martedì 30 novembre 2010

Frecciargento



Destinazione Roma. Corso sulle Nubi, quelle dei computer.
La stazione di Mestre era una bolgia di gente in attesa di treni con ritardi incomprensibili.

Incomprensibili a  me per circa un ora, quando ascoltando dei passeggeri nella mia stessa condizione, ho capito che tutto era dovuto ai blocchi degli studenti contro il ministro dell'istruzione e la sua riforma dell'università.

Per solidarietà non mi sono arrabbiato più di tanto.
Il ritardo era sopportabile.
La freccia d'argento sembra un comodo aereo, che quando va veloce balla un pò.
In prima classe ogni tanto passa una hostess. Io sto cercando di usare internet attraverso il Galaxy Tab. A volte il treno è più veloce di Internet e tutto si blocca.

Ho preparato con cura la valigia. Penso di non aver dimenticato nulla, a parte una sola cosa : il contenitore con dentro le medicine.

Ho scovato una cardioaspirina tra le pieghe dello zaino e per oggi ho risolto il problema.
Domani passerò per una guardia medica a chiedere lumi.

lunedì 29 novembre 2010

Il tarlo

L'esperto di topi, dopo essersi fatto attendere per una buona mezz'ora, arrivò con il piglio di chi la sa lunga.
Entrò in casa scrutando il pavimento come un cane segue una pista.
Non vedendo niente di sospetto, chiese, soprattutto per sincerarsi di non aver sbagliato casa :
"Non vedo tracce di legno per terra, o di qualcos'altro caduto dal soffitto !"
Lo tranquillizzai dicendo :
"Grazie al cielo ancora non è caduto niente, magari succederà da un momento all'altro, però tra l'altro, giusto oggi ho fatto le pulizia di casa!".

Poi l'uomo cominciò a osservare il soffitto, mentre io cercavo di spiegare i fenomeni di cui ero vittima.
Con la sicurezza dell'esperto, immediatamente scartò l' ipotesi dei topi, degli uccelli e di altri animali conosciuti. Mi spiegò, forte dell'esperienza, che i topi non frequentano luoghi dove non c'è niente da mangiare, non sono dediti allo scavo ma si limitano a passeggiare in lungo in  largo.

Restavano, secondo lui solamente i tarli come ultimi e unici imputati. Quest'ultimi sono capaci di rumori molto forti quando si imbattono in un legno particolarmente duro. Io incredulo ascoltai senza però riuscire a collegare il tarlo con i rumori che accompagnano le mie serate e le mie notti.

"Se ha pazienza, sono sicuro che tra poco i rumori riprenderanno, li ho sentiti poco prima che lei arrivasse", proposi  non ancora convinto della diagnosi.

Aspettammo il rumore con pazienza o impazienza, come si attende una voce nel corso di una seduta spiritica. In silenzio, guardando il soffitto, l'uomo ribadì più volte la sua diagnosi rassicurandomi che non mi sarei mai trovato a tu per tu con chicchessia.
Ma il rumore non si manifestò, silenzio solo silenzio rotto ogni tanto dal rumore delle macchine della strada di fronte. Immaginavo i topi sopra la nostra testa, mentre ci osservavano e chiedevano a quello di vedetta :
"Se n'è andato l'esperto di topi ?"
"Non ancora", rispondeva chi era di guardia a bassa voce," non vi muovete, vi avverto io quando se ne va !"
Dopo un pò, educatamente spazientito, l'esperto manifestò segnali di sconforto.

Ritornò a rassicurarmi e senza chiedere  una lira se ne andò salutando.
Il silenzio perdurò ancora un pò, poi, chissà, forse valutata la distanza di sicurezza, il rumore riprese come lo ricordavo.

Come potevo pensare di avere a che fare con dei tarli sprovveduti !

Parametri Macchina

Pressione Massima  120
Pressione Minima      78

Frequenza a riposo  54

Oggi giorno di scarico dati. Mi alleggerisco.
Ieri nonostante la buona volontà, non ho preso la cardio aspirina.
Per una volta non muore nessuno.

domenica 28 novembre 2010

L'interruzione

I computer di oggi come quelli di qualche anno fa eseguono una istruzione alla volta. Essi sono guidati nei calcoli ed elaborazioni da sequenze di istruzioni chiamate programmi.
I programmi sono il mezzo che l'uomo usa per addomesticare queste macchine come l'addestramento è utilizzato per addomesticare gli animali.
A differenza degli animali, capaci di una vita propria, a volte migliore senza l'uomo, i computer privati dei programmi risultano inermi e inutili.

Ogni unità di elaborazione, comunemente detto processore, esegue comandi e istruzioni molto semplici. I linguaggi usati dai programmatori per scrivere i programmi vengono tradotti da altri programmi detti compilatori, nel linguaggio riconosciuto dal processore. Quindi quello che l'uomo scrive in un linguaggio a lui comprensibile viene tradotto in una sequenza di codici comprensibili alla macchina. Il risultato finale è garantito dalla bontà del traduttore o compilatore.

In breve questo è quello che succede, nella verità i processori di anno in anno diventano sempre più veloci e vengono arricchiti da circuiti che contribuiscono a renderli sempre più efficienti.
Si cerca di aumentare sempre di più la frequenza di funzionamento che temporizza l'esecuzione delle singole istruzioni ma allo stesso modo quando i limiti fisici o della fisica, lo impediscono si cerca di esplorare altre strade
Esasperare il parallelismo delle elaborazioni è un aspetto su cui negli ultimi anni si sono fatti molti progressi. All'interno di ciascun processore sono comparsi i “core”, i quali sono delle unità elaborative autonome in grado di farsi carico dell'esecuzione dei programmi richiamati in memoria. Il numero dei core sta aumentando di anno in anno, di questi tempi se ne contano fino a sei ma la crescita non si è ancora fermata.
Ma uno dei compiti degli elaboratori è il relazionarsi con l'ambiente esterno. La più banale delle cose come la pressione di un tasto della tastiera è un evento che la sequenza del programma in elaborazione non contempla ma che non può essere ignorato.
Questo evento genera un'interruzione della sequenza in elaborazione e viene attivato uno specifico programma capace di leggere i dati in arrivo dalla tastiera.
Per esemplificare è come se una persona, nel corso di una passeggiata sia costretta a raccogliere il fazzoletto caduto inaspettatamente. La passeggiata si ferma, il fazzoletto viene raccolto, ma poi si riprende da dove era avvenuto lo stop, senza conseguenza apparenti.

