venerdì 30 settembre 2011

IPOD Playlist

....sono lontani quei momenti...
quando uno sguardo provocava turbamenti..
quando la vita era più facile...
e si potevano mangiare anche le fragole....
perché la vita è un brivido che vola via
è tutt'un equilibrio sopra la follia.... 



Sally - Vasco Rossi

giovedì 29 settembre 2011

Di male in peggio


A volte penso di essere caricato a molla. Da molto tempo non riesco a dormire una notte intera. Se vado a dormire presto, mi sveglio nel pieno della notte, mentre se mi addormento tardi, arrivo a svegliarmi alle prime luci dell’alba. La molla non si carica a sufficienza per farmi dormire una notte intera.
E se, come ieri sera, cado dal sonno subito dopo cena, mi ritrovo sveglio verso le due di notte e un po’ arrabbiato, comincio a girarmi nel letto alla ricerca della posizione giusta per riaddormentarmi. Il più delle volte le solite15 gocce risolvono la situazione.

La notte scorsa, mentre stavo con pazienza cercando di addormentarmi, di colpo è mancata la luce. Il segnale verde del modem si è spento e mi sono ritrovato nel buio più assoluto.
Dopo qualche secondo un allarme ha rotto il silenzio. Il suono sinistro sembrava vicino.
“ Non vorrei essere nei panni di chi deve spegnarlo al più presto”, pensai senza inveire verso il malcapitato.
Attesi con pazienza che il suono smettesse, ma avevo la netta sensazione che nessuno se ne stesse occupando.
Infine po’ indispettito, dopo qualche minuto, aperta la porta decisi di capire da dove provenisse quel fastidio e, alzati gli occhi, mi accorsi con stupore che, la luce che lampeggiava in sintonia con l’allarme era proprio quella di casa mia.

Fui preso dal panico. Sapevo di avere un antifurto installato, ma ero convinto che fosse disinnescato, come una bomba a mano senza detonatore.
Vagando al buio, mi avvicinai alla centralina. Illuminandola con una torcia di emergenza la aprii e, osservando le decine di tasti mi venne quasi da piangere.
Cercai di ragionare, il manuale che avevo messo via con ordine, mi avrebbe potuto aiutare. Lo trovai senza fatica ma sfogliandolo non riuscii a  trovare niente che spiegasse in modo semplice come far tacere quell'urlo sinistro.
La depressione toccò il suo punto più basso.
Poi, mentre ripassavo il manuale, orbo ormai a qualsiasi istruzione, l’allarme come d’incanto svanì.
Accolsi il silenzio con un sospiro di sollievo.

Bisognava, a quel punto, risolvere il problema del buio. La torcia presa per sfizio all’Ikea funzionava ancora egregiamente, ma non sapevo quanto fosse l’autonomia rimanente.
Fui preso così da un secondo dubbio atroce :
“Vuoi vedere che mi hanno tagliato la fornitura per non aver pagato le bollette?”, pensai.

Già pensavo alle conseguenze di un risveglio senza elettricità e più di tutto mi faveva rabbrividire la doccia fredda.
Sempre supportato dalla luce fioca della lampada, ritrovata la cartellina delle bollette, rintracciai il numero verde, sempre attivo, dove nonostante l’ora, trovai una gentile signora che mi rassicurò senza indugio. Con le bollette ero a posto.

“Allora, non può essere che un guasto !”, dissi a voce alta e sollevata, mentre chiamavo un altro numero verde.
Non feci in tempo a segnalare il guasto a un altro operatore vigile a quell’ora, che il buio si illuminò, la luce verde del modem si riaccese e tutto riprese l’aspetto usuale, sciogliendo tutte le ansie che nel buio si erano materializzate.

Quando succede qualcosa che ci mette subito in grave difficoltà è difficile poi ritornare razionali e pensare alle cose ovvie, ritrovando il controllo di se stessi. Più spesso si continua a sbagliare e a peggiorare la situazione a meno che… non ritorni la luce.

mercoledì 28 settembre 2011

Parametri Macchina


Frazione di eiezione Settembre 2010  : 65 %


Frazione di eiezione Settembre 2011  : 58 %


In cardiologia la misura della frazione di eiezione (EF) serve a valutare l'efficacia di pompa del cuore. La frazione di eiezione del cuore è la frazione o porzione di sangue che il cuore pompa (espelle) dal ventricolo sinistro (gettata ventricolare sistolica) a ogni battito cardiaco rispetto al volume telediastolico. Nei soggetti con un cuore normale e sano la frazione di eiezione è pari a 55% o superiore. Questo significa che il 55% del sangue che riempie il ventricolo sinistro viene pompato nel corpo ad ogni contrazione. Un livello basso di frazione di eiezione può indicare uno scompenso cardiaco nel paziente. Significa che il cuore non pompa efficacemente e quindi non fornisce una adeguata quantità di sangue agli organi interni ed al resto del corpo.



Fonte Wikipedia : Frazione di eiezione

P.s. : Wikipedia mi ha tirato su un pò il morale. Altre fonti su Internet riportano come valore normale, un EF del 70 %. Io ho preso il valore che più mi faceva star bene. Gli altri sono sicuramente sbagliati.
Ora sto riprendendo a correre, dopo un estate di  "siesta". Vediamo tra qualche mese se sarò peggiorato o migliorato.

martedì 27 settembre 2011

Cska Mosca - Inter 2 - 3


Come può un allenatore cambiare l’atteggiamento di una squadra, che in quattro partite aveva raccolto un solo punto e subito sette gol e portarla, in appena tre giorni, a vincere due partite in trasferta subendo tre gol e segnandone sei ?
Probabile che Ranieri, dopo aver letto i nomi dei giocatori che Moratti gli aveva messo a disposizione abbia individuato sulla base delle loro caratteristiche, il modulo tattico più adatto.
Gasperini, invece, aveva messo il modulo in primo piano, quasi disinteressandosi dei giocatori.
La cattiva gestione della squadra e delle persone che la compongono sono spesso il motivo dei fallimenti dei manager, siano questi allenatori di calcio o capitani di azienda. 

lunedì 26 settembre 2011

Il centro dell'impresa


Qualche anno fa arrivò in azienda un manager, giovane, aggressivo, con idee innovative che attirarono l’attenzione della Proprietà e dell’Amministratore Delegato. Fu nominato Direttore Generale, carica sempre ritenuta necessaria, ma mai resa operativa. Dopo un primo periodo di ambientamento dedicato soprattutto a capire l’azienda in cui era finito, cominciarono le dimissioni più o meno pilotate di alcuni manager non più ritenuti all’altezza del nuovo corso e delle nuove sfide che aspettavano l’azienda di li a qualche mese.
Probabilmente quelle defezioni altro non erano che uno dei primi obiettivi richiesti al nuovo Direttore Generale. La pratica fu sbrigata in un paio di mesi.
Nei primi tempi, tra le altre cose, spese parte del suo tempo a girare in lungo e in largo l’azienda e, facendo sfoggio di una non comune capacità oratoria, riuscì a raccogliere non pochi consensi.

Prima passò in rassegna i reparti più importanti della produzione finché, quando decise di approfondire anche le funzioni di staff, programmò l’incontro con il personale dell’Information Technology. Io partecipai all’evento.
L’incontro fu preparato nei minimi dettagli. Doveva essere descritto un mondo perfetto.
La presentazione introduttiva, partendo da una visione quasi planetaria, proseguiva con spiegazioni e scenari sintetici corredati da pochi ma significativi numeri.
La seconda parte invece fu dedicata alla presentazione della squadra. Ciascuno dei partecipanti descrisse in meno di venti parole la sua funzione, dedicando qualche parola alla quota di business che governava.
Tutto andò per il meglio e il messaggio che quella direzione altro non fosse che una riedizione del Paradiso Terrestre sembrò essere recepito.
L’incontro terminò con il doveroso discorso del Direttore Generale che fino a quel momento aveva limitato la sua partecipazione a poche e puntuali domande.
Ho dimenticato quasi tutto di quanto disse, tranne una frase che in quel momento mi riempi il cuore :

“Una cosa dovete tenere ben presente !  Noi metteremo sempre la persona al centro dell’impresa e dell’azienda!”

