggiatura.
Anche in questo caso, correre serve solo a produrre cose incomplete, ma soprattutto  non riutilizzabili.
Alla fine mi ritrovo sempre a riflettere sulla fretta e sulla approssimazione che spesso comporta.  Trovare la giusta velocità serve sia  a scrivere frasi rileggibili come a trovare il tempo per rendere la vita gradevole per se e per chi ci sta vicino.
Saper scrivere bene e chiaramente la emme minuscola può contribuire a farci imparare ad ascoltare gli altri senza distrazione.  Prendersi cura dei piccoli particolari ci insegna a guardare con occhi diversi ciò che ci circonda. E’ un modo per allenare la sensibilità
Tornando alla bella calligrafia, devo ammettere che il risultato ottenuto è buono, gli schemi sembrano chiari, magari devo lavorare un po’ di più per produrre una sintesi ancora più sintetica ma sufficiente per agganciare i concetti in memoria.
Ogni tanto provo a ripetere qualche concetto studiato e per qualche tempo non perdo il filo.
Le informazioni  da immagazzinare sono ancora molte, ma me le immagino tutte in fila, pronte a prendere posto in qualche spazio, ancora libero, della memoria.
Si tratta di avere ancora una volta pazienza.

mercoledì 22 febbraio 2012

Il recupero dell'Inter

Cosa si può dire di una squadra che vince sette partite consecutive, passando dal quartultimo posto al quarto posto in classifica e poi perde tutte le successive ?
Probabilmente hanno finito la benzina dopo la vittoria nel derby. Centrato l'obiettivo stagionale, l'unico perseguibile, sono cominciate le vacanze. Ognuno pensa a dove giocherà l'anno prossimo e i fedelissimi aspettano la chiamata per il raduno precampionato.
Stasera  a Marsiglia un Inter normale sarebbe uscita vittoriosa, con le maglie nemmeno troppo sudate. Il Marsiglia non aveva niente che potesse infastidire.
Nonostante ciò, la partita che doveva dimostrare il recupero della squadra, proprio nei minuti di recupero ha visto materializzarsi l'ennesima sconfitta.
Siamo ritornati la squadra pazza, tanto decantata dall'Inno e piuttosto che cambiare l'inno, che dopotutto non è niente male, maglio fa la squadra ad adeguarsi all'inno.
Per i tifosi è una sorta di ritorno alle origini. La vecchia generazione può salire al cielo, felice di aver rivinto la Coppa Campioni mentre le nuove generazioni possono già proiettare le loro aspettative tra 43 ani. Nell'attesa, arriveranno delle Coppe Italia e qualche scudetto proprio a voler essere ottimisti.
Meglio essere una squadra simpatica, piuttosto che assomigliare a quelle squadre antipatiche che vogliono vincere sempre ad ogni costo !