Il computer si comporta allo stesso modo. Ferma l'elaborazione, congelandola temporaneamente, esegue il programma di interruzione e poi riparte dal punto in cui si era fermato.

Quando invece che dialogare con una tastiera c'è la necessità di richiedere un dato memorizzato su un disco rigido il problema diventa un po' più complesso.
La velocità di elaborazione di un processore si basa su tempi inferiori al microsecondo, mentre i tempi di accesso ai dischi generalmente si misurano in millisecondi. La lettura di un dato da disco può durare dai 2-3 millisecondi fino a 10, nei casi più sfortunati.
Se il processore dovesse aspettare dieci millisecondi, perderebbe la possibilità di elaborare migliaia di istruzioni.
In realtà ecco cosa succede.

Quando esiste al necessità (ad esempio) di leggere un dato da disco, l'elaboratore lancia la richiesta al disco fornendo tutti i parametri necessari, poi invece che mettersi in attesa della risposta, congela il programma dedicandosi all'esecuzione di altri programmi in attesa.
Il disco, nel frattempo si posiziona sul dato e terminata l'acquisizione, genera un'interruzione, consegna i dati e risveglia il programma congelato facendolo proseguire con i dati richiesti.
In questo intervallo il processore ha potuto fare molte altre elaborazioni, inviando o ricevendo dati da altri sistemi.
Modalità del tutto simili sono usate per gestire molti degli eventi provenienti dal mondo esterno.
Oggi le nuove tecnologie e la velocità dei circuiti permettono di gestire e acquisire quantità di dati provenienti dall'esterno impensabili solo pochi anni fa.

Quindi il programma in esecuzione non si avvede di tutto ciò che gli avviene attorno e tanto meno se ne preoccupa chi invece scrive il programma. Il mondo delle interruzioni fa parte della "vita" del computer, chi lo progetta in genere cura questa parte in modo particolare al fine di non penalizzare oltremodo la capacità elaborativa.

Ma anche per i computer esistono le maniere forti. Tutti noi le conosciamo : a volte bisogna premere il tasto di spegnimento o altre la tanto conosciuta combinazione Ctrl Alt Del.
Per forza di cose spesso bisogna ripartire.

Anche quando pensiamo che tutto sia perduto e il computer sembra del tutto defunto, un barlume di vita rimane sempre. La semplice pressione del tasto di spegnimento o la pressione del tasto reset generano una interruzione definita non mascherabile .
Il programma, qualunque esso sia, viene interrotto e l'esecuzione riparte in maniera incondizionata da un punto prestabilito.
E' come se una macchina che stia filando dritta lungo l'autostrada verso Milano si trovi di colpo trasportata sul tratto Roma Napoli con direzione Sud senza la possibilità e la speranza di ritornare sulla strada originale. Un cambio di direzione repentino con cui non c'è possibilità di negoziazione.

La nostra vita somiglia a quella di computer o i computer da sempre cercano di imitare la vita dell'uomo. Con il tempo e la pazienza ci somiglieranno sempre di più. In molti casi si sostituiranno a noi, spesso con nostra somma gioa, altre volte lasciandoci un po' perplessi.

Anche noi viviamo quotidianamente interruzioni grandi e piccole che spesso disturbano il nostro percorso e allontanano i nostri obiettivi. Ciò nonostante riusciamo e dobbiamo mantenere la nostra direzione.

Più raramente veniamo raggiunti, anche noi,da interruzioni non mascherabili, simili a quelle che provocano il reset dei computer. Malattie, invalidità, vicissitudini personali e affettive, distacchi e lutti appartengono a questa categoria. Il reset che la vita subisce in questi casi, cambia obiettivi, sogni, speranze e la direzione non siamo più noi a deciderla.
La nostra forza sta nel trasformare queste vicissitudini in opportunità, ritrovando energie quando ci sentiamo sfiniti e senza più la voglia di vivere.

Infine meglio sarebbe fossimo noi i generatori di interruzioni sostanziali per la nostra esistenza.
Decidere di cambiare vita, lasciando qualcuno, ripensando qualcosa di nuovo è sogno e speranza di molti. La voglia di decidere la nostra sorte non ci abbandona mai, allo stesso tempo però, siamo spesso frenati dal timore del cambiamento e di tutte le sue conseguenze.
Tutto ciò alla fine vanifica sogni e desideri.

venerdì 26 novembre 2010

Improvvisamente l'inverno

Qualche avvisaglia c'era stata nei giorni scorsi. La nebbia, ormai sparita da queste terre, sembrava tornata dopo una lunga migrazione. Si era riappropiata degli spazi, dei campi, dell'orizzonte. Tutto aveva inghiottito riportando alla memoria paesaggi quasi dimenticati.
Io che ho sempre con me la fotocamera, più di una volta sono stato tentato di immortalare con  delle foto l'avvenimento, come si fotografa un evento eccezionale.
Anche la guida ne aveva risentito. In certi tratti, passando attraverso i banchi di nebbia, era difficile la sera distinguere il ciglio della strada.
StRano accogliere un fenomeno atmosferico ostile, come la nebbia con sollievo, ma a volte segnali come questi ci illudono di poterci riconciliare sia con la natura che con il passato, come se ci ritenessimo colpevoli dei cambiamenti recenti.
Poi passata la nebbia, ecco il gelo, il ghiaccio, la brina sull'erba al mattino, la necessità di pulire il parabrezza ghiacciato della macchina.
Il freddo si fa sentire, si apprezza il cappotto, si rimpiange il berretto o la sciarpa lasciati in armadio.
"Ostrega, xe quà el fredo", direbbero i vecchi della mia memoria.
Per finire la neve di questa mattina, in certi momenti con tratti da bufera,  ha portato l'inverno al suo posto.
Tutto è bene ciò che finisce bene.
L'inverno, quello vero, quello che tutti noi desideriamo, è alle porte.
Domenica, dice mio figlio, tornerà la neve.