Queste parole furono pronunciate con enfasi e quasi con voce rotta dalla commozione.
Il futuro non fu esattamente come descritto quel giorno. Il direttore di quel Paradiso Terrestre di li a pochi giorni, esattamente in prossimità del Natale, fu cacciato. Il Direttore Generale, non durò molto. Allo sbocciare delle prime gemme volò verso altre sfide e altre aziende.
Per le persone dell’Information Technology iniziò un decennio indimenticabile.
L’azienda, negli anni successivi, avviò tutta una serie di “imprese”: delocalizzazioni e cessioni di rami d’azienda, dove le persone furono veramente al centro dell’interesse generale.

Il salone degli specchi


Sono ritornato a frequentare i  corridoi degli ospedali. Sono obbligato a farlo perché ciclicamente devo fare delle visite e analisi di controllo. Il mio stato di salute lo richiede.
L’ICD, che mi accompagna,  necessita di manutenzione a intervalli regolari, come una qualsiasi macchina di questo mondo.
Mi ritrovo così a sostare  nelle sale di aspetto degli ambulatori di Cardiologia. A volte ci sto perché arrivo troppo presto, altre volte perché da ritardatario mi rimettono in fondo alla lista.
Ho modo così di guardare i pazienti, in attesa, come me, del loro turno di visita, come fossero dei  “compagni di vaggio”, in attesa di un volo aereo.  Quasi tutti sembrano più anziani di me. Ad occhio, stimo, che la gran parte di loro abbia già superato i sessant’anni, anzi molti sembrano addirittura più vecchi. Alcuni sono accompagnati da figli e compagni/e, spesso perché non autosufficienti.
Raramente trovo persone che potrei definire miei coetanei.
Guardo e scruto questa gente, tutta affetta da questioni di cuore come me, con il  distacco di colui "a cui la cosa non lo riguarda”, o con la sorpresa dell’”estraneo capitato li per caso”.
“ Non mi ridurrò mai come loro!”, dico tra me e me, osservando i casi in apparenza più seri.
Poi penso agli anni a venire e alla fatica, che già faccio oggi, per tenere riparato questo mio cuore, dalle intemperie della vita e, con una botta di ottimismo, guardo con favore al poter ritornare per molto ancora tra quegli “specchi”.


domenica 25 settembre 2011

Mondiali di ciclismo


Mondiale di ciclismo su strada : mia personale festa pagana a cui non posso mancare.
Ore passate davanti alla tv in attesa di un assolo e di un’impresa che solo poche volte ho potuto ammirare.
Ma quando c’è la passione l’attesa non pesa. Quest’anno è andata male, andrà meglio l’anno prossimo.
E’ il solo sport in cui tifo in maniera esagerata per la nazionale, cosa che invece non accade per il calcio.
Oggi la gara aveva un vincitore annunciato, che ha mantenuto le promesse e le previsioni.
Gli italiani non avevano un fuoriclasse adatto per un percorso da velocisti dove l’arrivo in volata era scontato.  La vittoria sarebbe stata un vero e proprio miracolo.
La squadra che per tutta la gara ha corso con furbizia senza sprecare risorse in inutili tentativi di fuga,  è poi mancata di scaltrezza quando, sgomitando e rischiando, bisognava guadagnare le prime posizioni del gruppo per affrontare la volata. Le maglie azzurre si sono disperse risucchiate da avversari molto più potenti e determinati.
Non si vince da Varese 2008.

venerdì 23 settembre 2011

Parametri Macchina


Pressione Massima 114
Pressione Minima     80

Frequenza cardiaca   48

Le misurazioni che dall’ultima visita faccio più frequentemente, sia al mattino che al pomeriggio, riportano valori rassicuranti.  Noto solo, un leggero rallentamento dei battiti. L’altro ieri ho misurato una frequenza di 45. Ancora cinque in  meno e l’ICD si mette in moto.

Ho fatte le analisi del sangue. Una crocetta riesco sempre a portarmela a casa. Se la volta precedente avevo la Glicemia sopra i valori massimi, questa volta invece e la mitica Omocisteina a sbordare, naturalmente oltre il massimo previsto. Ho pensato di ritornare alla dieta dei Frutti di Bosco, mentre se dovessi incrementare il consumo di verdura verde, potrei trasformarmi in un ruminante a caso.
Le mie porzioni di insalata sono assolutamente da animale al pascolo.
Non sono ancora andato dal medico perché penso che non ci sia nulla di allarmante.
A Novembre, quando ritornerò dal cardiologo, presenterò il resoconto finale di tutte le visite.

Intanto devo concludere tutto ciò che mi serve per il rinnovo della patente. Lunedì 26 ore 15.30 : Ecocardiografia. Ritroverò la dottoressa che mi ha spedito in terapia intensiva a bordo di una carrozzina, mentre io la imploravo di mandarmi a casa. La rivedrò volentieri.

Le raccomandazioni, comunque non mancano mai.
Qualcuno, come al solito una donna, mi ha ricordato che, pur non essendo malato, vivo una condizione di sofferenza. Senza mettere da parte l’autoironia, mi ha consigliato di non dimenticare la condizione di sofferenza che mi caratterizza. Quindi dovrò evitare ogni tipo di eccesso (17 settembre, 10 Marzo, ecc.…), ne va della mia vita.

Piccoli segnali, spero non premonitori : qualche dolorino al costato, una stanchezza diffusa.
Ancora qualche giorno di osservazione poi passo in cardiologia.
Intanto ho deciso di rifare pace con il sonno, prendendo un po di gocce alla sera.
Aiutano a far dormire anche l’animo.