Ferie I


Fa ancora freddo stasera. Il termometro della carrozzeria segna 2 gradi. Strano freddo, sembra irreale, quasi fuori stagione. Il calore del sole di oggi sembra allungare la sua influenza sulla sera, nonostante la misurazione impietosa.
Il freddo non fa più paura, nonostante punga ancora. Lasciamolo fare, tra poco il sole riaccenderà la natura e i colori nuovi della primavera riporteranno tepori miti e brezze pronte per far volare gli aquiloni.
Giornata un po’ convulsa, dove lo studio ha lasciato il passo ad alcune cose da fare. Dopo l’andare a  tutto gas dei primi quattro giorni, oggi si è resa necessaria una fermata ai box per riorganizzare lo studio, per provare nuovi metodi  e schemi, per trovare la piega giusta per far entrare tutto in  testa velocemente.
I fogli A4 su cui annotavo con i pennarelli, hanno lasciato il passo a fogli più grandi dove cerco di schematizzare ciò che leggo.
Un po’ alla volta affino la tecnica. L’allenamento e la costante applicazione permette miglioramenti spesso automatici, altre volte indotti dalla necessità di essere più efficienti. Si fa un po’ di fatica, come per tutte le cose con cui non si ha dimestichezza ma che si devono imparare.
Quando iniziai a fare il maratoneta correvo come un calciatore, perché di calcio ero cresciuto.  Correvo molto di forza, spingendomi verso l’alto ad ogni passo.  Dopo qualche migliaio di chilometri di  allenamenti quotidiani, la tecnica si era affinata. Per fare meno fatica e più strada, mi ero concentrato sul come andare avanti, piuttosto che coltivare la pretesa di volare. Così compresi che bastava scivolare sulla strada quel tanto da non sfregarci sopra. La sensazione di volare c’era lo stesso, grazie alla velocità che potevo raggiungere.
Insomma si può migliorare, a qualunque età, e farlo uscendo dai soliti schemi, può aiutare a dare una sferzata anche al quotidiano.  
Questo vale per tutto e per tutti, quando ci si fa accartocciare dalla abitudine e dalla quotidianità se ne rimane schiavi. L’orizzonte diventa sempre più breve.
Ci vuole sempre un po’ di attenzione e la voglia di curare tutti i particolari, nelle attività di tutti i giorni, pensando a un regalo che possa rendere felice qualcuno, avendo cura di noi stessi. E’ un segno di amore per noi e verso gli altri.
Ci vuole inoltre un po’ di coraggio nell’intraprendere strade nuove, pur non conoscendo dove ci possano portare. 
Ecco, proprio un po' di coraggio mi servirebbe....

“Fare qualcosa è sempre meglio che non fare niente”.

P.s.  Questa frase l’ho letta leggendo la recensione di un libro di Peter Cameron, da cui è stato tratto un film diretto da Roberto Faenza, in uscita nelle sale il prossimo 24 febbraio : Un giorno questo dolore ti sarà utile

martedì 21 febbraio 2012

Ferie

Chissà se la mia memoria è ormai piena di informazioni, ricordi, immagini o quant’altro. Di questi tempi mi  trovo nella necessità di inserire cose nuove, cose mai viste prima su cui la conoscenza non può agire per differenza, come ha fatto negli ultimi trent’anni.

Parlando di  lavoro, da sempre mi occupo di informatica, di tecnologia. Quello che tratto oggi non è nemmeno lontano parente di ciò che trattavo nel 1979.
Però i cambiamenti sono stati lenti e, grazie alle mie capacità di apprendimento sono riuscito a tenere il passo, a volte senza studiare, quasi sempre leggendo. Il nuovo altro non era che un piccolo delta oltre ciò che già conoscevo.
Devo confessare che, spesso, forse grazie all’esperienza o a una piccola briciola di creatività,  intuivo le evoluzioni delle nuove tecnologie, già prefigurandone il funzionamento o i benefici. Quando queste apparivano e  venivano presentate mi era più  facile acquisire ciò che non avevo immaginato, a volte con sorpresa.

Mi sono, in seguito, imbattuto nella corsa, per un decennio ho fatto il maratoneta, e pur praticando un’attività prettamente muscolare, ho dovuto allenare la mente a lunghi periodi di concentrazione. Mi sono allenato a perseguire gli obiettivi senza risparmiarmi.
In quegli anni, tra una maratona e un altra, mi sono pure dedicato allo studio della materia, leggendo libri e apprendendo tecniche di allenamento. Non sono diventato un esperto. Non sarei di certo riuscito a superare un esame. Per contro avevo memorizzato tutti i passaggi cronometrici, dei chilometri di maratona per i ritmi che mi potevo permettere e per quelli che sognavo.

I ricordi della vita familiare sono ancora tutti chiari e ben collocati nel tempo. Ricordo una moltitudine di date, spesso. anche per i miei cari, insignificanti. Ogni mattino al risveglio faccio l’appello dei ricordi relativi alla data del giorno. In questo modo, di anno in anno ripasso la mia vita, rimettendo al loro posto i ricordi, come se riordinassi, spolverando una grande libreria a cui di anno in anno aggiungo scaffali.