Venduta !


Appena in tempo.

Prima del rinnovo dell'assicurazione.

Prima del pagamento del bollo.

Però, un pò mi dispiace.

giovedì 25 novembre 2010

Rassicurato

Avevo chiesto all'assicuratore, che da un pezzo continuava a telefonarmi, una polizza vita: qualcosa di molto simile a una scommessa.
Io scommettevo sulla mia morte, l'assicurazione scommetteva sulla mia vita.
Tanto più vivevo, tanto più dovevo pagare e meno redditizio era il mio investimento,  tanto meno vivevo tanto più loro ci avrebbero rimesso.
Il tutto per il bene dei figli, in particolar modo del più piccolo, a cui devo un pezzo di vita.

L'assicuratore annusata la possibilità di vendermi qualcosa si mise al lavoro. Valutò possibilità, premio annuo, lunghezza della polizza.
Dopo un paio di rinvii, per mia stanchezza, fissato l'appuntamento, sono andato a valutare le proposte.
La proposta finale era molto semplice.
Con la modica cifra di poco più di 700 euro all'anno potevo garantire ai miei figli 100 mila euro di liquidazione nel caso avessi dovuto riprendere il viaggio intrapreso il 25 Agosto dell'anno scorso.

La proposta, visto il premio annuale,sembrava interessante. Quasi quasi potevo pensarci seriamente e scommettere per una decina di anni poteva valerne la pena. Dopo tutto, al massimo, dovevo spendere poco meno di 8000 euro.

"A meno che lei non abbia qualcosa da dichiarare", disse l'uomo, come se stesse leggendo le paroline minuscole scritte di solito in fondo ai contratti.

Capita l'antifona, in sintesi raccontai in poche parole la mia situazione, del mio cuore e del suo guardiano.
L'assicuratore capì immediatamente di aver sbagliato persona, o "target" come aveva di certo imparato ai corsi di formazione. L'affare era sfumato, per entrambi, in un attimo.
Senza indugio mi disse : " Non la posso assicurare. No, non la posso assicurare".

"Meglio così", mi è stato detto,"un motivo in più per vivere!"

mercoledì 24 novembre 2010

Inter - Twente 1 : 0


Ero talmente sicuro del risultato che mi
sono addormentato sul divano.

Il caso di successo

Oggi il cardiologo mi ha definito un caso di successo.
Una persona che, nonostante le vicissitudini, è ritornato del tutto normale, cuore compreso.

Potrei, mi ha detto, fare il testimonial, raccontando il mio percorso di recupero e, aggiungo io l'unicità degli eventi che lo hanno reso possibile.

La maratona non è oggi il sogno di un irresponsabile, ma una reale possibilità.

Alla fine, a conclusione della visita, mi ha comunque ricordato il buon senso, evitando gli eccessi, per non sfidare nuovamente la Buona Stella che ha reso possibile questa mia seconda vita.

Ho concluso la serata in chiesa, chiedendo se per caso, la Buona Stella fosse in  casa.

135 e dintorni

Neanche avesse letto il post di ieri sera, la dottoressa di Medicina dello Sport, oggi  si è fatta viva.
Penso che si sia fatta spiegare come funziona l'aggeggio che porto in spalla, tant'è che mi ha assicurato che la soglia di innesco dell'ICD è molto alta, più di quanto io possa ragionevolmente raggiungere durante l'attività sportiva.

Alla mia domanda se la soglia fosse superiore ai 180, quasi ridendo mi ha risposto :
"Ancora più alta, stia tranquillo !"

Se un defibrillatore si deve utilizzare per eventi eccezionali, eccezionali devono essere le frequenze e le condizioni a contorno.

La frequenza consigliata per l'attività sportiva, dopo tutti i controlli fatti, sta intorno ai 135 battiti / minuto, più che sufficienti per correre di buona lena.
Una buona notizia, ora l'importante è correre !

martedì 23 novembre 2010

Un semplice controllo

Domani ritorno dal cardiologo. Stavolta, diversamente dal giugno scorso, presenterò la documentazione prodotta negli ultimi due mesi.
Porto con me gli esiti della prova sotto sforzo, dell'esame Holter del 18 Ottobre, passando per ecografia e la verifica ICD.
Dopo l'esame Holter, la dottoressa, che non sapeva come funzionava un ICD, non mi ha più richiamato.
Doveva solo informarsi, per poi suggerirmi che tipo di attività sportiva fare in previsione di  una ipotetica preparazione pro maratona.

Sparita nel nulla, forse per evitare ogni responsabilità nel seguire un'irresponsabile come me.

Mi sono ripromesso di chiedere notizie dei miei scarichi dati settimanali che il modem, con cui vivo, premurosamente invia ogni lunedì mattina, a mia insaputa, mentre faccio colazione.
Chissà che non mi spieghino qualcosa di più su cosa hanno potuto vedere in questo ultimo mese.


"Hai un sacco di medicine da prendere !", mi diceva qualche giorno fa un amico, "Sembri quasi un malato !", scherzava .


L'apparenza inganna, soprattutto me stesso, quando al mattino mi sveglio sentendomi un leone, tanto da dimenticarmi di tutte le disavventure passate. 
L'apparenza inganna,  soprattutto gli altri, quando invece, quasi sempre nel pomeriggio, fatico ad apparire normale, appesantito da una stanchezza immotivata. 
Mi soffermo a pensare, spossato, e a chiedermi perchè faticare tanto per mantenere il ritmo di un tempo. 
Chi me lo fa fare ? Forse l'amor proprio, forse l'ambizione o la voglia di apparire quello di una volta.


