lunedì 31 ottobre 2011

Berlino




Berlino

Ogni volta che arrivo a registrarmi a un evento a cui qualcun altro ha provveduto a iscrivermi, provo sempre l'ansia di chi teme di non essere riconosciuto. Anche stavolta è andata bene. Aiutandomi un po' con lo spelling, il mio nome è stato reperito in archivio e ora giro, per questo enorme albergo con il mio bel identificativo appeso al collo.
Una destino del tutto simile al campanaccio delle mucche dei nostri pascoli. Non escludo che il mio mandi un "din don" invisibile capace di localizzarmi ovunque io vada.
Intanto ne apprezzo l'effetto che fa nei camerieri del buffet, che sorridendo mi versano, qualunque cosa chieda.
L'ho appeso al collo mentre iniziava il coffee break del pomeriggio, manco a farlo apposta. Così ho iniziato l'evento mangiando e bevendo.
Camminando nei saloni, si incrociano tutte persone con il "campanaccio" al collo. Mi diverto a leggere chi siano e soprattutto da dove vengano.
Tutti hanno un'aria rilassata, quasi vacanziera. Io non mi discosto dalla media. Pensando di trascorrere il giorno in viaggio, sono addobbato come uno che va in gita, mentre se mi guardo in torno molti sembrano sfoderare il meglio del loro guardaroba. 
Domani mi vestirò da "convention" impegnandomi a seguire alcune sessioni "tecnico-strategiche".
Incontrando altri Italiani si è discusso sul come passare la serata, l'unica lasciata libera dal programma. Qualcuno sta cercando un ristorante. Nel frattempo i chioschi internet sono affollati, chi legge la posta, chi "cazzeggia",  forse pensando a come passare la serata. 
Di Berlino non ho visto nulla che lo leghi a quello che conosco, ne la Porta di Brandeburgo come nemmeno una briciola di Muro. Potrei trovarmi in qualunque altra città del Centro Europa.
Vedrò di fare un giro, almeno nei posti più importanti, nei prossimi due giorni.

Oggi al check-in dell'aeroporto di Venezia, quando ho mostrato il cartellino di "Portatore di PaceMaker", la signora della sicurezza, mi ha chiesto da lontano a bassa voce : " Pace Maker ?", battendosi a sinistra del petto.
Ho capito la domanda interpretando il labbiale.
"Non volevo farmi sentire ..", si è giustificata la poliziotta.

Dentro di me l'ho ringraziata per la sensibilità.

Stasera ho cenato con Salsiccia , Crauti e Patate accompagnati con l'immancabile birra.
Orribile, come poche altre volte.

domenica 30 ottobre 2011

Corsa del Marroni


Saliscendi.
Pur senza allenamento, stamattina mi sono comunque cimentato in una gara sui 13 Km.
“Gara con chi ?”,
“Con nessuno ! Il solito gioco a raggiugere chi sta davanti “.
Ne ho raggiunti pochi ma molti mi hanno superato. 
“Bisogna saper perdere”, direbbe qualunque saggio.
“Bisogna saper partecipare, senza pretese quando non si è pronti”, questo vale per molte situazioni di vita.
L’allenamento porta chiarezze di idee e aiuta a intraprendere  la tattica di gara più adeguata.
La strada, meglio i sentieri, stamattina salivano e scendevano senza soluzione di continuità. La discesa sembrava non arrivare mai, tanto che per buoni tratti sono salito al passo e senza fretta.
Il cuore non si affannava più di tanto, erano le gambe e la preparazione fisica ad essere latitanti.
Il cuore sembrava dire : “Stamattina mi sento un orologio, vado che è un piacere ! Chi tira indietro ?”.
In ogni caso, pur con questo tipo di conflitto interno sono arrivato, stavolta con un po’ di affanno, ma non stremato.
Il ristoro finale prevedeva anche le caldarroste visto che la manifestazione era denominata “Corsa dei Marroni”.
Solito problema di parcheggio dovuto alla grande partecipazione.
Qualche imbarazzo in uno dei ristori dove mancavano i bicchieri.  Errori simili non si fanno alla 22esima edizione.

Mio figlio non mi ha mai abbandonato. Forse teme la mia tendenza a camminare sul bordo del precipizio.
Forse non ci crede ancora, ma adesso i burroni riesco a distinguerli meglio di qualche tempo fa.


mercoledì 26 ottobre 2011

Prima Elementare



Parametri Macchina

Pressione Massimo 100

Pressione Minima      61

Frequenza Cardiaca   48


Mi sto riconciliando con la notte e con il sonno. Non posso dire che sia diventata una regola. Mi risveglio ancora a ore assurde della notte senza più la voglia o la forza di riaddormentarmi, ma devo ammettere che sempre più spesso "mi addormento alla sera e mi risveglio al mattino".
Nonostante tutto ho due sveglie : una impostata alle 6.20 e l'altra alle 6.45. Quando suonano sono già sveglio ad aspettarle.

Sto facendo molte cose anche se ho tralasciato un po' l'attività fisica, nonostante le corse domenicali. Vedrò di riprendere gli allenamenti lungo  la pista ciclabile e i sentieri nei dintorni del paese qui vicino.
Non rimane che ritornare dal cardiologo con tutte le carte prodotte per il rinnovo della patente per verificare lo stato della macchina.



martedì 25 ottobre 2011

La nuvola e i soldi


Fin da bambini ci hanno insegnato che i soldi vanno gestiti con cura. Vanno spesi con buon senso per le sole cose che servono, perché, come si dice dalle mie parti, “I soldi non si trovano per strada”. Ci è stato spiegato che è opportuno risparmiare quando possibile, per poter realizzare qualche sogno e soprattutto per far fronte ai periodi difficili o alle spese impreviste.
Tutti abbiamo avuto un salvadanaio, sia da piccoli che da grandi dove depositare e proteggere ciò che riuscivamo a risparmiare.
Poi crescendo e potendo disporre di più soldi, spesso guadagnati lavorando, ci si è resi conto che il salvadanaio non bastava più e nemmeno il consiglio, mutuato dai nostri vecchi, di tenere i denari sotto il materasso non faceva la caso nostro.