giovedì 22 settembre 2011

Il giorno del ringraziamento


Quel giorno il mercato era particolarmente affollato. L’estate era alle porte e i primi giorni di caldo si erano già fatti sentire facendo assumere alla natura circostante nuovi colori, diversi  da quelli chiari e giovanili della primavera.
Fortunatamente, l’Oceano, che distava poche decine di miglia da quei luoghi, regalava forti brezze, ricche di salsedine, capaci di spazzare l’afa e regalare notti fresche e riposanti.
Gli uccelli marini, diventati ormai ospiti abituali,  arrivavano in massa ad ali spiegate, alla ricerca di cibo, spinti dal  vento che giungeva dall’Atlantico, sostenuto e costante.  Apparivano riposati  e tranquilli come quei viaggiatori che scendono da un treno di prima classe, rilassati da buone letture e ottimi ristori.
La gente passeggiava tra le bancarelle,  con il solito passo stanco e trasandato,  guardando con svogliatezza  quanto esposto. Per molti quella passeggiata era motivo di ozio, per altri ricerca di qualcosa non del tutto chiaro.
Le persone con le idee chiare si notavano immediatamente. Camminavano spedite verso la zona dove sapevano poter trovare quanto interessava loro. A volte indugiavano su una o più bancarelle, chiedendo e  trattando, poi fatta la scelta se ne andavano con quanto acquistato.
La zona dedicata agli animali non era molto vasta.  “La stagione era andata”, si sentiva dire ma alcune bancarelle avevano, dentro a improvvisati recinti, dei tacchini. Alcuni di loro erano ben cresciuti.
Uno di questi conosceva già quella zona. Era una delle  tante che negli ultimi tempi aveva frequentato, a rimorchio della bancarella che, di giorno in giorno, il suo padrone spostava di mercato in mercato.
Le facce gli sembravano tutti uguali. Ricordava di aver notato più di qualcuno guardarlo con interesse  e  aveva pure ascoltato trattative che lo riguardavano.
Altri tacchini a seguito di trattative simili, erano stati presi e portati via. Ne ignorava la sorte. Lui fortunatamente, era rimasto sempre dentro il suo recinto e ogni sera puntualmente era ritornato a casa.
Quel mattino, un signore con un grande cappello si fermò  davanti al recinto. Sembrava uno dei tanti personaggi che aveva già avuto modo di osservare.
Il tacchino, senza curarsi di quella presenza, continuò a passeggiare in quello spazio ristretto, nemmeno si accorse della trattativa che lo riguardava e, quando si senti sollevare da due mani che gli stringevano le ali, capì che la sua vita, da quel momento, sarebbe cambiata.
Fu chiuso dentro una scatola che sobbalzò per un po’ di tempo. Dentro faceva un caldo asfissiante e riusciva  a percepire un po’ di fresco da alcuni buchi da cui entrava anche un po’ di luce.
Era terrorizzato e si chiedeva cosa gli stesse succedendo.
Di colpo gli sbalzi finirono e pure il rumore che aveva accompagnato quella situazione scomparve.
Dopo un ultimo scossone la scatola si aprì. Con un po’ di timore mise il becco fuori e si trovò nel mezzo di un prato circondato da alberi e arbusti. C’erano altri animali : simili a quelli già conosciuti dove aveva vissuto fino al giorno prima.
Uscito, guardingo e  ancora spaventato, cominciò a guardarsi intorno. Poco lontano l’uomo dal grande cappello, che aveva visto al mercato, si stava allontanando con il cartone in mano.
Finalmente poté dissetarsi e mangiare qualcosa. In poco tempo, pur con la nostalgia di casa, realizzò che anche la nuova sistemazione non era poi male. Il cibo era eccellente e al fresco degli alberi avrebbe potuto risposare e stare tranquillo.
I giorni estivi portarono caldo e benessere. L’uomo con il cappello era puntuale ogni mattina con nuovo cibo e acqua fresca. Percepì più di una volta il suo sguardo poggiarsi su di lui e questo lo riempiva di orgoglio. Il suo piumaggio diventava sempre più lucido e poteva, a ragione, considerasi un bel tacchino.
La vita scorreva calma al fresco di quel prato.
La fiducia in quell’uomo tanto previdente cresceva ogni giorno di più.  L’attenzione che gli riservava era tale che, spesso il cibo cambiava. Aveva avuto così l’occasione di assaggiare, più di una volta, delle vere e proprie prelibatezze.
Insomma il trattamento era dei migliori e di certo non poteva lamentarsi.
I ritmi si ripetevano sempre uguali, l’amore verso l’uomo cresceva di giorno in giorno e quando questi si approssimava, di buon mattino, al recinto,  il tacchino, ormai cresciuto e ben in carne, gli correva incontro, impaziente, si, di mangiare ma anche come segno di sincera riconoscenza.
Le giornate, si fecero un po’ più fresche.  Di sera sentiva la necessità di raggomitolarsi un po’ di più. La stagione stava cambiando e l’autunno era alle porte.
Le piogge non tardarono a farsi sentire. Il vento dell’oceano, spesso arrabbiato, rovesciava vere e proprie montagne di acqua. Il tacchino, spaventato, attendeva infreddolito che tutto passasse sotto la tettoia .
Ciononostante, l’uomo anche sotto la pioggia battente, non mancava un appuntamento.
Ogni giorno il cibo e l’acqua non mancavano mai.
Il tacchino si stava preparando al freddo dell’inverno, come già aveva fatto l’anno precedente e la cosa non lo preoccupava vista la cura e l’attenzione con cui veniva trattato.
Un giorno apparve anche la neve ma  si sciolse in breve tempo.  L’inverno era alle porte.
Fu dopo quella nevicata,  passato qualche giorno che, un mattino, sentì un po’ di trambusto. Qualcosa di simile era già successo ma, quella mattina sentiva, che qualcosa stava accadendo.
L’uomo dal grande cappello entrò nel recinto e puntò dritto verso di lui. Il tacchino, spaventato, cercò di scappare ma fini in un angolo e, da lì non poté più muoversi. Si sentì afferrare da due mani forti che gli bloccarono le ali come era successo al mercato prima dell’estate.
Urlando cercò inutilmente di ribellarsi e liberarsi , poi improvvisamente ……

Liberamente ispirato a un brano del libro "Il Cigno Nero" di Nassim Nicholas Taleb

martedì 20 settembre 2011

Tu chiamale se vuoi ....emozioni...



“Tutto perfetto, direi”, mi disse il dottore guardando il Quick Report che il sistema di monitoraggio aveva appena stampato.
Io ero disteso sul lettino e stavo vivendo il rituale controllo del funzionamento dell’ICD, con estrema calma e tranquillità.
Non avevo mai avvertito alcunché di strano, ne un leggero pizzicare dalle parti dello stomaco, tantomeno alcuna scossa che ne testimoniasse l’entrata in funzione.
L’esito per me era scontato : nessun problema.

All’udire quel : “Tutto perfetto, direi”, rafforzai la mia sicurezza. Aspettavo solo qualche altro particolare, dovuto più al buon rapporto che avevo con il dottore, che alla necessità di descrivere qualcosa che poteva essere un segnale di allarme.

Ma invece il segnale c’era….

“Cosa sono quelle cose la?” , sentii dire al dottore, mentre leggeva con più attenzione la striscia di  carta appena uscita dalla stampante.
Rimasi con il sospiro in sospeso, ascoltando in silenzio, sperando che il medico continuasse a pensare a voce alta.

“Aspetti, anzi,….mi dica. Cosa è successo Sabato 17 Settembre verso le 17.30 ?”, mi chiese con un tono da inizio interrogatorio, quando il pubblico ministero ha la convinzione che l’imputato sia disposto a collaborare.
Non tardai a rispondere :
“Mi sono arrabbiato. Ho avuto una discussione molto accesa”, precisai senza tentare di nascondermi.
“Sembrano delle extrasistoli”, diagnosticò il cardiologo, come volesse minimizzare l’accaduto.
Accolsi il resoconto con un po’ di sollievo . In fondo da sempre sono abituato a convivere con questi mancati battiti cardiaci che, per  qualche attimo, creano una sensazione di vuoto allo stomaco.

“Niente di grave”, continuò, “so che a volte non è facile, ma lei deve evitare queste arrabbiature”
“Le eviterò, dottore”, risposi un po’ frastornato e dopo aver realizzato questa fragilità così ben documentata a cui non avevo potuto sfuggire.

Quando mi alzai dal lettino e riuscendo così, pure io, a leggere la lista degli eventi registrati, notai altre date significative (es: il 10 Marzo), giorni che ricordavo molto bene, ma che erano comunque caratterizzate da momenti difficili.
"Pare che solo il dolore e la rabbia deturpino il cuore, mentre le altre emozioni, quelle belle, sembrano passare senza lasciare traccia, come se non fossero degne di nota, pur generando batticuore e qualche extrasistole di troppo", pensai.

"Devo voltare pagina, definitivamente, prima che la vita lo faccia per me", continuai a ripetermi dentro di me.

Le anomalie, mi rassicurò il dottore, non pregiudicavano comunque la possibilità di ottenere il rinnovo della patente, non le aveva nemmeno menzionate nel referto, per evitarmi possibili problemi.
Raccolte tutte le carte, uscii ringraziando, ma aver visto e capito qualcosa in più di cosa sta a fare l’ICD connesso al mio cuore, mi aveva scombussolato non poco.

Cercai di distrarmi pensando ad alcune originalità della mia situazione.

Io che non porto da anni l’orologio, mi trovo ad averne uno estremamente preciso, impiantato dentro al mio petto. Peccato non poterlo consultare all’occorrenza o poterlo usare qualche volta come cronometro.