Ieri, forse per la prima volta, ho sognato dentro di me un lavoro meno impegnativo, mi mancavano le forze e la lucidità.
" Mi sentivo quasi un malato!". 

E' molto tardi.

Attenzione alle apparenze.
L'apparenza spesso inganna, lo dice pure un proverbio o un modo di dire.
Spesso chi ti sembra amico invece trama alle tue spalle e quando te ne rendi conto è oramai troppo tardi.
E tanto più si è deboli e tanto più si è vulnerabili e miopi, incapaci di vedere le cose dal giusto punto di vista.

Quante volte un sorriso, nasconde rabbia e rancore verso il mondo che ti appartiene.
Come è facile percepire la finta gentilezza di chi ti sopporta per dovere e non perchè ti vuole bene.
Quante volte la stanchezza è presa a pretesto per nascondere l'indifferenza.
La verità non si deve necessariamente dire a tutti.
Le bugie non troppo velate sono mezze verità, quando le verità sono scomode da dire.

Molto meglio dire : "Sono stanco", che più esplicitamente : "Meglio che tu ne vada", una persona intelligente capisce tutto, soprattutto le cose non dette.

Mi piace usare  l'istinto e i sensi per capire le situazioni e gli atteggiamenti di chi mi circonda, più che passarli attraverso il setaccio della ragione.
La prima impressione non sbaglia quasi mai; a pensarci su, invece, si prendono solo delle cantonate.

E' difficile ringraziare chi ti tende una mano scivolosa, mentre stai cadendo dal cornicione.

Ciao

domenica 21 novembre 2010

Chievo - Inter 2 : 1

Povera Inter, vittima delle sue vittorie e della presunzione che tutto fosse rimasto come l'anno scorso.
"La macchina è perfetta e quindi non si cambia", diceva Benitez e molti altri.

La macchina sarà pure rimasta la stessa, però questa volta sono gli uomini che, come colpiti da una maledizione, cadono di partita in partita, perseguitati da infortuni che oggi nessuno vuole più giustificare.

Tempo ce ne per tutto ancora, pure per il campionato. L'importante è non rientrare nel girone infernale degli allenatori.
Le vittorie più belle sono state ottenute solo con due allenatori in sei anni. Vorrà pur dire qualcosa !!!
Mandare via Benitez per chiamare chi ? Spalletti , Trapattoni ?
Meglio pensare alla Coppa Intercontinentale, minimo può far bene al morale e ci da una tregua in campionato. Adesso ci vuole proprio.

sabato 20 novembre 2010

Dedicato a ......


Quando indietro non si torna quando l'hai capito che
che la vita non è giusta come la vorresti te
quando farsi una ragione vora dire vivere
te l'han detto tutti quanti che per loro è facile
quando batte un po' di sole dove ci contavi un po'
e la vita è un po' più forte del tuo dirle "ancora no"
quando la ferita brucia la tua pelle si farà.

Un senso a questa casa, anche se un senso non ce l'ha...

Quella che in passato avevo definito un covo, perchè abbarbicata tra tetti e nascosta dietro una fitta riva di alberi ora, con l'approssimarsi del Natale sembra essere diventata il luogo ideale per farci un parcheggio per La Slitta trainata dalle Renne.

Come si fa a garantire ospitalità, ma soprattutto accessibilità, la notte del 25 dicembre al Sig. Babbo Natale ?
Casa mia e' un grande sottotetto, su cui stanno due abbaini, o botole, come spesso le chiamo, da cui in certe notti di luna piena, a testa in su, posso osservare la luna direttamente dal divano.

E proprio i due abbaini mi sembravano ideali  per facilitare la discesa a Babbo Natale per consegnare i regali, nel caso decidesse di fermarsi a casa mia.

Così discutendo di regali e letterine propongo al bimbo, che già vive l'ansia delle feste :

"La notte di Natale lascio gli abbaini aperti, cosi Babbo Natale, ferma le renne sul tetto, e poi scende direttamente a posare i regali", dico con l'allegria di chi ha un asso nella manica.
Mio figlio sembra in un primo momento affascinato dalla possibilità, poi fa silenzio e dopo averci pensato un pò, mi dice.
"Babbo Natale è troppo grosso per passare di là "
"Ma li faccio aprire un pò di più, se vuoi mi informo con la padrona di casa", rilancio immediatamente
"No, non ci passa lo stesso", dice il piccolo lucido e padrone della materia.

Così per qualche minuto mi guardo intorno e ritornatami alla mente una foto dell'inverno scorso, rilancio la soluzione del problema :
"Babbo Natale parcheggerà le renne sul tetto che sta di fronte, io quella notte lascerò aperta la finestra della cucina, dalla quale potrà entrare nonostante sia grosso"

"Si quando senti un colpo forte sul tetto, vuol dire che è arrivato, ti alzi e lo fai entrare, magari anche mi chiami", risponde mio figlio rincuorato di poter ricevere la lunga lista di regali che ha elencato nella letterina al grande vecchio.

"Si certo ti chiamo", lo rassicuro.
Come vorrei che tutto ciò non fosse una favola !

Analisi di Impatto

Sabato al lavoro per una di quelle attività che in informatichese si chiama "Passaggio in produzione".
Si rende produttivo un nuovo sistema o un aggiornamento sostanziale e lo si fa, come da prassi, di sabato o nei momenti in cui la fabbrica si ferma.
L'operazione è delicata per vari motivi : il tempo a disposizione, la predominanza di attività notturne, una considerevole mole di dati da elaborare e non ultimo il timore di ritrovarsi Lunedì con degli strascichi, con qualcosa che ancora non va.

Al fine di evitare tutto ciò negli ultimi giorni si è parlato di piano di lavoro, ma soprattutto del piano di "contingency" e di tutte le attività relative al roll-back.