Più erano i soldi più era il rischio che qualche ladro, intrufolandosi in casa in nostra assenza si appropriasse di quanto in nostro possesso, bruciando di colpo sogni e prospettive di miglioramento.

Anche per risolvere tutte queste fragilità, sono nate, ormai da qualche centinaio di anni, le banche.
Quest’ultime custodiscono i nostri soldi, in posti estremamente sicuri, ma che noi generalmente non conosciamo.
Ci permettono di spendere, depositare e spostare i nostri averi, attraverso Internet o effettuare prelievi di denaro fisico ormai a ogni angolo di strada.
I nostri soldi escono dai bancomat in qualunque luogo ci troviamo e nel momento in cui li ripieghiamo nel portafoglio, sono nostri come quando, alzato il materasso, prendevamo quanto ci serviva e controllato quanto rimaneva, riassestavamo il letto.
Con le banche si può fare lo stesso controllo, chiedendo  estratti conto ai bancomat oppure verificando i movimenti e saldi dal cellulare.
Non tutto sempre fila come dovrebbe e, viste le recenti vicissitudini, a molti è tornata la voglia di rafforzare la serratura della camera da letto per garantire l’incolumità del materasso.

Le banche e la loro gestione del denaro hanno molte analogie con il Cloud di cui si parla per la parte InformationTechnology.
A tutti gli effetti ai nostri occhi il sistema bancario è un Cloud Pubblico. Noi consegniamo a qualcuno i nostri soldi senza preoccuparci dove sono e confidenti nel fatto che siano protetti adeguatamente.

Il Cloud Computing ha molte analogie con quanto descritto sopra.
I dati possono essere equiparati ai soldi. I sistemi in Cloud già oggi custodiscono molti dei nostri dati personali. Molti di noi usano i servizi mail offerti gratuitamente, memorizzano documenti o foto in spazi disponibili in rete, ma nessuno di noi sa esattamente dove siano fisicamente memorizzati ma soprattutto pochi di noi si sono preoccupati di leggere le condizioni generali accettate aumento della sottoscrizione. In molti di quei contratti tra le altre cose c’è scritto che depositando i dati nel Cloud ne perdiamo di colpo la proprietà. In pratica rinunciamo alla nostra privacy.
Le aziende alla sicurezza ci tengono in modo particolare e i dati sono il fulcro dei loro processi amministrativi e produttivi. Per questo ancor oggi preferiscono tenerli memorizzati in luoghi ben definiti e circoscritti, piuttosto che consegnarli a un’entità che già nel nome nasconde qualcosa soggetto alla variabilità degli agenti atmosferici. Basta una piccola variazione di temperatura e la nuvola può essere trasportata nel centro di una tempesta.

Proprio le tempeste sono uno dei timori che molti degli addetti ai lavori temono possano verificarsi nel Cloud Computing. Perturbazioni che potrebbero provocare perdita di dati e mancanza di servizio tali da bloccare attività produttive e  business di qualsiasi tipo.

In ogni caso, se prossimamente non nasceranno nuove tecnologie rivoluzionarie, il Cloud Computing avrà un futuro. Solo la miniaturizzazione delle componenti hardware e l’aumento di potenza elaborativa unita alla sempre maggiore disponibilità di capacità trasmissiva potrà contrastarlo. 

lunedì 24 ottobre 2011

La riunione


“Scusate sto facendo rifornimento, ma se siete pronti possiamo pure cominciare la riunione”.
Così il manager collegato in Conference Call, rispose iniziando una riunione che aveva come oggetto l’approvazione di un investimento di qualche milione di euro.

La “Mobile Technology” ci permette di essere sempre connessi al mondo, aggiornati su tutto ciò che succede in ogni angolo della terra, rendendoci sempre potenzialmente raggiungibili e consentendoci di dialogare, comunicare ovunque ci troviamo.
Tutto ciò trasmette in molti di noi una sorta di onnipotenza, ci inietta la convinzione di tenere sotto controllo in qualsiasi momento ogni aspetto della nostra vita personale e lavorativa.

La riunione di stamattina doveva svolgersi, in modo assolutamente convenzionale, attorno ad un tavolo in una delle tante sale riunioni.

Niente di tecnologico era previsto, nemmeno il proiettore. Avevo preparato solo un decina di slide, stampate a colori in fronte retro.
Le avevo fatte controvoglia venerdì pomeriggio, rifinendole in qualche ritaglio di tempo durante il week end, usando l’odiatissimo PowerPoint.

Nel prepararle mi ero preoccupato di pesare ogni frase, cercando il giusto compromesso tra un linguaggio tecnico e una spiegazione comprensiva.  Per alcune definizioni mi ero appoggiato a Wikipedia.

Alla notizia che la riunione si era trasformata in una Conference Call, avrei buttato le slide, mentre nel sentire :
“Sto finendo di fare rifornimento ma cominciamo pure”, mi sono cadute le braccia.

Ormai tutti noi abbiamo assimilato che le riunioni si possono fare anche con una persona che sta guidando chissà dove. L’auto è per molti manager, ormai da anni, una sorta di secondo ufficio, se non addirittura l’ufficio.
Qualche anno fa, un ex direttore, conduceva riunioni mentre tornava a casa lungo una strada costellata di gallerie. La riunione si interrompeva ad ogni passaggio nei tunnel e riprendeva, non sempre, appena la galleria terminava. Un delirio !

Mi diverte immaginare quali saranno le situazioni che in futuro diventeranno normali per le riunioni aziendali :

“Scusate sto innaffiando i gerani, ma se siete pronti possiamo pure cominciare la riunione”.
“Scusatemi se tra poco sentirete lo sciacquone, ma se siete pronti possiamo pure cominciare la riunione”.
“Scusate ma sto ……., ma se siete pronti possiamo pure cominciare la riunione”.