Tutto ciò che succede al mio cuore viene registrato o loggato, come diciamo noi informatici. Qualcuno  a posteriori, può verificare cosa è successo e quando è successo, chiedendo, nel caso fosse necessario, chiarimenti all’interessato.
Mi sento come molti di quei server che per anni ho installato in sala macchine, che mi divertivo a controllare e mettere a punto, leggendo tutte le mattine i report di tutte le attività notturne.
Insomma mi sento un po’ bionico e, a dirla tutta, anche un po’ meno libero.
Forse si tratta solo di accettare la nuova condizione, magari con un po’ di ironia. Dopotutto nulla è cambiato, se non la maggiore conoscenza del dispositivo e, nemmeno posso immaginare, da qui all’espianto, previsto tra undici anni, quante e quali potranno essere le sorprese.


Debriefing








domenica 18 settembre 2011

Due Stent a uno !


Si può dire che la stagione delle non competitive, nonostante l’afa estiva e soffocante, sia cominciata oggi.
Il programma delle corse, questa domenica, era molto ampia e quindi la scelta è andata su quella più comoda e vicina, che permetteva un risveglio normale.
A Dolo i percorsi erano come di consueto 3 : i sei chilometri, i quindici  e i trenta. Quest’ultima misura, suppongo, preparata appositamente per dare modo ai maratoneti di saggiare la resistenza in vista della ormai prossima maratona di Venezia.
Dal canto mio, pur non essendomi mai allenato dopo l’ultima corsa a Colle Umberto, snobbando la distanza più corta ho scelto i quindici chilometri, pur con la consapevolezza che, in caso di difficoltà, avrei potuto proseguire a passo spedito.
Alla partenza, avvenuta puntualmente alle 8.30, ho potuto percorrere qualche centinaio di metri in testa a tutti, poi controllato il battito cardiaco ho rallentato bruscamente. Da quel momento è cominciato un lento e inesorabile scivolamento verso le retrovie del gruppo.
Unica soddisfazione, non sono stato risucchiato dai “Nordic Walking” , quelle persone che, aiutandosi con i bastoncini, si mescolano orami ai podisti in ogni manifestazione.

Prese le misure con il cuore e la velocità, correvo senza eccessiva fatica, riuscendo a scambiare qualche parola con  podisti che nel frattempo mi passavano. Percorrevo un po’ di strada affiancato per poi lasciarli andare.

A un certo punto, un gruppetto che stava sopraggiungendo, stava discutendo di cinema e in particolare del film “Questioni di cuore” con Antonio Albanese e Kim Rossi Stuart.
Una signora, che sembrava l’esperta della materia, stava dicendo che il film sarebbe passato in televisione nel corso della settimana e lo stava raccomandando ai compagni.
Quando si accostarono mi unii a lei nell’elogiare il film, che avevo visto qualche tempo fa.
“Parla di due persone che colpite da infarto fanno amicizia”, raccontava la signora evitando di svelarne la fine.
“Si è vero però il senso del titolo è duplice, un storia di cuore che diventa una storia di amore”, ho aggiunto io spiegando il doppio senso del titolo.

Di li a poco ci siamo divisi. Io proseguii per il percorso dei 15 km, mentre loro puntarono decisamente al percorso lungo. Mi invitarono con loro ma io ringraziai salutandoli.
Dopo qualche metro, superata la deviazione,  sono stato affiancato da un altro podista. Aveva sessantanni, mi avrebbe detto più tardi.
“Parlavano di infartuati, quei signori e ne avevano uno che correva con loro !”,  dissi al nuovo compagno di corsa.
Il signore mi chiese se correre mi dava dei problemi e che frequenza cardiaca dovevo rispettare.
Poi aggiunse :
“Ti hanno messo anche degli Stent ? Io ne ho uno, tu quanti ne hai ?
“Io ne ho due ! “, risposi senza soddisfazione.

Prosegui affiancato al signore per qualche chilometro, raccontando in parte la mia storia. Poi, senza salutare, in silenzio rallentai. Quel dialogo occasionale mi aveva  aiutato a superare un momento di crisi. Raggiunti gli 11 chilometri, ho smesso di correre e, mantenendo un buon passo, ho raggiuto il traguardo senza difficoltà.

giovedì 15 settembre 2011

L'assessment

Ormai almeno una volta all'anno, vengo coinvolto sul lavoro, in una attività di Assessment. Nasce sempre una buona ragione perché qualcuno, mandato da una società di consulenza, arrivi attrezzato di tutto punto per il “necessario“ accertamento.

Queste attività che nel caso di grossi cambiamenti reputo necessarie e utili, in altre circostanze nascono per cause o motivi spesso sconosciuti o indicibili.

Inizialmente percepivo questi “interrogatori” come una sorta di tribunale che aveva il compito di giudicare le mie scelte e il mio operato nel corso degli anni.
L’esperienza mi ha poi insegnato, che la collaborazione e il confronto erano sempre utili, a me, che dovevo rispondere alle domande, ma anche a coloro che annotavano con cura le mie risposte.
Mi consolava il fatto che alla fine erano loro, "gli inquisitori", a dover preparare decine di slides PowerPoint, sollevandomi così, da quella noiosa incombenza.
Coloro con cui avevo a che fare erano spesso le teste di cuoio dei fornitori, le persone più esperte, mentre raramente mi sono dovuto confrontare con ragazzi alle prime armi.
In ogni caso il loro compito era del tutto simile a quello che negli eserciti è assegnato agli incursori : preparare il terreno per l’invasione delle truppe che nello specifico significava : creare le condizioni di lavoro per altri consulenti.
Il compito non era difficile. Il mondo non è perfetto e quindi margini di miglioramento se ne trovano sempre.
Mi sono trovato davanti, durante le interviste, a dei semplici scrivani, tutti intenti ad annotare quello che io narravo, come dovessero scrivere le mie memorie, mentre in altre occasioni dovevo confrontarmi con un interlocutore che non smetteva mai, di obiettare su tutto ciò che raccontavo.

Quest'ultimi incontri erano caratterizzati da molte domande del tipo:  "Perché non un'altra soluzione?", seguite da altrettante spiegazioni, quasi a dover dimostrare di avere, per ogni presunta cazzata, un alibi da esibire.

Alla fine si concludeva il lavoro, nonostante qualche scambio di opinioni "dialettico" e qualche “vaffa…” ingoiato all'ultimo istante, senza rancori e con una sorta di comprensione reciproca.

Arrivava così, il momento del resoconto finale.
La cerimonia, enfatizzata dal coinvolgimento dei manager più qualificati di entrambe le aziende, presentava sempre una situazione imperfetta, passibile di miglioramento, che cercava di preparare il terreno per consulenze future senza però affermare che, ciò che era stato fatto era del tutto sbagliato.
L’obiettivo, nemmeno tanto celato, era quello di permettere ai consulenti (le truppe di invasione) di poter lavorare in seguito senza l’opposizione del personale interno.

Fondamentale era la Gap Analisys, spesso sintetizzata da uno schema grafico che aveva il compito di descrivere quanto la situazione accertata si discostava dalla condizione ideale (spesso identificata dalla parola Target).
La rappresentazione più comunemente utilizzata somigliava in tutto e per tutto a una ragnatela da dove si diramavano a raggio gli assi relativi agli aspetti oggetto dell’assessment. Le punte esterne identificavano la condizione ideale, mentre il centro identificava la condizione peggiore. Il risultato dell'indagine, altro non era che una sorta di  “girotondo di ragno” all’interno della ragnatela. Il massimo non si raggiungeva quasi mai e, più era lo scostamento dalla situazione Target, più consistenti potevano essere i contratti futuri.

Così spesso funzionano le cose nelle aziende.