In poche parole cosa fare se le cose vanno bene, quando le cose invece vanno male e da dove ripartire nel caso si dovesse ripristinare la situazione precedente dicendo : "scusate abbiamo scherzato ".

La metodologia del cambiamento è o sta diventando una scienza. Tutto va previsto, andate, ritorno, piano di emergenza, comunicazione, condivisione delle tempistiche con il Business e l'Impact Analisys. Quest'ultima attività ha il compito di capire chi (le persone) cosa (i servizi) è  coinvolto nel cambiamento e nelle eventuali anomalie, per essere più efficaci sia nella comunicazione che nel dimensionare le attività e le risorse necessarie al successo.

Anche se la cosa potrebbe sembrare facile, la storia e le persone,soprattutto, fanno la differenza. Non sempre, anzi quasi mai, esiste la documentazione e, le scoperte a cose fatte sono una normalità.
L'imprevisto è parte della vita ma è divertente spesso verificare come un'azione insignificante riesca a determinare effetti devastanti su cose e sistemi che si pensavano lontani e quasi indipendenti . Cosi può succedere che una minima modifica di configurazione locale, riesca a bloccare sistemi a decine o centinaia di chilometri. Tutto è inevitabilmente e tragicamente collegato.

La memoria delle persone, le competenze unite all'esperienza sono ancora determinanti anche se la suddetta scienza tenta  in qualche modo di renderle neutre ai fini della gestione del cambiamento.
Ogni volta che avviene una spersonalizzazione di un mestiere o di una specifica parte di un lavoro, inizia il viale del tramonto. Il progresso e la tecnologia si preparano a subentrare all'uomo. E' successo, in passato, con le catene di montaggio oggi popolate da robot, sta succedendo con il mestiere di programmatore, dove strumenti sempre più semplici ed efficienti stanno standardizzando tutto, succederà anche nella comunicazione televisiva dove penso che in futuro avremo degli avatar al posto degli speaker. Ad esempio, non sarà  necessario uno uomo/donna per leggere un telegiornale.
Quando un mestiere si affranca dalla creatività e sregolatezza umana è pronto per essere robotizzato.
La "pazzia" è la vera ricchezza dell'uomo!

Insomma un casino fare le cose fatte bene, anche se devo dire che va meglio oggi che qualche anno fa, quando si faceva il tutto con molta più superficialità e minor senso di collaborazione. Forse il mondo era un pò più semplice e più governabile. Oggi quando si tocca un touch screen di un computer si rischia di coinvolgere qualche centinaio di dispositivi tutti funzionanti a formare percorsi informativi virtuali o fisici. I nostri polpastrelli che corrono lungo la rete e fanno il giro del mondo.

Oggi il vero cuore del mondo non sono i computer, ma la rete che li collega e permette la condivisione delle informazioni.
La rete oggi strumento di collegamento è avviata a diventare il vero elaboratore globale.
Governarla sarà una delle sfide future.

venerdì 19 novembre 2010

La Merenda

Tornavo da scuola e, presto o tardi che fosse, divoravo il pranzo con la fretta di oggi. Ero affamato come se da settimane non toccassi cibo.
La pastasciutta era sempre quella, per far piacere a mio padre  ma, il secondo variava a sufficienza.
Era un piacere mangiare e crescere.

Nei miei pomeriggi, da scolaro, pensavo a giocare. La cartella rimaneva nell’angolo dove la gettavo appena tornato da casa. Era una cartella in cuoio, con le due chiusure laterali a scatto e il manico sulla sommità. C’era spazio dentro per il sussidiario, il libro di lettura , l’astuccio per le penne, diario e quaderni. Il peso non è mai stato un problema. Di sicuro ricordo di averla trattata male.
Finito di giocare, ritornavo in cucina, riaprivo i libri e mi mettevo a “fare le lezioni”.  Mi piaceva essere preparato il giorno successivo davanti alla maestra.

Non c’era, in quei pomeriggi, la tentazione della televisione. In casa non arrivavano i giornali, passavo molto tempo a leggere i libri per ragazzi che i miei mi regalavano.
Stavo seduto a leggere un po’ dovunque, per terra, sugli scalini mai nelle sedie.
I programmi tv cominciavano intorno alle diciassette con la “tv dei ragazzi”.
Tutto era permesso fino a Carosello, poi si andava  a letto.

A metà pomeriggio, era consuetudine la merenda,  di solito un panino divorato con rinnovato appetito. 
Di rado mia madre mi preparava “l’uovo sbattuto”, con zucchero e un goccio di crema marsala.
Lo divoravo intingendoci il pane o direttamente con il cucchiaino.

Crescendo, mia madre lo preparò sempre più raramente. Diceva che era “pesante”.
Ogni tanto ci penso e a dire la verità, lo riassaggerei.

giovedì 18 novembre 2010

Pit Stop

Fossi una formula uno, direi di aver bisogno di un pit stop, di un cambio gomme, un pò perchè già usurate ma soprattutto perchè  la strada sembra diventata scivolosa  a causa del ghiaccio.
Dal ritorno delle vacanze è stata tutta una tirata sul lavoro.
Cosciente o no, sono rientrato nei soliti ritmi, via via sempre più serrati, con situazioni sempre al limite, dove il minimo errore può provocare un' uscita di strada.
Gli errori o gli imprevisti non  sono più permessi, tutto diventa critico e intoccabile e sul pur minimo cambiamento sono richieste garanzie impossibili.
Dovessi trovare un'analogia con i recenti fatti avvenuti in Ferrari, molto dipende dalle decisioni di scuderia, ma molto più spesso dalle decisioni non prese.
Mi verrebbe da dire che se non si tocca niente non succede niente, al limite si rischia di invecchiare nella noia.
Così serve un fine settimana lungo, a pensare ai fatti miei, a fare il "cambio gomme" recuperando un pò di energie e dimenticando per un pò l'aria sempre più irrespirabile del lavoro.
Soprattutto serve riprendere le giuste misure con il lavoro, per l'importanza che ha, ma anche per quella che non deve avere.
Non è più una sicurezza, oramai questo è assodato, ma l'incertezza non deve minare le poche certezze rimaste.

mercoledì 17 novembre 2010

Parole perse

Succede troppo di frequente nel corso di una discussione o di una riunione, di parlare e nel contempo non ricordare più i presupposti del mio ragionamento. Come se quello che pensavo due secondi prima si fosse cancellato, volatilizzato.
Come se fossi inseguito da una gomma da cancellare che corre più veloce dei miei pensieri e delle mie parole.