Chi vivrà parteciperà…..

domenica 23 ottobre 2011

Maratona di emozioni


La maratona di Venezia, giunta alla 26esima edizione è terminata. La vittoria è andata ai soliti atleti africani. Il tempo sotto le 2h e 10’ è ormai garantito in quasi tutte le maratone.
La scuola africana riesce a sfornare talenti di qualità , capaci di vincere a qualsiasi latitudine, sui 42.195 metri dedicati a Filippide.
Oggi il tempo era ideale per correre lungo le strade che attraverso la Riviera del Brenta portano a Venezia.
Ho seguito la maratona alla televisione, con interesse, ma senza il trasporto di un tempo che mi rifaceva rivivere le fatiche e le sensazioni di quando ero tra i concorrenti.
Vivevo la vigilia con la concentrazione che solo i grandi esami della vita sanno rivendicare.
MI avvicinavo alla gare con la stessa meticolosità con cui si preparano le partenza dei viaggi spaziali, curando tutti i particolari e facendo tutte le verifiche allo scopo di scongiurare qualsiasi imprevisto.
Nella mia testa il conto alla rovescia scorreva inesorabile.
Curavo la dieta, stavo attento a ciò che bevevo e non tralasciavo neppure di fare un ultimo allenamento tra le strade amiche, in cerca di conferme sul perfetto funzionamento del motore.
Le sensazioni erano quasi sempre buone e ho sempre pensato con ottimismo alla gara.

Poi in gara correvo contro me stesso, mettendo alla prova la mia forza di volontà e la mia capacità di centrare gli obiettivi.
Correvo anche per ritrovare e salutare la mia famiglia e mio padre, che si nascondeva lungo il percorso, ma che sono sempre riuscito a scovare, nonostante le molte persone che assistevano alla gara dai bordi della strada.
Strano a dirsi, ma correvo anche per questo, per salutare lungo il percorso tre persone, non ci fossero stati, parte dell’impegno sarebbe scemato.

Per anni ho cercato di ritornare quello di allora, senza mai più riuscirci.

Oggi che trovo soddisfazione, alle corse domenicali, nel non farmi raggiungere da chi fa Nordic Walking e, solo per brevi tratti accelero, guardandomi intorno, quasi avessi sempre qualcuno alle calcagna che mi controlla, guardo finalmente quel periodo molto bello, con il giusto distacco, sapendo che non ritornerà mai più, ma non per questo il mio rapporto con lo sport deve considerarsi terminato.

Ho fatto spesso l’errore di voler riavvolge all’indietro il nastro della vita, pensando che tutto potesse ritornare come un tempo. L’ho fatto in modo superficiale, tralasciando tutti coloro che con me hanno condiviso quegli anni.
Ho capito troppo tardi che bastava guardare avanti senza pensare troppo al passato.

Si può imparare anche da una maratona alla tv e dalle mancate emozioni. I tempi della maratona sono terminati, le corse di oggi sono altrettanto belle.

venerdì 21 ottobre 2011

Ci riameremo

Aldo Moro nella sua ultima lettera alla moglie scrisse :

"Mia dolcissima Noretta, credo di essere giunto all'estremo delle mie possibilità e di essere sul punto, salvo un miracolo, di chiudere questa mia esperienza umana.... Ora vorrei abbracciarti  tanto e dirti tutta la dolcezza che provo, pur mescolata a cose amarissime, per ever avuto il dono di una vita con te, così ricca di amore e di intesa profonda.... Tu curati e cerca di essere più tranquilla che puoi. Ci rivedremo.Ci ritroveremo. Ci riameremo.

Brano tratto dal libro di Mario Calabresi "Spingendo la notte più in là".

Analisi Transazionale


giovedì 20 ottobre 2011

Note

Il libro
Oggi mi e' arrivato al lavoro un pacco anonimo. Conteneva un libro. Un regalo da un'amico con la raccomandazione che, nel caso mi fosse piaciuto, potevo regalarlo a chi volevo. Un pensiero che ho apprezzato tantissimo.

L'agenda
Alle sedici avevo in agenda una riunione sul tema " Migrazione di applicazioni j2ee da un Application Server a un altro". E' bastata una telefonata per trasportarmi diritto al pronto soccorso dell'ospedale di Mirano. Non si può mettere in agenda tutto !

Il passato
Già che ero nei paraggi, ho vagato tra le stanze del pronto soccorso, dove vengono ' detenuti' i casi sospetti. Non e' stato difficile ritrovare la stanza dove il 19 agosto del 2009, ho aspettato fiducioso il mattino, sicuro di tornare a casa sano come un pesce. Nessun effetto speciale. E' proprio passato !


La salute prima di tutto
Uno degli 'ospiti' del pronto soccorso, forse già stanco della reclusione, trascinandosi appresso il trespolo della flebo, incrociando l'infermiere di turno ha chiesto :
"Posso uscire un attimo a fumare una sigaretta ?"
"Faccia pure con comodo, fumare fa bene alla salute", ha risposto l'altro con l'atteggiamento di chi non vuole intralciare il progresso.

L'oroscopo
Una infermiera del reparto di cardiologia, mi ha chiesto, prima di salutarmi :
" Di che segno sei ?"
" Scorpione", ho risposto con tono interrogativo.
" Ho letto un ottimo oroscopo per lo Scorpione, l'anno prossimo...."
Mi ha messo di buon umore. Avesse mentito, devo ammettere che ha mentito bene.

mercoledì 19 ottobre 2011

Navigare gratis


La fiducia nella tecnologia non mi ha ancora abbandonato.
Ieri ho potuto sperimentare le potenzialità di due navigatori freeware, cioè che non costano niente : Waze, una sorta di Navigatore Social e Maps, quello fornito con Android di Google.