Ora sono ritornato studente. Non si tratta di preparare la sintesi di quello che conosco, ma apprendere nuove conoscenze per poi sintetizzare. Questo implica lo scontrarsi con materie nuove, parole nuove, che solo da pochi mesi trovo nei libri che leggo. E’ tutto affascinante e la passione mi aiuta a non mollare, ma è come se tentassi di archiviare roba su un  solaio stracolmo senza voler buttare via niente.
Oggi va già meglio che all’inizio. Riesco a concentrarmi sul quanto devo studiare, nonostante le vicissitudini della vita mi impongano dei momenti di stop che non riesco a eludere. Li lascio passare, ritrovando l’ottimismo nella speranza che le cose miglioreranno di certo.
Devo avere pazienza, soprattutto con me stesso.

Di certo ho recuperato capacità di concentrazione, il piacere di dedicarmi a una cosa sola, mentre vado e andavo fiero delle mie capacità di fare più cose contemporaneamente.
Soprattutto ho davanti una data che devo rispettare e che non voglio mancare. Potrà andare male, ma di sicuro cercherò di mettercela tutta.
Mi ero abituato a rimandare tutti gli obiettivi della mia vita, sperando che le cose andassero a posto da sole. Oggi quello che ho avanti, poca cosa rispetto alle grandi scelte, mi ha fatto riflettere anche sul resto.

domenica 19 febbraio 2012

Puntini


Il 12 Giugno 2005, Steve Jobs pronunciò il suo memorabile discorso agli studenti dell’Università di Stanford. Raccontò vari episodi della sua vita,  privata, ma soprattutto professionale.  In particolare si soffermò sul periodo successivo alla sua “cacciata” dalla Apple  e, di tutto ciò che fece in quel periodo prima di intraprendere nuove imprese.  Raccontò di aver partecipato, tra le altre cose,  anche ad un corso di bella calligrafia, che si rivelò  poi utile quando si cimentò nella progettazione del Macintosh.
Il messaggio che voleva trasmettere lo argomentò con la metafora del gioco, comune nei giornali di enigmistica,  che fa apparire un’immagine solo dopo aver connesso tutti i puntini numerati.
Tutto ciò che aveva fatto, corsi, studi, esperienze che sembravano non seguire una logica e un progetto, li paragonò ai puntini del gioco, che in seguito contribuirono alla realizzazione e ideazione dei suoi progetti.
Tutte quelle “strane “ esperienze si comportarono come quei puntini che alla fine uniti assieme risultarono utili.
I puntini del gioco della metafora di Steve Jobs, hanno il pregio di svelare, dopo essere stati correttamente uniti l’immagine nascosta.
Non sempre i puntini fungono da rilevatori di un pensiero, di un’intenzione. Spesso li troviamo all’interno di messaggi con compiti di spaziatura, quasi per consigliare al lettore una pausa di riflessione o un semplice prendere fiato. Altre volte invece sottintendono significati che il mittente presuppone siano conosciuti dal destinatario.
I testi in questo caso diventano quasi dei messaggi in codice,  che l’affiatamento tra mittente e destinatario rendo comunque comprensibilissimi.
Infine spesso i puntini  vengono messi, per timore di dire,  per creare un alone di mistero e attesa, o semplicemente per mancanza di chiarezza in chi scrive.
In questo caso ciò che è nelle intenzioni di chi scrive di certo non è la stessa cosa che, chi legge,  cerca di interpretare. 
E’ nella natura delle cose dare  un senso, conosciuto o interpretato,  a ciò che ci succede.
Spesso ciò che intendiamo  è ciò ce speriamo, altre volte è l’esatto contrario e le nostre aspettative  si tramutano in frustrazioni.
Ma i puntini i questo caso dovrebbero essere sostituiti da parole, con il giusto tempo,  per dare un senso e trasmettere chiarezza,  come un esercizio di scuola elementare che appena completato diventa comprensibile anche ai più piccoli.

venerdì 17 febbraio 2012

Signora Maestra


La pagella di mio figlio era di un giallo tenue, grande, con i voti scritti a penna, in stampatello, con cura dalle insegnanti. Il giudizio, diligentemente scritto in corsivo e in bella calligrafia era riportato sul retro della pagella.
La mia pagella delle elementari era invece di un azzurro scuro, di sicuro più piccola e i voti erano scritti in corsivo, con la penna stilografica, con calligrafia minuta, per rimanere dentro le caselle.