In altre occasioni, perdo il filo di un discorso, come se il mio pensiero fosse sfuggito alla memoria prima ancora di entrarci. Provo lo stesso sgomento e smarrimento del bimbo a cui sfila via di mano il palloncino.

lunedì 15 novembre 2010

Lo dico o non lo dico ?

Nei pressi della piazza del paese diedi un lieve colpo al freno della macchina. In questa maniera il Cruise Control che aveva mantenuto costante la velocità fino a quel momento, si mise da parte e la macchina cominciò a rallentare. Dai settanta all'ora passai in breve spazio alla velocità canonica di cinquanta, dopotutto stavo entrando in un centro abitato. Non avevo nessuna fretta di tornare a casa e attraversare quella piazza rotonda e illuminata mi fa sempre un certo effetto.
Ci passo quasi tutti i giorni, al mattino e alla sera. Spesso, ammirando il porticato che la delimita, mi ritornano alla mente certi racconti di mio padre che narrava di quando, da ragazzo, veniva spesso a vedere le corse in bici che si organizzavano all'interno di quella piazza. Ricordava di averci visto anche Toni Bevilacqua, un ciclista professionista della zona, famoso per aver vinto una Parigi Rubaix.
Fatico a immaginare la pista polverosa di quei tempi e i ciclisti  girare, sprintando per chissà quali premi.
Un ricordo diventato indelebile.
Stasera non erano questi i ricordi, altri pensieri "giravano" per la mia testa. La radio era spenta e l'attenzione che ponevo nella guida e nella strada era appena sufficiente. Il traffico era quasi inesistente.
Di colpo aguzzai la vista. Proprio nel mezzo della piazza, una paletta mi stava facendo il segno inequivocabile di fermarmi. I carabinieri avevano avuto la bella idea di fare dei controlli proprio là in mezzo. Una stranezza, posso dire, visto che ricordo tutti i posti gettonati da polizia e carabinieri, che spesso pattugliano quelle strade. Là in piazza non li avevo mai trovati.
Appena fermato, il militare cortesemente mi chiese :
"Buonasera, prego favorisca patente e libretto".

In questi frangenti i due documenti diventano spesso introvabili, un pò per l'agitazione che prende, un pò per il disordine che spesso regna nei cassetti delle auto e nel portafoglio. Ma mentre cercavo le due carte, realizzai che la patente non aveva la scadenza aggiornata. In effetti il bollino di validità, che avevo appiccicato, riportava ancora la vecchia scadenza del 15 Ottobre 2010 e il nuovo non è ancora arrivato. Con me non avevo il documento temporaneo di validità, ottenuto recentemente e custodito a casa, ordinatamente, dentro a una cartellina.

"Ho la patente scaduta. Dovrò raccontare che il documento è a casa. Mi chiederanno di  presentarmi in caserma al più presto, ammesso che non mi facciano la multa", pensai mentre recuperavo ciò che mi era stato chiesto.

"Glielo dico o non glielo dico?" mi chiesi.
"Lascio che se accorgano", decisi, convinto di non poter essere arrestato per falsa testimonianza.

Trovati i documenti li consegnai sicuro, senza  tradire il pur minimo turbamento.
Il carabiniere ringraziò e allontanatosi, raggiunse il collega, forse per annotare i miei dati.
"Ora se ne accorgono ", pensai, con lo stato d'animo di un ladro.
Quando, finito il controllo, l'appuntato ritornò verso di me, ero pronto a giustificarmi e spiegare il mio "caso umano".

"Grazie signor....., e buona serata", disse il militare porgendomi il tutto.
"Grazie e buona serata pure a lei", risposi gentile, tirando un sospiro di sollievo.

Il buio mi aveva aiutato ? O avevano chiuso un occhio ? Chissà....

Vivere con un modem

Le prime due settimane  avevano evidenziato alcune incomprensioni. Io non conoscevo lui, lui non conosceva me. Il primo scarico dati non era andato a buon fine e ho dovuto eseguirlo manualmente.

Da 10 giorni a questa parte invece tutto procede per il meglio.
Gli ultimi due scarichi di lunedi 8 Novembre e di stamattina sono andati via lisci. Non me ne sono accorto. Il prossimo è previsto lunedì prossimo.
Entro venerdì qualcuno darà un occhio ai dati e nel caso chiamerà.
Ieri ho corso un’ora senza Cardiofrequenzimentro e senza preoccuparmi di niente, ma senza strafare. Correvo.
Il cuore andava che era una meraviglia.

Dovrei farlo con più continuità, vivrei sicuramente meglio.

domenica 14 novembre 2010

Inter - Milan 0 : 1

Si tratta del solito goal dell'ex.
Il problema sta tutto là

Dal sito "noisefromamerika"

Il giorno 21 settembre 2010 il deputato Antonio Borghesi dell'Italia dei Valori ha proposto l'abolizione del vitalizio che spetta ai parlamentari dopo solo 5 anni di legislatura in quanto affermava cha tale trattamento risultava iniquo rispetto a quello previsto dai lavoratori che devono versare parecchi più anni di contributi per maturare il diritto alla pensione.
Indovinate un po' come è andata a finire:
Presenti 525
Votanti 520
Astenuti 5
Maggioranza 261
Hanno votato sì 22
Hanno votato no 498.