Usando Waze mi ero ripromesso di arrivare dritto all’albergo, nei pressi di Milano2, dove avevo prenotato una camera per la notte.  Volevo passarci prima per non avere poi sorprese al ritorno.
Dopo aver impostato l’indirizzo dell’albergo riportato nella prenotazione, il navigatore mi ha guidato abbastanza agevolmente fin nei pressi della meta. Ad un certo punto con piglio deciso mi ha indicato di svoltare a destra e con solenne soddisfazione mi ha comunicato l’arrivo a destinazione.
Guardandomi intorno non vedevo niente che somigliasse a un albergo a quattro stelle.
Mi accorsi però che, di fronte a me, un cartello indicava :
 “Ospedale San Raffaele – Pronto soccorso”.

Non ero nel posto che desiderato. Qualcosa non aveva, di certo, funzionato.
Così, invertita la marcia, dopo aver vagato nei dintorni, il rinvenimento dei cartelli indicatori mi aiutarono a trovare l’albergo.
Sempre confidente nella tecnologia, prima di ripartire, mi presi cura di memorizzare le coordinate dell’albergo in modo da poterlo indicare, con precisione, a Waze più tardi.
Al ritorno indicando al navigatore il punto in precedenza memorizzato ero sicuro che sarei stato guidato a destinazione senza errore.
Seguii le indicazioni senza indugio. Riconobbi i luoghi già visti qualche ora prima , ma ad un ceto punto udii un’indicazione controversa :
“Tra 100 metri girare a destra”, nel buio eseguii la manovra.
“Destinazione raggiunta”, disse la voce raggiante del navigatore.

Riconobbi i luoghi e il cartello : “Ospedale San Raffaele – Pronto soccorso”.
Non diedi peso a ciò che poteva essere un presagio sinistro, licenziai Waze e mi affidai al navigatore di Google.

La voce femminile del nuovo navigatore aveva un timbro un po’ troppo sintetico e le indicazioni erano alquanto imbarazzanti, del tipo :
“Proseguire in direzione Nord-Ovest lungo via….”, oppure
“Uscire dalla rotonda e imboccare via….”.

La prima indicazione presupponeva la presenza di una bussola in macchina, mentre la seconda dava per scontate due condizioni : la presenza dei cartelli con i nomi delle vie a soprattutto il fatto che io fossi in grado di leggerli. Insomma anche al secondo tentativo non è stato facile trovare l’albergo.

C’è un modo di dire, che spesso si usa quando qualcuno declama i vantaggi dei software regalati.
“Costa niente ma non hai niente”. 

martedì 18 ottobre 2011

Il Cloud Italiano

Mio padre avrebbe detto :

"Mi stanno facendo una testa grande come una casa !".

Stasera ascoltando l'ennesimo evento sul Cloud ho provato la stessa sensazione. Tutti parlano di questo nuovo fenomeno che rivoluzionerà il mondo dell'Information Technology.
Se ne analizzano gli aspetti tecnologici, ordinati come al solito come gli strati geologici, poi si arriva a declamarne i vantaggi e i potenziali risparmi fino a toccare gli aspetti sociologici e filosofici.
Qualcuno stasera è arrivato a negare la necessità di sicurezza dei dati aziendali e il diritto di privacy delle persone.
"I giovani di oggi non si preoccupano più di tanto della loro privacy", si è affermato alludendo ai Blog a Facebook e a tutte le community che Internet ha reso possibile.
Il punto di vista non faceva una grinza, "la Cloud", così è stata spesso apostrofata "la Nuvola", è la soluzione per chi non vuole investire in complicati e costosi server, per chi vuole pagare solo quello che consuma e per tutti coloro non interessati a essere proprietari dei propri dati e delle proprie informazioni.

Mentre passavano tutti questi ragionamenti su privacy e profili pubblici mi è ritornato alla mente l'assicuratore che, nemmeno un anno fa, appena saputo il mio stato di salute, si è rifiutato di stipularmi una assicurazione sulla vita che potesse aiutare i miei figli nel caso il mio cuore fosse ritornato a fare le bizze.
Le informazioni più sono pubbliche più aiutano coloro che sanno specularci sopra, siano queste raccontate o messe nella Cloud.
Insomma gli edotti professori di stasera sembravano dire : "Armiamoci e partite".

Poi sono stati presentati i casi portati ad esempio, scoprendo però, che i pionieri già avventuratisi in questa nuova esperienza si sono limitati a mettere "nella Cloud", qualche applicazione web e i servizi di posta elettronica.
Insomma siamo agli inizi e nonostante il tam tam, tutti aspettano che siano altri ad andare avanti ed eventualmente "farsi male".

Alla fine un comico, ha ridato dignità alla parola Nuvole, tanto bistrattata durante la serata recitando :

LE NUVOLE (Fabrizio de André)

Vanno
vengono
ogni tanto si fermano
e quando si fermano
sono nere come il corvo
sembra che ti guardano con malocchio

Certe volte sono bianche
e corrono
e prendono la forma dell'airone
o della pecora
o di qualche altra bestia
ma questo lo vedono meglio i bambini
che giocano a corrergli dietro per tanti metri

Certe volte ti avvisano con rumore
prima di arrivare
e la terra si trema
e gli animali si stanno zitti
certe volte ti avvisano con rumore

Vanno
vengono
ritornano
e magari si fermano tanti giorni
che non vedi più il sole e le stelle
e ti sembra di non conoscere più
il posto dove stai

Vanno
vengono
per una vera
mille sono finte
e si mettono li tra noi e il cielo
per lasciarci soltanto una voglia di pioggia.

lunedì 17 ottobre 2011

Note

Alcune cose sono cambiate in questi ultimi tempi.