Ma come gli esami, anche per noi, gli assessment non finiscono mai.
Di accertamenti siamo costretti a farne spesso. A volte per problemi di salute accurati esami setacciano buona parte del nostro corpo, mentre altre volte, per meglio affrontare i cambiamenti che riguardano la nostra vita, passiamo molto tempo a raccontarci a qualcuno in grado di aiutarci a trovare le possibili soluzioni. In realtà, in molti casi, l’importante è non peggiorare, senza coltivare  l’illusione di arrivare all'eccellenza  Anche l’essere imperfetti può regalare equilibrio e voglia di vivere.

Stasera mi sono fatto una sorta di assessment. Quasi per gioco ho dato una valutazione ad alcuni aspetti della mia vita : L’amore, il lavoro, la salute, i soldi, le amicizie e riportando i valori nella ragnatela ho ottenuto il grafico che segue.


Come si vede la il Gap da colmare è in alcuni casi significativo e forse incolmabile. Di sicuro, in alcune aree, avrò bisogno di qualche consulenza , in altri casi sono certo di poter migliorare confidando nelle mie forze
Il resto lo affido alla provvidenza e alla fortuna, caso mai volessero darmi una mano.  

mercoledì 14 settembre 2011

La luce gialla


Ho sperimentato nei giorni scorsi il dover fare a meno di internet. La causa, banale, ma provvidenziale : Il guasto della linea telefonica che ha messo fuori servizio telefono e adsl.
Sono diventati così sporadici i contatti con la “nube” di Google, contenitore e custode di molte delle mie emozioni : foto, posta, scritti che da un po’ di tempo con fiducia memorizzo in uno spazio a me riservato.

Perciò, limitandomi solo alla scrittura sul Blog e alla consultazione della sola posta elettronica, sono riuscito a cambiare nell’ultima settimana le mie serate e soprattutto le mie giornate a casa.
“Si può fare dell’altro”, ho pensato e forse sono io l’ultimo a scoprirlo, ma guardandomi po’ intorno, ho potuto dedicarmi alla lettura e ad alcune attività “manuali” e casalinghe che altrimenti rimandavo sempre.

La riparazione del guasto è stato lento, scandito dai tempi dettati dalle lunghe chiamate al call center, dove gentili interlocutori, rifacendo sempre tutte le verifiche del caso, mi rassicuravano che tutto si sarebbe risolto in breve tempo.
Quando parlo con un call center vivo sempre la stessa curiosità che provo quando ricevo una cartolina da un posto che non conosco e mi chiedo :

“Chissà da dove questi signori mi rispondono?”, immaginandoli in paesi lontani e a me sconosciuti.

L’unico a soffrire un po’ di questo contrattempo è stato il modem, che da sopra il comodino dove ora si trova, sin da lunedì notte era riuscito a scaricare, mentre dormivo, tutto ciò che il defibrillatore aveva memorizzato nell’ultima settimana.
Lunedì mattina al mio risveglio, ho subito notato la luce dell’allarme. Lampeggiava in continuazione.

“Manca la linea telefonica “,  rivendicava l’amico.
“Adesso aspetti, non so che farci !”, rispondevo leggendo il messaggio sul grande display.

Di aspettare il modem non voleva saperne e così ha continuato a lampeggiare senza sosta, giorno e notte, illuminando a intermittenza la stanza. Io, nel timore di perdere i dati che di sicuro conteneva al suo interno, non ho avuto il coraggio di spegnerlo.
Oggi appena ripristinata la linea i dati sono stati spediti a destinazione e la grande luce gialla ha smesso di agitarsi. Come oramai succede da un anno, nessuno ha chiamato, tutto funziona regolarmente. 
Certe personaggi meno chiamano meglio è.

lunedì 12 settembre 2011

Primo giorno di scuola


Del 1 Ottobre 1963 non ricordo più niente. Mi è rimasta in mente solo l’aula dentro alla quale ho passato quel primo anno di scuola. Ricordo la figura della maestra, il suo nome e il fatto che l’anno dopo fu sostituita da non so chi. Ho passato i restanti quattro anni con una maestra di cui non ricordo assolutamente niente.
Il nero era il colore predominante. Nera era la lavagna, neri erano i grembiuli, scuri erano i muri, neri erano i banchi di legno e le imposte grandi di quell’austero edificio sembrava non bastassero a  illuminare la stanza.

Azzurro era il fiocco al collo dei maschi mentre rosso era quello delle femmine. Nulla sembrava essere lasciato al caso. Come catalogati erano i maschi e le femmine anche i poveri erano divisi dai non poveri. Di ricchi non ce n’erano.
I poveri ricevevano libri e quaderni gratis. I squaderni dei poveri avevano pure loro la copertina nera e il bordo delle pagine era colorato di rosso. A me piacevano molto e avrei desiderato essere povero per avere quei quaderni.

C’era il capoclasse. Di solito era eletto il più bravo della classe che, quando la maestra doveva assentarsi per qualche motivo, controllava la classe separando i buoni dai cattivi. Li scriveva diligentemente sulla lavagna su due colonne ben distinte.

Come essere buono ? Tutti avevano al loro tattica : alcuni se ne stavano accucciati, sul banco senza fiatare mentre altri guardavano i compagni cercando chi fosse il più buono. Il rigoroso silenzio e la gara alla santità durava pochi minuti. Quando l’assenza della maestra superava i quindici minuti, i cattivi avevano sempre il sopravvento sui buoni che comunque restavano buoni in quanto vittime dei cattivi.

Il primo della lista dei cattivi veniva, al ritorno della maestra, espulso dalla classe per qualche minuto.
L’umiliazione era forte sia quando si era cacciati sia quando si rientrava.

Il resto dei ricordi sono legati al grande cortile della scuola dove ho giocato a bandiera e memorabili partite di calcio.
Verso la quarta elementare, una supplente per tenerci tranquilli, usava la bacchetta picchiando sulle mani dei più vivaci che disturbavano i compagni.

Infine non ho mai dimenticato gli amori platonici, mai confessati, verso un paio di bimbe.
Ricordo ancora i loro nomi.
E’ proprio vero, gli amori non si dimenticano mai.

domenica 11 settembre 2011

Palermo - Inter 4 : 2


Il mio campionato è iniziato al 20’ del secondo tempo di Palermo - Inter.
Il risultato era sul 2-2.

“Non male”, ho pensato, “Palermo è un campo difficile !”.

Ascoltando la telecronaca avevo la netta sensazione che l’Inter stesse dominando in lungo e in largo. Le occasioni da goal si sprecavano. Quindi fiducioso, aspettavo la terza rete per consacrare la vittoria in trasferta, che era di buon auspicio per il prosieguo del campionato.

Visto il susseguirsi di palle goal e anche per mitigare l’ansia, ricordando di avere una lavatrice colma di biancheria pronta da stendere già dalla mattina, mi sono alzato e senza curarmi della partita in pochi minuti ho steso il bucato.
Qualche ovazione era arrivata fino al bagno, ma non ero riuscito a decifrare chi stesse gioendo e chi invece no.
Tornato a seguire la partita ho scoperto la triste realtà : il Palermo aveva segnato 4 goal.
Mi sono detto : “La prossima volta il bucato lo lascio asciugare in lavatrice !”.

Devo però scoprire cosa fare per far segnare l’Inter altrimenti finisce che pareggiamo tutte le volte. Potrei provare a  cucinare o lavare i piatti.

Non posso spingermi oltre nell’analisi della partita. Ho trascurato l’Inter dalla fine del campionato scorso. Conosco solo parzialmente la struttura della nuova squadra e chi è il nuovo allenatore.
Alcuni giocatori, oggi impiegati, non li ho mai sentiti e non so da dove provengono.