Gli otto erano radi e mi ricordo che era più facile trovarli nelle pagelle delle bambine, più diligenti e meno irrequiete.
La media  stava  tra il sei e il sette, ma le maestre di un tempo, non disdegnavano il cinque.
La pagelle di mio figlio e dei suoi compagni riportano voti che non scendono sotto il sette. L’insufficienza sembra una giudizio estinto.

“I bambini di oggi sono più svegli di quelli di una volta”, sento ripetere spesso da insegnanti e genitori.

Questo fa inorgoglire e noi genitori gongoliamo nel sentire che i nostri figli stanno crescendo bene, più svegli di quelli di qualche anno fa.
“Quelli di qualche anno fa.....”, appunto…..
Quelli di qualche anno fa eravamo noi,  diventati genitori vivendo e invecchiando, ma soprattutto amando.
Se poi riguardo indietro, ripensando e quello che ero e ai bambini della mia generazione, non mi rivedo goffo, ingenuo o meno reattivo. Vivevamo in un mondo diverso che è cambiano assieme a noi.
Vivevamo in grandi spazi, giocavamo liberamente senza nessun allenatore, tutore, controllore e gli orari erano dettati dal sole. Quando calava era ora di cena e ognuno tornava a casa propria.
C'era la Tv dei ragazzi e poi si andava a letto.

I grandi di allora dicevano :
“Oggi i bambini imparano le cose molto prima di noi, quando eravamo piccoli”, cha vale l’odierno : “I bambini di oggi sono più svegli di quelli di una volta”.

I tempi passano e i bambini sono sempre più svegli, anzi, sono sempre diversi.

Diversi sono anche gli insegnanti, oggi relegati in un ruolo meno centrale, oserei dire dimesso rispetto a quelli di qualche decennio fa.
Io temevo la mia maestra e le riconoscevo un’autorità indiscussa.
Mi rivolgevo a lei dicendo :
“Signora Maestra......”, 

mercoledì 15 febbraio 2012

Una Buona Notizia

Le speranze c'erano, ma oggi assumono una concretezza suffragata da risultati sperimentali.

Ogni tanto penso alla mia parte di cuore, inerte, morto, risultato dell'infarto e mi è capitato di paragonarlo a una sorta di Tendine d'Achille.
Pensare che grazie alle cellule staminali queste zone inerti del cuore possano in qualche modo essere riparate, mette di buon umore. Da una prospettiva di vita aggiuntiva a tutte le persone che non hanno più il cuore di una volta.
Adesso andrebbe capito a chi questa metodologia potrà essere applicata.
Potranno essere curati tutti  o è una terapia applicabile solo nei mesi successivi all'infarto ?

Cellule staminali curano le "cicatrici" post infarto

lunedì 13 febbraio 2012

IPOD Playlist

Alla fine non è mai la fine
Ma qualche fine dura un po' di più
Da qui in poi si può solo andare
ognuno come può portando nel bagaglio quel che c'era
E le macerie dopo la bufera
Ricordi belli come un dispiacere, ora

M'abituerò a non trovarti
M'abituerò a voltarmi e non ci sarai
M'abituerò a non pensarti
Quasi mai, quasi mai, quasi mai