A parte qualche giorno nato male, ieri è stato uno di questi, in cui il morale non riesce ad alzarsi da terra, come quegli aquiloni mal costruiti che non sanno da che parte viene il vento, il tempo mi scorre bene.
Potrebbe scorrere anche meglio mi sta dicendo qualcuno, ma forse mi sto accontentando dei risultati ottenuti.
Ho ripreso confidenza con la lettura. I libri mi fanno compagnia per molto tempo, di giorno come di notte, quando i risvegli prematuri tentano di rovinarmi il sonno.
Un pò di lettura concilia il sonno e il giorno successivo diventa più leggero.

Qualche decisione l'ho presa e vedremo se darà i frutti sperati. Si tratta di aspettare qualche anno.
Infine, appena terminato il trasloco, mi è tornata la voglia di cambiare casa.

Di pagare l'affitto non mi va più, meglio comprare casa e pensare a un futuro con meno incognite.
Nel frattempo nella nuova casa, al piano inferiore si vive bene. Ho tanto spazio a disposizione e un po di verde a cui accudire.

Dopo qualche anno di fatica, manca ancora qualche coccio da riattaccare, ma spero sia una questione di tempo.

Il cuore va bene, batte regolare e supera ogni controllo.
La patente non è un problema per un pò di tempo.
L'altro cuore, quello più difficile da guarire, si sta ristabilendo.

Ora ho di fronte un viaggio. A fine mese sarò a Berlino.

domenica 16 ottobre 2011

Corsa d'autunno


Più che di Autunno stamattina si poteva parlare di Inverno. Tre gradi segnava il termometro della carrozzeria quando sono partito da casa. Il sole avrebbe più in là distribuito un po’di tepore ma l’aver adottato un  abbigliamento invernale mi è sembrata la decisione più giusta.

La partenza tradizionale, tutti insieme alle nove in punto penso sia una consuetudine da rivalutare rispetto alla partenza senza regole che caratterizza la gran parte delle corse domenicali.
Partire insieme aumenta la competitività e aiuta a capire quanto si va veloci o quanto si va piano a seconda della posizione che di chilometro in chilometro, si va a occupare.

La potrei definire la corsa  silenziosa. Pochi concorrenti avevano voglia di parlare, solo qualche chiacchiera qua e là, ma faceva più baccano il vento freddo che soffiava spesso in senso contrario.

Nonostante la lunga esperienza, era difatti la quindicesima edizione, i ristori lungo il percorso lasciavano un po’ a desiderare, mentre all’arrivo tutto era organizzato per il meglio.

Avevo corso ad Orgnano qualche anno fa, prima della malattia, durante uno dei tanti periodi in cui avevo tentato di tornare alle corse agonistiche. Ricordo di aver fatto venti chilometri ma altro non mi è rimasto in mente.


martedì 11 ottobre 2011

Da ricordare .... per la prossima vita


"Un rapporto fondato sull'amore è quello in cui l'uno permette all'altro di essere ciò che vuole, senza attendersi e pretendere nulla.
Matrimonio è la solidarietà di due persone che a tal punto si amano, che mai e poi mai l'una vorrebbe che l'altra fosse ciò che spontaneamente non sceglierebbe di essere."

Brano tratto da "Le vostre zone erronee" di Wayne W. Dyer

lunedì 10 ottobre 2011

Steve e Piero


Tra le immagini che più hanno attraversato il mondo della rete, nei giorni scorsi subito dopo la morte di Steve Jobs, quella che più mi ha impressionato è stata la foto di quell’Ipad usato come futuribile epigrafe del suo ideatore. Non credo che Steve avesse mai pensato di aver inventato tra le altre cose la cornice della sua epigrafe.
Ho pensato che, da qualche parte del mondo qualcuno di sicuro avrà già scritto un’App tagliata per i defunti e, non è escluso, che i futuri necrologi non si avvalgano tra qualche tempo delle più sofisticate tecnologie. Forse le vite dei nostri pronipoti potranno essere, una volta terminate, riviste come si rivede un film, mescolando passato e presente.
Passando stasera, invece nei pressi della chiesa di Mirano, ho cercato nella solita bacheca l’epigrafe di Piero. Appesa nell’angolo alto a sinistra, era del tutto simile alle altre che normalmente occupano la tabella. Solo la foto era un po’ più grande del solito. Sicuramente era stata scelta con cura, tra quelle di qualche anno fa, quando c’era la salute e, appena lasciata la giovinezza non si vedeva ancora all'orizzonte la vecchiaia e soprattutto la sofferenza.
"Niente di tecnologico" mi son detto, ripensando all’Ipad di Steve e alla sua vita cosi originale e avventurosa, fatta di successo ma anche di momenti neri. In fondo, anche la sua fine precoce, può essere equiparata a uno dei momenti bui, di cui parla nel famoso discorso agli studenti di Stanford.

Chissà cosa avrebbe potuto ideare ancora per molti anni!
Purtroppo la vita lo ha licenziato, definitivamente, come in passato lo aveva fatto l’azienda da lui creata. Non potrà più ritornare, questa è la differenza.

Poi, ripensando a come Steve aveva cominciato, da studente dentro a una cantina, non mi è poi sembrato troppo diverso dal modo con cui Piero aveva pure lui iniziato, qualche anno prima.
Aveva studiato dai preti,  un po' da elettricista e sapeva suonare la fisarmonica per averla studiata un po’.
Amava armeggiare nella sua “cantina”, dove riusciva a smontare qualsiasi cosa e pensava di poter aggiustare tutto. Aveva costruito, pure lui, aggeggi che, sembravano futuristici per noi ragazzi, che lo guardavamo da lontano “lavorare” in cantina. La dentro in realtà, si divertiva moltissimo.

Aveva una cieca fiducia nella tecnologia, tanto da pensare che la sua Renault 4 potesse superare qualsiasi distanza, trasportare qualsiasi cosa e scalare i passi più ripidi.
La povera auto rossa, tentò qualche volta di ribellarsi, mandando segnali sinistri, ma non riuscì ha incrinarne la fiducia.