Intanto alla prima di campionato abbiamo preso quattro goal, anche se ne abbiamo fatti tre.
Un buon attacco e una pessima difesa, o meglio, una squadra squinternata impostata nel modo sbagliato. Per non perdere tempo e tenendo fede alla tradizione , si potrebbe già cominciare a mettere in dubbio l’allenatore, ipotizzando chi potrà essere il probabile sostituto.

sabato 10 settembre 2011

I primi tre secondi


Il libro

Passando davanti alla libreria di Mirano, il 25 Agosto scorso fui colpito da un libro, con la copertina verde e dal titolo : “Tutto per amore o quasi”. Non ne avevo mai sentito parlare, non sapevo di cosa parlasse ma qualcosa mi spinse a entrare e a comprarlo. Non opposi resistenza al suggerimento che proveniva da non so dove.  Mi sembrò di essere stato scelto più che aver scelto. Oggi leggendo l’ultima pagina ho avuto la stessa sensazione che spesso provo in questi anni, quando ritrovo qualcosa che pensavo perduto o che pensavo di non potermi più permettere. La storia che il libro narra mi ha spesso coinvolto emotivamente. La fine mi ha sorpreso e mi sono piaciuti i dialoghi finali : confessioni tardive, ma non per questo inutili, che hanno aiutato la protagonista a ridare un senso a ciò che pensava aver perduto.

La signora

Da qualche tempo mi capita di incrociare una signora, sempre la stessa. La prime volte pensavo fosse il mio stato d’animo a enfatizzare questi incontri che, pur essendo del tutto casuali, si ripetevano con una certa regolarità. Di certo non mi lasciavano, né mi lasciano indifferente.
“Sono di sicuro io a notarli non certo lei a provocarli “, pensavo, cercando di dare il giusto peso alla situazione
Se per qualche giorno mi capita di non pensarci più, succede che, senza ne pensarci ne cercarla, riappare casualmente sulla mia strada. Non posso fare a meno di fissarla negli occhi.
Forse mi sta aspettando.

Dedicato a …..

A te che sei
Semplicemente sei
Sostanza dei giorni miei
Sostanza dei sogni miei
A te che sei
Essenzialmente sei
Sostanza dei sogni miei
Sostanza dei giorni miei
Queste parole della canzone di Jovanotti sono uscite dall’autoradio, qualche giorno fa, appena terminata una telefonata.
In un attimo mi sono tornate alla mente emozioni e ricordi.
Le parole hanno, a volte, un potere immenso.



giovedì 8 settembre 2011

Certi giorni


Certe mattine è un piacere notare quanto sia terso il cielo. E’ raro vedere il cielo carico di quell’azzurro monocromatico, che solo i bimbi sanno dare colorando i cieli dei loro disegni,  sgombri di nubi e illuminati da un sole giallo.
Guardando a Nord, le montagne sembrano a portata di mano e tanti sono i particolari che, pur  da lontano, si riescono a notare, che perdere uno spettacolo simile per rinchiudersi in ufficio, sembra un’eresia. Tante sono state le volte che, ammirando quel panorama, è scaturita la tentazione di raggiungerlo, come si fantastica davanti a un imponente arcobaleno e si è presi dal desiderio di arrivare in quel luogo dove sembra essersi appoggiato. Mai ho ceduto alla tentazione, preferendo la pallida certezza di un ufficio senza luce, al vagare pur da solo, là dove finisce il verde del bosco e comincia l’azzurro del cielo.
La bellezza genera altra bellezza e ciò che rallegra gli occhi, rallegra spesso anche lo spirito, oltre che il cuore e, quell’euforica sensazione di benessere ispira buoni propositi e idee cariche di energia.

Mentre tutto sembra rimanere immutato, come il dipinto fissato su una tela, tutto impercettibilmente, come lo spostarsi della lancetta delle ore di un orologio, cambia di attimo in attimo.
I particolari lontani, offuscati dall’aria resa instabile dal calore del sole, assumono contorni sempre più incerti e qualche piccola nuvola, tanto sparuta da sembrare spaventata, di tanto in tanto solca l'orizzonte.
Con il passare delle ore sempre più nubi bianche e soffici, passano sulle nostre teste, senza fretta apparente. Viviamo la stessa sensazione che si prova quando, imbattendoci in un gregge, ci si trova circondati da decine di pecore, che tranquille, ci passano accanto, senza recare alcun fastidio.

Quando la sera sembra ancora lontana, ecco che il tempo sembra accelerare. Improvvisamente, l’azzurro pastello del cielo, diventa un blu sempre più cupo e le nubi bianche, di qualche minuto prima, si incupiscono di un  grigio sempre più nero.

Il vento, destatosi d’un tratto, trasmette brividi di freddo fuori stagione. Ci si chiude in casa a ritrovare un po’ del calore del mattino.
Poi, da non so che direzione, si ode uno strano ticchettio. All’inizio sembra simile al canto delle raganelle che rallegrano le sere di maggio, ma più diventa forte, più assomiglia a un suono battente e ossessivo : è il preludio della grandine che si avvicina.
Isolati pezzi di ghiaccio cadono provocando lo stesso rumore di sassi lanciati che rimbalzano sul terreno seguiti da altri, sempre più ravvicinati.  Poi lo scroscio diventa continuo, il rumore assordante, angosciante, fino a che qualche goccia di pioggia comincia a mescolarsi a quel ghiaccio cadente.
Via via la pioggia prende il sopravvento, la grandine rapidamente diventa inoffensiva, sopraffatta dall’acquazzone
Poi smessa la pioggia, passato il temporale, rimane il ghiaccio sul terreno ferito. Foglie e rami spezzati si notando ovunque si guardi.
Ci vorrà un po’ di tempo per dimenticare e rivedere tutto come prima o quasi.
Intanto, le nubi svuotate dalla tempesta si sono dileguate e da ovest arrivano i raggi di un sole sulla via del tramonto. Domani, si spera che il cielo sia ancora più terso.
Certe giornate cominciano, nelle nostre relazioni personali, con lo stesso azzurro di un mattino senza nubi. Tutto sembra avere la nitidezza del mattino frizzante e, la convinzione che da quel momento le cose non possano che migliorare, ci riempie di voglia di vivere.

Succede che, senza motivo apparente, ci si ritrovi nel bel mezzo di una tempesta, travolti da incomprensioni, che nonostante la sincerità d’animo non riusciamo a mitigare. Il non dire e il dire troppo porta purtroppo spesso agli stessi disastri. Alla fine ne usciamo con il freddo dentro, come fossimo stati sotto l’acqua e la grandine. Ad asciugarci non basta mai il sole della sera.
A rompere ci vuole un attimo a riaggiustare a volte non basta il futuro.

La Mussa


La Fiera dei Mussi di Trebaseleghe è giunta quest’anno alla 827 esima edizione.
Mi sono chiesto : chissà quando è cominciata e chi si è preso la briga  di tenere il conto esatto.

I Mussi (asini) c’erano, nonostante si dica che ormai sia un animale in “disuso” e, guardandoli con le loro facce tristi, mi sono tornati alla mente i detti, alcuni ancora di uso comune, che proprio con i mussi avevano a che fare.

Era normale apostrofare un bambino, che piangeva per ottenere ciò che voleva o arrabbiato per non averlo ottenuto, con il detto “El xe drio fare a mussa”.
La “mussa” era sinonimo di una arrabbiatura, di un pianto disperato come di un lungo e sordo frignare.


Di solito il prosieguo della frase era :”Spetemo, tra poco 'a mussa ghe passa”

Insomma come gli asini che  pur impuntandosi, alla fine, con pazienza  ripartono anche se riluttanti, anche noi da bambini la nostra cocciutaggine si è spesso sciolta tra le lacrime della “mussa”.
Superata la delusione, spesso demolita anche dai morsi della fame, si ritornava in cucina o si riappariva in cortile come niente fosse.