M'abituerò  - Luciano Ligabue

sabato 11 febbraio 2012

L'astronauta


Stasera mi è improvvisamente apparsa una chiamata via Skype. Era un amico, che sapevo essere, questa settimana, a Las Vegas per lavoro.
Ho risposto pensandolo già di ritorno, ma nello spazio destinato all’Istant Messaging, mi è apparso un messaggio :
“Sono in volo su Dallas, volevo provare la rete wifi di bordo”.
Sorpreso, ho chiesto conferma incredulo.
Alla fine, abbiamo passato un quarto d’ora a fare esperimenti di comunicazione, video-conferenza, mentre lui sorvolava il Texas a 11 metri di quota ed io me ne stavo sul divano, riparato dal freddo polare che ci assedia da qualche giorno.
E’ stato un po’ come parlare con una sorta di astronauta, sperimentare qualcosa di nuovo, ampliare la comunicazione all’interno di un mondo che fino a poco tempo fa era tabù.
Internet è arrivata anche all’interno degli aerei. Un po’ alla volta stanno cadendo tutte le barriere che impedivano la comunicazione, Stiamo entrando sempre di più in un mondo di “sempre connessi” o se si vuole di "sempre controllati". Nel bene e nel male potremmo usufruire di questa possibilità, che ci farà forse sentire meno soli, ma che ci dovrà lasciare la possibilità di scegliere di star soli.
L’impressione odierna è quella di una società in cui sono gli uomini a cercare di essere sempre connessi, timorosi di essere dimenticati, frustrati dai vuoti di messaggi dove sembra che lo stato sociale dipenda dalle quantità delle nostre relazioni. Si sta dimenticando a passo spedito che, il più delle volte, è la qualità che sostiene la vita. Mille amici su Facebook non sostituiscono l’amore di una persona.
Ci rimane ancora la possibilità di spegnere il cellulare, di poter scegliere di staccarci dalla rete, riacquistando la libertà di interagire con il mondo o dire garbatamente “Non mi rompete, voglio starmene solo, o solo con chi voglio io”.
“Chissà per quanto, questo, ci sarà ancora possibile ?"
 “Non per molto, ne sono sicuro”.
La mobilità sta facendo nascere campi di applicazione completamente nuovi che rivoluzioneranno il nostro stile di vita.
Un giorno qualcuno ci dirà che tramite il cellulare sarà possibile controllare in tempo reale lo stato di salute di ciascuno, ma allo stesso modo questo permetterà di tracciare i nostri movimenti fino a conoscere e memorizzare i nostri stati d’animo. Io in questo sono, mio malgrado, un pioniere.
Un tempo pagavamo con il denaro. Oggi paghiamo prevalentemente con il Bancomat e troviamo tutto ciò molto pratico e comodo. In questo modo diamo la possibilità agli esperti di marketing di valutare i nostri usi e costumi, la frequenza dei nostri acquisti, arrivando a stimare le nostre possibilità economiche.
Alla fine tutti i servizi che sembrano arrivarci quasi gratis, di solito riscuotono, indipendentemente dalla nostra volontà, un corrispettivo che vale molto di più di quanto ci è elargito.

giovedì 9 febbraio 2012

La neve sulla delusione


IL vento fuori sembra promettere bufera. Le previsoni ci avvertono da giorni di un’imminente nevicata,
“La bufera di neve fa cadere gli alberi ?” , mi chiedeva mio figlio, con il piglio di chi aspetta la neve come fosse Babbo Natale.
“La neve non fa cadere gli alberi”, rassicuravo, mentre ravvivavo in me il desiderio, sopito sin da bambino, di assistere a una nevicata eccezionale.
Il termometro della carrozzeria, in pochi minuti, dopo il rinforzo di vento, segnava già due gradi in meno. Sono uscito un paio di volte a scovare le scie dei fiocchi di neve cercandone il contrastso con le luci dei lampioni . Nessuna traccia. Nessun fiocco, nemmeno di passaggio.
“Forse stanotte fiocca e domani trovo tutto bianco”, pensavo avviandomi a letto come se fosse la Notte di Natale.
Io intanto vivo una condizione di speranza e al tempo stesso di  tensione. Vivo lo stato d’animo di chi si aspetta un  ceffone da un momento all’altro ma spera che possa di colpo diventare una carezza.
“Fai quello che ti senti dentro e buona fortuna”, mi ha consigliato una persona ieri.
E’ giusto agire per ciò in cui si crede, senza lesinare ne risorse ne energie. Il resto non conta .
“Penso sia opportuno concentrarsi su pochi obiettivi , realistici”, è stata una considerazione emersa durante una riunione ieri pomeriggio.  E’ vero ora ho pochi obiettivi, realistici non saprei, ambiziosi di sicuro a cui sono aggrappato come un acrobata al trapezio. Non mi va di cadere, tengo duro.