Molti cominciano da una cantina, qualcuno ne esce alla grande e conquista il mondo, molti, i più restano nella cantina o nella cantina abbandonano sogni e speranze.
Nessuno parla di chi, perdendo speranze e energie spese a rincorrere un sogno dentro a una cantina, deve adattarsi a una vita normale, fatta di lavoro e di problemi comuni a milioni di altri simili.
Piero, la sua cantina, da cui forse non pensava di spiccare il volo, se l’è tenuta come fosse una sala giochi o semplicemente la sua “sala sogni”.

“Siate affamati, siate folli”("stay hungry stay foolish”) disse Steve agli studenti di Stanford il 12 Giugno 2005.
Lo disse a una generazione di giovani di un’ America dove ancora è possibile realizzare sogni e successo. “Born tu run “ cantava Bruce Springsteen a proposito delle opportunità che l’America riesce a dare a tutti coloro che vogliono mettersi in discussione.

Forse erano “affamati e folli “ anche i giovani, come Piero, come Giovanni, che scappando dalla povertà lasciata dalla guerra, dalla miseria delle campagne di quei tempi, si inventavano imprenditori, iniziavano mille lavori per uscire da quegli anni bui.
Riflettevo se sia stato più grande il divario percorso da Steve o il cambiamento dei giovani degli anni cinquanta, riemersi dalle macerie di un mondo distrutto.
Nascere Dove, Nascere Quando è immensamente importante per il destino di ognuno di noi, ma in ogni caso tutti contribuiamo a cambiare il mondo. I più fortunati, come Steve, vedono le loro gesta perennemente illuminate dai riflettori del successo, altri come Piero e la stragrande maggioranza fanno la loro parte, con modestia, nell’anonimato, vivendo, al pari di Steve, momenti belli e momenti bui.
Poi la malattia colpisce Steve, colpisce Piero e sia l’uno che l’altro continuano, fin che ne hanno la forza, a parlare del loro mondo : dei prossimi Ipad come della voglia di tornare a passeggiare fino al “ponte”.
Si dice che un battito d’ali di una farfalla in India possa provocare un Uragano due anni dopo nell’Atlantico.
Chissà che le vite normali di persone come Piero possano contribuire a un futuro migliore per tutti coloro che seguiranno.

domenica 9 ottobre 2011

G.P. Bancarella

La temperatura stamattina era ideale per correre. Credo che 15 fossero i gradi in meno di domenica scorsa.
Dopo una notte poco tranquilla, ho optato per il percorso più corto. Sette chilometri potevano bastare senza rischiare inutili sforzi.
Ma dopo qualche centinaio di metri, mi sono reso conto che le gambe giravano alla grande.
L'aver dimenticato il cardio-frequenzimetro mi metteva al riparo dall'ansia da frequenza cardiaca.

Ho corso come facevo un tempo : "a sensazione". Quando venivo affiancato da un podista che andava più di me, cercavo di seguirlo per qualche centinaio di metri.
Per alcuni tratti mi sembrava di volare come un tempo.

Un'amica, sorpresa per vedermi correre sul percorso più breve mi ha chiesto :
"Dì la verità a quale maratona ti stai preparando ?"

A caldo mi sono sentito di rispondere.
"Vivere ancora per i prossimi 20 anni. E' una maratona molto lunga ma spero di arrivare in fondo!"

Ho preso un bicchiere di The caldo è ho ripreso a volare.

venerdì 7 ottobre 2011

"Le hanno dato due anni"


Osservando l’accuratezza con cui vengono fissati gli appuntamenti, si ha l’impressione che la programmazione delle visite all’USL sia organizzata in modo scientifico.
La mia visita era fissata per le 14.10 e il mio identificativo era il 15 azzurro.
Alle 13.50, dopo aver consegnato tutte le carte  all'accettazione, passai alla stanza 3 dove, puntualmente, alle 14.10  una voce, fin troppo amplificata, chiamò il mio identificativo dentro al primo ambulatorio.

Mi chiesi il perché di tanto baccano, ma subito realizzai che probabilmente tra coloro che avevano problemi con la patente, qualcuno duro di orecchie poteva pur esserci.

La visita oculistica dopo 30 secondi era già terminata, definirla accurata mi sembra un eccesso di generosità
Dopo aver trascorso qualche minuto in un’altra anticamera, finalmente fui richiamato dentro a un secondo ambulatorio.
In quest’ultimo luogo  doveva svolgersi il controllo specialistico sulle condizioni del mio cuore.
Dopo aver risposto a un appello sommario e spiegato il problema per cui stavo là, il medico che non si era nemmeno degnato di alzare lo sguardo dalla tastiera del computer, mi invitò ad aspettare in una nuova anticamera: la 19. Là mi sarebbe stato consegnato il certificato.

Una voce di donna chiamò, dopo qualche minuto, nuovamente il 15 azzurro.
Riconobbi la stangona che passava per i corridoi con i fascicoli sottobraccio. Portava una gonna corta che metteva in risalto le gambe lunghissime.
“Firmi qui”, mi disse.
“Le hanno dato due anni di validità”.

Firmai con leggerezza e  mano ferma una sorta periodo di tregua.
Per i prossimi due anni la patente non sarà un problema.

Arrivederci al 2013.

mercoledì 5 ottobre 2011

Festa di Compleanno


Di mio padre ricordo i silenzi e l’atteggiamento serio e severo. Temevo i suoi giudizi che spesso mi arrivavano per bocca di mia madre. Poche sono state le occasioni in cui ci siamo parlati direttamente. Abbiamo lavorato assieme, ma non gli ho mai perdonato di non avermi insegnato il mestiere di muratore. Forse era convinto che il mio destino doveva e poteva essere migliore, ma io ho sempre desiderato saper tirare su un angolo di muro perfettamente a piombo.