E i più grandi, che saggiamente ci avevano lasciato sbollire, erano soliti chiederci :
“Dove ‘a gheto ligà a mussa?”



martedì 6 settembre 2011

L'alcova


Qui al piano di sotto, nella nuova casa, tutto sembra al suo posto. Ho sistemato l’armadio separando ordinatamente i vestiti, mentre ho occupato quasi tutti gli spazi del mobile della cucina.
Quest’ultimo è talmente grande da contenere comodamente ogni cosa rendendo tutto di facile accesso.
Non ho ancora memorizzato il nuovo ordine: la corrispondenza interrutori–luci e la posizione degli oggetti usati di rado. Sono riuscito anche a distribuire i cavi del modem adsl , del telefono e della console Nintendo wii, nascondendo la matassa dei fili dietro al televisore.
Tutta un’altra cosa rispetto a prima.

A completare l’opera mi sono pure attrezzato con una scarpiera, così anche le scarpe un tempo messe alla rifusa sotto un tavolo, hanno trovato la giusta sistemazione, sparendo dalla vista.

La scarpiera, uno dei pochi acquisti, quello più costoso, risultato della spedizione all’Ikea di sabato pomeriggio, è riuscita ad occupare l’intero pomeriggio.
Mi ero convinto che in un paio d’ore potevo andare e tornare anche se non avevo considerato il tempo che avrei dovuto dedicare al montaggio. In realtà, appena iniziato il percorso all’interno del grande magazzino, sono stato assalito dallo sgomento :
“Cosa ci facevo io là da solo ?”
Il constatare di non potermi consigliare con nessuno, in pochi secondi sminuì l’iniziale entusiasmo, e ridimensionò la lista di cose che mi ero ripromesso di comprare.
Alla fine, scelta la scarpiera, dopo aver comprato un paio di ceste dove riporre i vestiti da lavare e quelli da stirare, sono sceso con il carrello al parcheggio cercando la macchina lungo la corsia contrassegnata dalla lettera C, posizione che avevo memorizzato al mio arrivo.
Ignaro che il parcheggio, fosse diviso in due parti con le corsie contrassegnate con le stesse lettere, ho vagato per più di  mezz’ora nella parte sbagliata, passando in rassegna tutte le corsie e, sull’orlo della disperazione, quando davo ormai per persa la macchina, ho capito lo scherzo atroce che i geniali svedesi mi avevano giocato. La macchina stava nella corsia C ma nel parcheggio N. 2.

Quando, una volta a casa e  aperta la scatola, ho constatato che la scarpiera era praticamente ridotta in “frantumi”, mi sono rimboccato le maniche e seguendo le istruzioni in poco più di un’ora il mobile era montato. In fondo il montaggio mi era sembrato molto più semplice rispetto alla  ricerca della macchina nel parcheggio.

Infine ieri,  traslocata la linea telefonica, si trattava di sistemare  il modem Latitude collegato al defibrillatore. In fondo potevo metterlo dove volevo. Le prese telefoniche di certo non mancano nella casa nuova. Lo avrei potuto accostare al telefono, appoggiandolo su un mobile in cucina, ma alla fine pensai di usare la presa in camera da letto, appoggiandolo sul comodino.
Li per li l’idea mi sembrò geniale. Di certo lo scarico dei dati non poteva fallire vista la vicinanza, e ben presto quella specie di segugio che mi bracca ogni lunedì per scaricare i miei battiti digitalizzati avrebbe svolto il suo compito anche durante il sonno.
Poi ripensando a quel "colpo di genio" mi sono detto :
“Manca solo la maschera per l’ossigeno che scende in caso di necessità !“, mentre osservavo su un comodino il modem e sull’altro tutto l’occorrente per il controllo della pressione.

“Ecco l’alcova del tombeur de femmes è completa! “ ho pensato a voce alta sorridendo a questa vita così inconsueta.

domenica 4 settembre 2011

Si riprende a correre


Si ritorna  a correre. La stagione delle non competitive, dalle mie part,i non è ancora cominciata. Il caldo continua a farsi sentire, ma dalla prossima settimana molti saranno coloro che rimesse le scarpe da running riprenderanno il rito della corsa domenicale.

Le ultime corse estive, che mai hanno visto soste, si corrono tra il fresco dei monti e delle colline, su percorsi che spesso assumono caratteristiche di vere e proprie scalate.

Quindi, dato uno sguardo al programma delle corse pubblicato su Internet, ho trovato la corsa che faceva per me : un percorso collinare a Colle Umberto, poco più in là di Conegliano.
Le colline di quei luoghi sono molto dolci e, pur non essendo particolarmente preparato, l’affrontare qualche pendenza non mi creava nessuna apprensione.
Percorrere le strade venete, di domenica, tra le sette e le otto del mattino, è come un viaggio nel deserto, dove sembra che tutto, non solo le strade, sia abbandonato da qualsiasi forma di vita.

L’unica testimonianza di vita che si trova, sono i gruppi di ciclisti che, a frotte via via sempre più numerose, si avviano in cerca di pendenze. Il resto della specie umana non appare, come assopita, in attesa delle ore tarde del mattino, come lucertole in attesa del sole più caldo.

All’apparire delle colline, l’orizzonte è subito diventato più gradevole. Notando l’insegna dell’Hotel Prealpi, qualche chilometro dopo Conegliano, ho immaginato, vedendolo un po’ fuori luogo, che fosse scivolato a valle a causa di uno smottamento. Le Prealpi infatti cominciano qualche chilometro più su.

La corsa, si snodava tra pendii molto brevi, sempre seguiti da discese utili per buoni recuperi.
Il percorso era segnato in modo approssimativo. Ho perso, più di una volta, la linea dei 12 Km, trovandomi per dei tratti con quelli che facevano i 21 km e terminando con i concorrenti della corsa più breve.
La somma finale mi sta bene, visto che non correvo da giugno.
Durante la gara ho tenuto d’occhio il mio cuore e, quando alla fine della rampa più lunga la frequenza mi è sembrata fuori controllo, mi sono messo al passo e fino all’arrivo non ho più ripreso a correre.
Con i tortellini ottenuti aggiungendo due euro all’iscrizione, mi sono preparato il pranzo.


venerdì 2 settembre 2011

I Pennarelli


Le ferie si sa, più sono lunghe più fanno bene. Farne spesso, ma poche, non elimina le tossine che il lavorare quotidiano ci fa accumulare. Ho sempre pensato che tre settimane fosse il periodo minimo per ritrovarsi un po’, oltre che naturalmente, per riposare.  Quest’anno, dopo alcune stagioni passate ad accumulare ferie, è arrivato l’anno giusto in cui ho dovuto consumarne una buona parte.
Così tra le tante idee nate all’ombra della piazzola A 128 del campeggio, una mi sembrò particolarmente originale. All’inizio pensavo fosse il risultato di un colpo di sole,  poi più ci pensavo e più la cosa mi intrigava, finché, rientrato dalle ferie e approfittando della imminente apertura delle scuole, entrato in un grande magazzino, mi misi alla ricerca di due scatole di pennarelli.
Sugli scaffali, tra quaderni e cartelle di ogni tipo, l’assortimento di pennarelli era a dir poco completo. Si potevano trovare quelli a punta fine come quelli adatti per fare segni grossi e colorare. Insomma, dopo aver gironzolato un po’ optai per due misure e il numero classico di colori : dodici.