Ci vorrebbe una nevicata, silenziosa, a creare una coltre bianca per proteggere un letargo capace di condurmi  direttamente ai piedi della primavera.
"Dopo l'inverno viene la primavera", mi sono ripetuto dentro, quasi a scacciare timori emergenti.

mercoledì 8 febbraio 2012

Emozioni

"
Collera, vergogna, odio e amore non sono fatti psichici nascosti nel più profondo della coscienza altrui, ma sono tipi di comportamento o stili di condotta visibili dal di fuori. Sono su quel volto o in quei gesti e non sono nascosti dietro di essi.
"
Brano tratto da "Senso e non senso " di Maurice Merleau-Ponty

lunedì 6 febbraio 2012

Comunicazioni infallibili.


Da quando se ne sta sul comodino, non ha fallito un colpo. Mai un lunedì che si sia inceppato. Puntualmente in un momento della notte a me sconosciuto,  ma suppongo si  aggiri nei minuti appena dopo la mezzanotte, l’automatismo si attiva immutabile e puntuale.
L’antenna del modem manda dei segnali di riconoscimento verso l’ICD, che pazientemente per tutta la settimana ha svolto il diligente compito di registrare tutto ciò che, di significativo, usciva dal mio cuore.
L’ICD me lo immagino, pure lui, un po’ assonnato, forse a volte fa finta di niente, ascolta con noncuranza, anche se alla fine, i ripetuti tentativi lo destano e lo inducono a rispondere secondo il protocollo condiviso e collaudato.
I dati, la vita degli ultimi sette giorni del mio cuore, attraversano senza appiglio la distanza tra me e il modem. Il dialogo dura meno di un minuto, poi inizia l’inoltro, attraverso il telefono, verso il controllore che ancora non so chi sia, dove sia, ne cosa controlli.
Io nel frattempo dormo.
Stasera ho avuto l’occasione di parlare del filo sottile che tiene in vita i legami, le speranze, le aspettative tra due persone.  Ho avuto modo di capire quanto sia resistente anche se impercettibile e invisibile. Tanto resistente che a volte non basta la distanza o il distacco per romperlo.
Solo la volontà e il disamore ha la forza di spezzarlo.
Paradossalmente i legami sono più resistenti delle comunicazioni senza fili rese possibili dalla tecnologia.
Io so come rendere innocuo e fuggire dal modem. So dove è nascosto l’interruttore. Mi basterebbe allungare la mano e diventerei come tutti gli altri,  custode geloso dei miei sentimenti e delle mie emozioni.
Faccio invece fatica a trovare il modo per recidere il filo dei legami e delle speranze. Non lo vedo o non lo voglio vedere.
Qualcuno oggi mi  ha fatto notare che la rabbia è come una malattia, mentre la tristezza è un sentimento sano. Chissà quanta strada manca per arrivare alla serenità.

Ieri sera mi ha colpito un verso di una poesia di Wislawa Szymborska :

“come mi batte forte il tuo cuore”

Lo dedico a chi ha ridato vita al mio cuore.



domenica 5 febbraio 2012

IPOD Playlist

Voglio stare con te
inseguire con te
tutte le onde del nostro destino.

Una bimba che danza, un cielo, una stanza
una strada, un lavoro, una scuola
un pensiero che sfugge
una luce che sfiora
una fiamma che incendia l’aurora.