Abbiamo sempre festeggiato i suoi compleanni in maniera molto semplice. Ci si trovava tutti a casa,  figli e nipoti a mangiare delle paste e una fetta di torta. Così erano le feste di compleanno a casa mia. Tutti i compleanni erano uguali : una serata tutti assieme con qualche dolce e un bicchiere di spumante. Ricordo di aver soffiato sulle candeline solo dopo i trent’anni.

Di quelle feste non c’è una foto negli album di famiglia, come se il passare del tempo non fosse degno di essere ricordato né di avere dei riferimenti precisi.
Guardo le foto della mia infanzia e fatico a collocarle negli anni, fatta eccezione per  quelle della Prima Comunione e della Cresima. Molte delle persone presenti in  quelle immagini non ci sono più.

Solo con l’inizio del nuovo millennio, dopo anni di lontananza, ho avuto modo di passare un po’ più di tempo con mio padre. Ci accompagnava alle gare, quando mio figlio correva in bicicletta. Passò molte delle domeniche dell’estate del 2000 ai bordi delle strade a incitare il nipote che faticava sui pedali.
Si divertiva moltissimo e non aveva fretta di tornare a casa da mia madre, che mai aveva provato a seguirci. Venne il 5 Ottobre del 2000 e in un clima rasserenato e diverso da quello degli anni precedenti, organizzammo la sua festa di compleanno.
Quella volta curammo i particolari come non mai.
Due candele a forma di 72 andarono a ornare la sua torta di compleanno, forse per la prima volta spense le candeline tra gli applausi di tutti. Di quella serata è rimasta pure una foto : tutti in posa dietro alla torta.
Quella sera, anche se non eccezionale, fu diversa dalle quelle degli anni precedenti.
In realtà quella festa fu, tra foto ricordo e candeline sulla torta, una sorta di traguardo, un prendere coscienza per tutti noi che il passato poteva essere migliore e più sereno.
Per mio padre fu l’ultimo compleanno.

martedì 4 ottobre 2011

Sogno

Ho sognato un breve momento di tenerezza,
pochi attimi spensierati,
un bacio, da tempo desiderato.

Sarò breve


Penso sia una strategia di marketing enfatizzare una nuova tecnologia evidenziando quanto sia il divario con quelle che l’hanno preceduta.
Il passato sembra decrepito e il nuovo trasmette l’impressione di poter cambiare il mondo.
Allo scopo di ingigantire le differenze vengono sciorinati numeri e confronti a cui si stenta a credere.
I grafici a volte si sprecano.
Lo scetticismo e il pragmatismo sono però d’obbligo verso chi promette miglioramenti strabilianti.

Le persone specialiste in questi tecniche di comunicazione vengono definiti “tecnici di prevendita”.
Molti di loro sono ex tecnici che non sono riusciti a completare la trasformazione verso un ruolo commerciale.
La maggioranza sono delle persone estremamente precise e corrette ma alcuni di questi personaggi, abili nello trasmettere le meraviglie di ciò che cercano di vendere, mi ricordano quei ciarlatani che nel far west vendevano intrugli miracolosi ai primi pionieri, in quelle terre dimenticate.

Per fortuna i cosiddetti "venditori di fumo", sono facilmente riconoscibili e di solito basta un paio di domande ben assestate per smontare l’ “intruglio miracoloso” che descrivono con tanta enfasi.

Cosi stamattina un tizio arrivato a presentare una nuova tecnologia detta ”In Memory Computing”, ha pensato bene di partire dalle origini dell’informatica.
Ha così presentato il primo computer a valvole, descrivendo successivamente i transistor, i circuiti integrati e buona parte dei processori degli ultimi 30 anni.

Un preludio cosi ampio non lo vedevo da anni e per un po’ ho vissuto l’ansia da presentazione PowerPoint.
Mi sono chiesto :
“Ma se è partito da così lontano quante saranno le Slide che dovrò sorbirmi ?”

lunedì 3 ottobre 2011

Voci


Il buio e il silenzio sono, usando un termine matematico, i limiti tendenti a infinito delle parole luce e suono.
Il buio è la luce più fioca che si possa immaginare come silenzio è il suono più basso che l’udito riesca a percepire.
Mi piace pensarli come una sorta di vacanza per la vista e l’udito, i sensi che in qualche modo ci danno la percezione dello spazio. Ciò che rimane a disposizione dei nostri sensi è la prossimità, tanto che il mondo a nostra disposizione si riduce all’aperura delle nostre braccia
Succede di questi tempi, che molte serate siano caratterizzate dal silenzio. La televisione è spesso compagna dei lavori domestici. Alla fine la metto a tacere e diventa buia come le notti di questo autunno appena iniziato.
La stanza da letto è lontana anche dai rumori della provinciale. Il silenzio in certi momenti è davvero assoluto.
Rimane quasi fosse un ronzio, il frullare dei pensieri, caratterizzati da qualche proposito su “cosa farò domani” e, di tanto in tanto, da qualche sogno a occhi aperti.
I rumori della nostra mente, non si spengono mai, e, come il rumore di fondo dell’universo proviene dal mitico big bang, essi ci accompagnano dalla nostra nascita.
Nemmeno il sonno riesce ad addormentarli.