Versione Originale

La maratona di Torino

Dei maratoneti Italiani se ne era persa ormai traccia. Dietro a  Baldini il nulla.
Tra i vecchi italiani, oggi nonostante la folta schiera di africani, ha vinto il meno vecchio : Ruggero Pertile con il tempo di 2h 10' 58'', migliore prestazione italiana del 2010. (e questo la dice lunga)
Ruggero Pertile abita dalla  mie parti, ho avuto modo di incrociarlo in qualche gara. Di lui ricordo una vittoria  alla Maratona di Roma nel 2004 e la mancata medaglia di bronzo agli Europei per colpa dei crampi.
Quindi un qualche credito con la sorte l'aveva e la vittoria di oggi, in parte lo ripaga di molte altre occasioni perdute. 
Questo non risolleva le sorti del movimento di Maratona Italiana, ma distrae e illude per un pò. Il problema del ricambio generazionale rimane e il futuro ancora non si intravede.
La maratona di Torino sembrava dominata dagli atleti africani, come è avvenuto alla maratona di Venezia di tre settimane fa. 
Quest'ultimi, correvano come a Venezia con la stessa maglia, pur non essendo gli stessi. Ho avuto la sensazione che questi atleti più che iscritti a una squadra di atletica appartengano a una scuderia, alla stregua dei cavalli che corrono negli ippodromi.
Sono tutti uguali, non si capisce da dove arrivino e quale nazione rappresentino.
Sembra di assistere a una partita tra due squadre con la stessa maglia. Sospetto che pure il risultato, Pertile permettendo, fosse in qualche maniera già stato definito a tavolino.
Una volta per ciascuno tra i più forti e gli altri nel frattempo fanno le lepri in attesa del loro turno.

Il 28 Novembre si corre la Maratona di Firenze. Occhio alle maglie.

IPOD Playlist

..... e con l'andar del tempo
ho anche imparato
che non serve esser sempre perfetti
che di te amo anche i difetti
che mi piace svegliarmi
la mattina al tuo fianco
che di fare l'amore con te
non mi stanco
che ci vuole anche del tempo
ma lo scopo e' conoscersi dentro.  



Eugenio Finardi - Non è nel cuore




....E da qui....e da qui...
qui non arrivano "gli ordini"...
a insegnarti la strada buona...
E da qui....e da qui....
Qui non arrivano gli angeli !!


Vasco  -  Gli angeli

Parametri Macchina

Pressione Minima    :   51
Pressione Massima  : 118

Frequenza cardiaca a riposo  : 55

Gli ultimi esami del sangue sono un peggio di quelli di Giugno

La Glicemia è un fuori  111
L' Omocisteina è a livello 14,5, un cresciuto rispetto al valore 10 di Giugno
Il valore del colesterolo è totale è un più alto 150 (prima era 120)

Peso un di più: Ho messo su un paio di chili, in più ma soprattutto inutili.
Di un di tutto, un pò.


Nell'ipotetico ospedale narrato nel racconto di Buzzati, "Sette Piani", non mi prenderebbero nemmeno al settimo piano, quello in cui vengono ricoverati i pazienti "sani", per accertamenti dettati dall'eccesso di scrupolo.
Nel mio caso non servono i medici, basta solo un di amore.

venerdì 12 novembre 2010

L'evoluzione della specie

Il navigatore è un'invenzione abbastanza recente, ma l'idea non è nuova.
Quando ero ragazzino mio padre mi portava con se quando doveva andare in un posto che non conosceva.
Mi diceva : “ Vieni con me così mi aiuti a trovare il posto e a tornare indietro”.
Io lo accompagnavo, consultando al suo fianco la carta stradale e allo stesso tempo facevo attenzione  alle poche indicazioni stradali, cercando di memorizzare, tra l'altro, la strada per il ritorno. Lui era tutto preso dalla guida, dai segnali stradali nonché dalle strade strette e tortuose di quegli anni. Siamo sempre arrivati per tempo e tornati a casa sani e salvi anche perché si partiva molto per tempo, temendo di sbagliare strada o di rimanere bloccati da un guasto alla macchina.
Mio padre già, a quei tempi, aveva pensato al navigatore : un figlio che guardava la carta stradale e cercava di capire dov’era guardandosi intorno, con il compito di fornirgli le indicazioni utili sulla strada da prendere.
Di satelliti a girare nel cielo per assistere i viaggiatori della terra, nemmeno l'ombra. Le stelle erano l'unico riferimento come migliaia di anni fa.

Ho resistito alla tentazione del Navigatore satellitare per svariati anni. Ero convinto che i miei viaggi, quotidiani, ripetitivi e noiosi non avevano bisogno del satellite. Se dovevo andare a Milano prendevo il treno, per destinazioni più lontane c'era l'aereo e quelle poche volte che viaggiavo in auto,  per terre sconosciute durante le vacanze, non mi spaventava la possibilità di perdermi.
Finché una mattina aggirandomi tra gli svincoli che collegano il passante di Mestre con l'autostrada A27 mi sono ritrovato, un po' per distrazione e un po' per stanchezza, a riciclare più volte tra i caselli di Venezia Est e Venezia Nord come se fossi entrato in orbita. Quando ne uscii decisi di dotarmi dell'assistente di viaggio, di qualcuno che mi accompagnasse tra svincoli e strade sconosciute. Non ero più il navigatore di una volta. Gli anni passano per tutti.

Così di li a pochi giorni iniziò la nuova era. Usavo il navigatore anche per andare a prendere il latte. Ne apprezzavo la capacità di prevedere l'ora di arrivo ma soprattutto quella di puntare sempre verso la meta richiesta anche in caso di deviazioni e soste impreviste. Gira che ti rigira mi portava sempre dove volevo.
Mai più ansia da ritardo, facevo meno attenzione ai cartelli e alla segnaletica. Tutto ciò era un toccasana per me che, nonostante la perdita di vista dovuta all'età, resisto a non voler mettere gli occhiali. Più di una volta ho girato ripetutamente intorno a un rotonda non riuscendo a leggere i cartelli al primo passaggio. Con il Navigatore il problema (degli occhiali) era risolto.