Un errore perfetto, un diamante, un difetto
uno strappo che non si ricuce.

Un respiro profondo per non impazzire
una semplice storia d’amore.

Un pirata, un soldato, un dio da tradire
e l’occasione che non hai mai incontrato.

La tua vera natura, la giustizia del mondo
che punisce chi ha le ali e non vola.

Baciami ancora…
Baciami ancora…

Tutto il resto è un rumore lontano
una stella che esplode ai confini del cielo.

Baciami ancora…
Baciami ancora…

Voglio stare con te
invecchiare con te
stare soli io e te sulla luna.

Lorenzo Jovanotti - Baciami ancora

Note


Stamattina il termometro della carrozzeria segnava meno otto.
“Freddo, molto freddo stamattina”, ho pensato.
Così come spesse volte in passato, quando le condizioni sembrano estreme, mi viene la voglia di non lasciarmele sfuggire…  Vedi mai…
Così messi i panni da podista polare, con Ipod al seguito, ho cercato un po’ di ottimismo in una camminata lungo la solita ciclabile.
In fondo, subito dopo l’avvio , mi sono reso conto che di estremo c’era ben poco. Il freddo secco era quasi mitigato da un sole pallido, quasi impotente nel riscaldare l’aria gelata che sfiorava il viso quasi a tagliarlo.
Insomma alla fine si stava molto bene e per strada altri “estremisti” correvano o camminavano molto più imbacuccati di me.
La musica intanto , attirava di tanto in tanto la mia attenzione. La playlist è sempre la stessa : 192 canzoni che si susseguono in modo casuale. Glia accostamenti sono talvolta speciali e la casualità crea coincidenze con gli stati d’animo, spesso quanto meno sospetti.
Verso il ritorno, fermatomi a fare due chiacchiere con un anziano signore, che sembrava quasi una mummia tanto era coperto, ho potuto ascoltare la storia di un suo viaggio, fatto nel l’agosto del ’58, quando, partito in bici per andare a trovare parenti a Trieste, all’ultimo bivio utile, cambiò direzione e voltando a destra, dopo qualche giorno era a Pompei.
Bel modo di organizzarsi le ferie !
La passeggiata è stata caratterizzata da tratti di corsa alternati da parti al passo, un buon modo per riacquistare un po’ di ottimismo.

La speranza


Gli individui con un’elevata inclinazione alla speranza hanno  in comune alcuni aspetti fra i quali la capacità di auto motivarsi, la sensazione di avere le risorse necessarie per raggiungere i propri obiettivi, l’abilità di rassicurare se stessi nei momenti difficili convincendosi che le cose andranno meglio, e una flessibilità sufficiente a modificarli se essi diventano impossibili; infine, la capacità di frantumare un compito di formidabile difficoltà in tanti più piccoli e maneggevoli.
Da punto di vista dell’intelligenza emotiva, sperare significa non cedere a un’ansia tale da sopraffarci, non assumere atteggiamenti disfattisti o non arrendersi alla depressione di fronte a imprese difficili o all’insuccesso. In effetti, nel perseguire i propri obiettivi, le persone capaci di sperare sono meno soggette alla depressione, meno ansiose e soffrono meno sul piano emotivo.

Brano tratto da “Intelligenza emotiva” di Daniel Goleman

venerdì 3 febbraio 2012

Il rispetto delle regole

Per domani scrivere 50 volte :

A SCUOLA DEVO RISPETTARE LE REGOLE

Questa era la "punizione di classe" inflitta ieri a mio figlio.
La trascrizione si è trasformata in una sorta di maratona, in cui l'obiettivo era quello di arrivare al traguardo, al fatidico numero 50.
Chissà se l'esperienza è servita e se oggi a scuola, quei ragazzini rimarranno più tranquilli temendo altre punizioni. Ho la sensazione che non sarà l'ultima.
Il tempo deve fare il suo corso, come genitori e insegnanti dovranno fare il loro dovere, forse applicandosi un po' di più.