Ma quando il silenzio sembra sia sempre più protetto dall’ora tarda, ecco che voci concitate, ricreano lo spazio che sembrava svanito.  Le parole provengono da qualche stanza del palazzo. Impossibile non ascoltarle, come impossibile ignorarne la natura rissosa. Qualcuno sta litigando e nel diverbio le parole perdono il senso della misura. Sembra di assistere una gara dove vince, chi riesce a essere più duro verso l’altro. Dopo poco la rissa non ha ne capo ne coda.
Sto là ad ascoltare e aspetto che lo sfinimento o il buon senso, chiuda la bocche, come aspettavo sere fa che qualcuno spegnesse l’allarme in piena notte, ignorando, per un po’, che dovevo farlo io.
Ascoltando quelle voci rimpiango il suono straziante, ossessivo ma sensato dell’allarme.
Poi, pian piano, le urla sempre più vuote di violenza, ritornano a essere voci, poi parole che spesso terminano con un “buna notte”, sigillo di una tregua temporanea.
Chissà, mi chiedo,  se i due litiganti ricordano ancora i motivi della rissa.
Poi il silenzio ritorna ad accompagnarsi al buio mentre il sonno nel frattempo pare svanito.
Accendo la luce sul comodino. Parte piano e, di lì a poco, mi permette di aprire un libro.
Fatico a mettere a fuoco le pagine, ma continuo a dare la colpa alla lampadina “poco luminosa”.

Ho indossato l’altro giorno un paio di occhiali e ho provato lo stesso sollievo che si ha quando, senza preoccupazione, ci si lascia guidare dal navigatore verso una destinazione sconosciuta.

domenica 2 ottobre 2011

Maratonella


Stamattina l'Autunno sembrava mettere fuori la testa. I quattordici gradi alle sette del mattino provocavano qualche brivido, ma il cielo era terso e il sole di li a poco avrebbe portato il caldo di un’estate che non se ne vuole andare.

 A Campalto, dalle parti dell’Aeroporto di Venezia, si correva una corsa competitiva su due distanze : 15 e 30 chilometri. Per il percorso più corto c’era l’opzione “non competitiva”, fatta apposta per me e ritirato il pettorale 131 con la sigla NC mi sono allineato alla partenza.

Approfittando di alcuni spazi ho potuto partire con i Top Runner in prima fila. Al mio fianco c’era Salvatore Bettiol, il maratoneta degli anni 80 e 90. Al via siamo scattati insieme. Da quel momento, sono stato risucchiato da quasi tutti, in pochi chilometri.

La corsa è stata divertente. Non ho fatto fatica tenendo sotto controllo il cuore che, progressivamente ha aumentato le frequenze. Ho avuto modo di parlare con molti podisti che occasionalmente mi affiancavano. Chiacchierare fin che c’è fiato è un modo simpatico per distrarsi e non pensare alla fatica.

Verso la fine il cardio-frequenzimetro ha cominciato a dare i numeri. Lo fa ormai sistematicamente. Sembra stancarsi prima di me.  Per evitare “cazzate”, ho rallentato d’ufficio evitando pure di parlare, risparmiando il fiato.

Lungo la laguna c’era modo di “correre affiancati” agli aerei che, quasi a passo d’uomo, atterravano nel vicino aeroporto. Per qualche istante, grazie alla prospettiva,  ho avuto l’impressione di andare alla stessa velocità.

Come in altre occasioni gli organizzatori hanno speculato sull’ultimo chilometro. Lo mettono sempre nel posto sbagliato. Oggi penso fosse indicato quando mancavano più di 1500 metri.

Ciascuno può dar fondo alle ultime energie ma, non sempre bastano ad arrivare al traguardo, che non si materializza mai.




Inter - Napoli 0 : 3

Forse l'arbitro ci ha messo del suo, ma l'Inter ci ha messo molto ma molto di più.
Il Napoli non è una squadra qualunque e, giocarci contro per un tempo intero con un uomo in meno, non sarebbe stato facile nemmeno per la Juve dei dopati.

In ogni caso loro sono venuti a Milano con un uomo in meno, quel Cavani che promette un anno di sfracelli. Questo doveva far riflettere i "professionisti " dell'Inter. Invece 3 goal li abbiamo presi lo stesso e addossare le colpe ad altri mi sembra immaturità.
Speriamo che Ranieri, molto protettivo, davanti ai microfoni dell'ufficialità, sia entrato negli spogliatoi armato di machete come merita la prestazione.
Si sta adombrando un anno difficile. Se avevo vissuto l'anno scorso come una sorta di vacanza delle ambizioni, dopo l'anno del Triplete, mi sa che da qui in poi a seguire 'sta squadra con passione ci sarà da soffrire.


sabato 1 ottobre 2011

I soliti

Noi siamo i soliti 

quelli così 
Siamo i difficili 
fatti così 
Noi siamo quelli delle illusioni, delle grandi passioni 
Noi siamo quelli che 
vedete qui 
Abbiamo frequentato 
delle pericolose abitudini 
E siamo vivi quasi per miracolo 
grazie agli interruttori 
Noi siamo liberi, liberi, 
liberi di volare 
Siamo liberi, liberi, 
liberi di sbagliare 
Siamo liberi, liberi, 
liberi di sognare 
Siamo liberi, 
liberi di ricominciare 
Noi siamo i soliti 
sempre così 
Siamo gli inutili 
fatti così 
Noi siamo quelli delle occasioni 
prese al volo come i piccioni 
Noi siamo quelli che 
vedete qui 
Abbiamo frequentato delle pericolose abitudini 
e siamo ritornati sani e salvi 
senza complicazioni 
Noi siamo liberi, liberi, 
liberi di volare 
Siamo liberi, 
liberi, 
liberi di sbagliare 
Siamo liberi, liberi, 
liberi di sognare 
Siamo liberi, 
liberi di non ritornare ! 
Noi siamo i soliti 
quelli così 

I Soliti - Vasco Rossi

Siamo liberi, liberi.....   da chi da che cosa ?
Non è necessario per forza volare per vivere
Volare non è sinonimo di felicità
Meno liberi, meno spericolati ma più felici,
con la possibilità di sbagliare ma anche di ritornare,
grazie agli interruttori ma soprattutto grazie all'amore.

Liberi di ricominciare, ....magari ! 
Basterebbe essere Liberi di ripartire !

Le cattive abitudini qualche complicazione la lasciano sempre,
fosse solo il tempo perso a ricorrere false occasioni.  

Liberi di sognare, quello si per sempre.