Da anni ormai, considero PowerPoint  una sorta di Olio di Ricino che purtroppo troppo spesso bisogna ingurgitare. La bulimia di slide sta contagiando ogni attività aziendale. La considero una vera e propria epidemia.  Si usano slide con la stessa inutilità di chi usa gli sms per parlare con chi gli sta di fronte. Insomma le slide PowerPoint sono diventate un incubo, sia per chi le deve preparare sia per coloro che se le devono sorbire, durante noiosissime riunioni che spesso, altro non sono, che soporiferi monologhi.
Già sapevo che al ritorno dalle ferie, avrei dovuto preparare della documentazione e l’idea di dover ripartire da PowerPoint non mi dava pace. Ormai il rigetto è irreversibile.
Così pensai bene che potevo disegnare a mano libera, usando i pennarelli, gli stessi schemi che avrei dovuto fare con PowerPoint.
Rientrato al lavoro iniziai a disegnare, quasi fossi un carbonaro, senza dire niente a nessuno. La cosa non poteva, però, passare inosservata, visto che le mie mani erano sporche come quelle di un alunno delle elementari e sulla mia scrivania facevano bella mostra i pennarelli in un colorato disordine.
Facevo una tavola e poi la passavo allo scanner prima di inserirla dentro al documento. I disegni erano colorati e tradivano le incertezze di una mano tremante e soprattutto la mia scarsa propensione al disegno. Non mi persi d’animo e come in tutte le cose, senza voler emulare Raffaello, mi ripromisi di esercitarmi per migliorare. Cominciai a chiedere dei pareri presentando le prime tavole, ottenendo delle risposte incoraggianti e quando presentai la prima bozza ai miei colleghi la cosa piacque in quanto originale.  
Terminato il lavoro, i documenti salirono l’organigramma : anche il mio capo li apprezzò.
Oggi infine, un consulente ha apprezzato il “taglio alto” di quei tratti incerti e alcuni colleghi entusiasti della novità mi hanno dato del “creativo”.
Insomma non mi sento un Fantozzi, capace di dissacrare la corazzata Potëmkin , ma sono contento di aver creduto in un’idea, che pur sembrando in controtendenza, si è rivelata nella sua semplicità, innovativa. 
Un mondo senza PowerPoint è possibile !

giovedì 1 settembre 2011

Doppio Salto Mortale

Giusto due anni fa mi "installavano" il defibrillatore. Quel giorno a vederlo appoggiato sul tavolo della sala operatoria, prima dell'operazione, svenni, come un condannato a morte che vede la siringa prima di stendersi sul lettino. Difatti non era e non fu un'esecuzione ma un atto di amore da parte di chi, pur non conoscendomi,  riprese per mano la mia vita assicurandola, come si assicura un bambino che sta imparando i primi passi.
Ritornai in camera, dopo l'intervento, nuovamente cambiato nel giro di otto giorni.
"Doppio salto mortale", direbbe il presentatore del circo equestre.

Due anni, sono lunghi e cercando di percorrerli a passo di corsa, sono spesso incespicato. Il cuore e il defibrillatore hanno entrambi fatto il proprio dovere. Il primo, con orgoglio non ha voluto saperne di avere bisogno del secondo. "Oggi faccio da solo, grazie", è sembrato ripetere ogni giorno al risveglio e, anche nei momenti più difficili, e credetemi, ci sono stati, se l'è sempre cavata da solo.
Il defibrillatore non ha battuto ciglia, superando tutti i controlli fatti fino ad ora, come una fuoriserie di ottima fattura. So che, ha ancora "carburante" per otto anni, un'autonomia da astronave interplanetaria piuttosto che da fuoriserie.
Qualcuno da ottobre del 2010, legge e immagazzina i dati che questa astronave intercostale, raccoglie e trasmette di lunedì in lunedì.
Per curiosità chiederò di leggere la storia di questo ultimo anno quando, tra un mese, per un controllo di routine sarò richiamato ai box. Chissà se sarà possibile leggerla o sarà comprensibile.
Poi c'è questa mia vita, normale per me, meno per gli altri. In fin dei conti sono una persona colpita da infarto, da arresto cardiaco e portatrice di defibrillatore.
"Cosa pensereste voi incontrandomi, conoscendo il mio stato di salute ?". Certo, sono sicuramente uno che deve ringraziare Dio di essere ancora a questo mondo ma,  personalmente mi sento aggrappato alla vita non con un filo sottile, ma con una solida corda. A morire non ci penso nemmeno un po’ e, soprattutto, non è cosa che mi riguarda.

In ogni caso, per scrupolo e per rispetto degli altri, all'inizio di nuove amicizie sono tentato a raccontare il mio stato, a volte anche la mia storia. La chiarezza sin dall'inizio evita delusioni a tutti. Quando ho "giocato" con l'assicuratore chiedendo una polizza vita, atteggiandomi come una persona normale, sono stato accolto come un cliente di riguardo. Quando invece, finito il gioco, ho raccontato la verità, sono di colpo diventato un emarginato, un escluso dal Target, di sicuro una persona poco affidabile per chi intendeva spillarmi un po’ di anni di premi assicurativi.
L'assicuratore quella sera, ha subito risposto : "No, non ti posso assicurare !"
Nelle relazioni personali, temo a volte che possa succedere la stessa cosa, per questo preferisco raccontarmi e senza farmi illusioni, attendo la reazione di chi mi sta davanti.

Nonostante tutto, tendo a dimenticare, illudendomi di non essere mai cambiato, anzi di essere migliorato strada facendo. Per questo motivo mi tuffo con entusiasmo in imprese, che definirei al limite, che spesso mettono in apprensione chi mi accompagna o coloro a cui le racconto.
"Il come stai ?" o "A quanto sono i battiti ?" che mi sento chiedere durante le corse o salendo in montagna, sono un po’ il termometro di questa apprensione che prende chi sta con me. Io tendo a rassicurarli, pur raccontando che il cuore qualche minuto prima era andato per  un po’ fuori giri.
Chi invece si sente raccontare le mie imprese "da Indiana Jones", mi ascolta paziente, poi in modo pacato conclude: "Tu devi ricordarti una cosa : sei malato!".

Parametri Macchina (nel bel mezzo della notte)

Pressione massima    101
Pressione minima        61
Frequenza cardiaca    59

Nel  nuovo letto si riposa meglio. Non c’è più il fossato che si formava tra i due materassi, dentro al quale finivo ogni notte.  Il nuovo materasso è un monoblocco sopra il quale posso girarmi e muovermi in lungo e in largo. Il sonno ci guadagna un po’ anche se il trasferimento non ha annullato il fuso orario delle Seychelles, che regola il mio risveglio. Purtroppo mi sveglio sempre alle sette del mattino , ora di Victoria, capitale delle isole Seychelles. Quando apro gli occhi, invece che trovarmi davanti  al sole che sorge dall’Oceano Indiano, sbircio tra le fessure delle finestre in cerca di un mattino di là da venire.

Quà in terra veneta sono però le 5 o poco più. Qualsiasi tentativo di riaddormentarmi fallisce, così rassegnato resto a fissare il buio, aspettando il filtrare delle prime luci dell’alba.
Non guardo nemmeno più l’orologio.  Aspetto il suono della sveglia, quasi a controllare quanto sia precisa senza mai perdere un colpo. Piccole cose che si ripetono ogni mattina ma che non riesco ad eludere, nemmeno affidandomi alle 15 gocce di sonnifero, che qualche volta prendo,  quando dopo la mezzanotte non riesco ancora  a prendere sonno.
Stasera ho finito il trasloco. Mi ha stupito la quantità di roba che in questi due anni sono riuscito ad accumulare. L'occasione mi ha permesso di buttare molte cose : vestiti di quando pesavo 15 chili in più, scarpe fuori moda e oggetti inutili o inutilizzati.
Nel buttare tutta 'sta roba, speravo di gettare pure i ricordi che mi legavano a quegli oggetti, che da anni tenevo in armadio o in un cassetto senza più degnarli di una seppur minima attenzione.
I vestiti come gli oggetti, se ne sono andati, senza opporre resistenza, nei contenitori. I ricordi  invece, che pensavo di veder sparire con loro, come dei fedeli piccioni viaggiatori hanno ben presto ritrovato la via di casa e della mia memoria.