Per contro, quanti di noi, quanti di quelli che ci circondano dovrebbero scrivere almeno 100 volte

A   ___________    DEVO RISPETTARE LE REGOLE.

Ognuno compili per proprio conto e secondo coscienza.
Sono ammesse righe multiple.

giovedì 2 febbraio 2012

Parametri macchina

Pressione Massimo 106
Pressione Minima     63

Frequenza a riposo 56

Parametri sempre simili, nonostante recenti momenti di crisi in cui la pressione sembrava affievolirsi nei momenti meno opportuni.
La vita di questi tempi vive un nuovo tipo di stress, più legato alle aspettative di vita che alle possibilità di vivere,
Il mio legame con la vita, ormai, non è poi diverso a quello degli altri. Ora va curata la qualità, il quieto vivere, la possibilità di trasmettere alle persone giuste sentimenti veri.
Ecco sono le persone il nocciolo della questione, gli altri, che oggi  non sono poi molti.
Per ciò che riguarda l'amore, succede paradossalmente come da ragazzi quando ci si innamorava di una ragazza senza che lei lo sapesse, poi, quando, dopo molti dubbi, si riusciva a dichiarare il proprio amore, lei non ne voleva sapere.
Il cuore in ogni caso va tenuto attivo, oltre che sotto l'aspetto sentimentale, anche per necessità terapeutiche. Il moto deve essere meno saltuario, non come ora relegato alla corsa settimanale.
L'anno scorso ero ripartito a Febbraio, quest'anno vedrò di fare altrettanto.



mercoledì 1 febbraio 2012

Non a caso


Tutti i miti sono destinati a crollare o a scolorisrsi con il passare del tempo.
Spesso l’autostima e la volontà di non lasciarsi andare, subiscono pure loro dei duri colpi.
Nonostante l’impegno quotidiano succedono dei fatti che sembrano di colpo annullare mesi, anni di attenzioni e di cura personale.
Stasera ho vissuto un principio di perdita di autostima.
Sfilandomi i  pantaloni di ritorno dal lavoro, convinto come ogni giorno, di essere vestito in modo impeccabile, senza aver trascurarto nessun particolare, ho  scoperto invece  che quei pantaloni che pensavo "quasi nuovi" non erano  più degni ne dell’attaccapanni  ne dell’armadio ma solo della pattumiera.
“Bella figura ho fatto oggi camminando in ufficio !”, mi son detto.
Recuperata la consapevolezza e presa la via del vicino negozio di abbigliamento, in poco più di mezz’ora ho fatto scorta di pantaloni in saldo, accompagnandoli con l’immancabile camicia.
La scelta non è durata molto. Le mie scorribande nei negozi di abbigliamento, specie se fatte da solo, non durano più di qualche minuto.
Un commesso mi ha aiutato, indirizzandomi nel reparto adatto.
Poi parlando del più e del meno , ma soprattutto di diete e peso forma, ho per caso accennato al modo, un po’ singolare, che mi aveva permesso nel 2009 di passare da 87 kg a 70 kg in pochi mesi : una separazione seguita da un po’ di acciacchi al cuore.
L’uomo non mi sembrò molto sorpreso. In poche frasi mi raccontò di aver vissuto simili disavventure, che lo avevano "aiutato", pure lui  a perdere peso.  Diversamente da me, aveva ancora il cuore sano.
In pochi minuti mi narrò la sua esperianza, il suo vivere attuale, trasmettendomi una certa serenità.  Dopo sei anni di separazione aveva raggiunto un equilibrio che gli permetteva di vivere bene. Le conclusioni a cui era arrivato sembravano il punto di arrivo di idee che solo da qualche tempo occupano i miei pensieri. 
E’ stato come guardarmi in uno specchio del 2015.
Strani incontri si fanno nella vita e in certi momenti della vita. Comincio a dubitare che il caso non sia poi così casuale.