"Entrare nella rotonda e prendere la seconda  a destra" , che altro non significa : "Tira dritto !", è solita dire gentilmente, la voce che esce dal minuscolo schermo appeso al parabrezza..

Nulla spaventa il mio assistente. Non esistono per lui strade sconosciute e spesso mi  diverto a deviare per strade a caso per saggiarne le doti di orientamento. Niente, non perde mai la testa e trova sempre il percorso più adeguato, ritrattando anche scelte già fatte. Un' aiutante veramente all'altezza.
L'unico punto debole sono le mappe memorizzate che, nonostante l'aggiornamento, non riportano mai le più recenti opere stradali. In caso di "smarrimento", in ogni caso, appena ci si ritrova in una strada conosciuta  lui riprende saldamente il timone.

Inesorabilmente però, si sta approssimando la nuova generazione dei Navigatori : quelli sempre connessi a Internet che minimizzeranno il problema degli aggiornamenti delle mappe, potendo sempre accedere alla versione più aggiornata. Molti di loro si baseranno su Google Maps : l'Iphone di Apple è stato uno dei primi.

E, sensibile come sono alle nuove tecnologie, con l'acquisto del nuovo smartphone, un Galaxy Tab, tra i nuovi software preinstallati ho trovato anche al versione Beta del navigatore di Google. La specifica Beta nell'informatica caratterizza un software ancora in via di completamento o in fase avanzata di test, per giustificarne eventuali comportamenti non conformi alle aspettative.

Incurante della qualifica Beta, due sere fà, all'uscita del lavoro, ho voluto metterlo alla prova. Così, impostato l'indirizzo di casa, dopo pochi secondi una voce femminile ha cominciato a indicarmi la strada da prendere.
Purtroppo ben presto ho realizzato che, ciò che pensava la signorina non combaciava con ciò che pensavo io e così appena la mia strada non ha coinciso più con le sue indicazione sono cominciate le prime incomprensioni.

"Tra 100 metri girare a destra e invertire il senso di marcia",  continuava a ripetermi la signorina, all'approssimarsi di una qualsiasi via laterale. Voleva a tutti costi che seguissi le sue indicazioni.
Non se ne faceva una ragione, anche al passare dei km, come un normale Navigatore. Niente, non si smuoveva di un millimetro.

La cosa continuò per parecchi chilometri, e nonostante mi approssimassi a casa sempre più, la signorina non cambiava idea invitandomi con la stessa cadenza e insistenza a ritornare su i miei passi.
A pochi chilometri da casa la voce sintetica del Navigatore, smise di parlarmi, " Forse è sfinita", pensai guardando lo schermo nero del palmare.  Pure  lui, però, non dava più segni di vita.
Quel continuo, ossessivo tentativo di riportarmi sulla corretta via lo aveva prosciugato di ogni energia residua.
La nuova generazione, pur potendo far tesoro delle esperienze precedenti non sembra migliore, anzi sta ripercorrendo errori conosciuti, come se fosse destino dover sbagliare sulle solite cose.
Questo succede per i navigatori, come per  i figli e in generale per le persone.
Nascere imparati è un lusso che non è permesso a nessuno.

giovedì 11 novembre 2010

Il tempo delle oche

San Martino non porta di certo bene alle oche che vivono dalle mie parti.
A San Martino e nei giorni che gli stanno appresso è ormai tradizione mangiare l'oca.

Il povero animale era passato indenne tra le varie feste dell'anno. Il Natale è fatale ai tacchini mentre la Pasqua è il periodo pericoloso per gli agnelli, chi di questi animali supera quei giorni difficili, ha  spesso l'opportunità di godersi ancora la vita.
L'oca invece pur finendo di tanto in tanto in pentola, come tutti gli animali da cortile, un pò per la sua carne particolare, un pò grassa, non aveva fino a qualche tempo fa solleticato l'appetito delle grandi masse.
I miei ricordi relativi alle oche sono legati più che alle loro carni, alle loro piume. Nelle case di campagna di un tempo, le oche erano allevate perchè, raccogliendo pazientemente il piumaggio del loro petto, si potevano confezionare dei caldi piumini per l'inverno.
Le case di un tempo non avevano il riscaldamento di oggi, gli inverni erano sicuramente più rigidi e le "colsare", come si chiamavano nella campagna veneziana i piumini, erano molto usate, ma soprattutto necessarie.

Le nonne raccoglievano piume, in continuazione e la produzione di "colsare", riguardava figli e nipoti.
Le "colsare" di allora erano tutt'altra cosa rispetto ai piumini di oggi, pressati e compatti, avevano la forma di enormi cuscinoni soffici e in cui io da piccolo amavo sprofondare fino a sparirci dentro.
I letti invernali di un tempo erano altissimi e soffici.
Non escludo che ancora oggi qualcuno continui a scaldare le fredde notti, durante la cattiva stagione, con la "colsara" della nonna.
Quindi le oche, grazie al loro piumaggio, riuscivano a vivere una vita relativamente tranquilla, a parte i momenti dello spiumaggio, che non doveva essere per loro una passeggiata, ricordano i modi spicci delle donne di campagna. Tutto questo non garantiva comunque a loro la pensione, purtroppo, visto che un tempo non si buttava via nulla, anche un'oca stagionata faceva, alla fine, un figurone in tavola.

Però da qualche anno a questa parte, il mangiare l'oca  a San Martino è diventato usuale, rispolverando vecchie tradizioni che con il tempo erano andate perdute.

L'accostamento dell'oca a San Martino non è casuale, infatti la raffigurazione più frequente del Santo rievoca l'episodio del mantello, ma a volte, San Martino è rappresentato con un'oca: il motivo è da ricercarsi in una leggenda secondo la quale, quando a  furor di popolo Martino fu acclamato vescovo di Tours, poiché non si riteneva degno di un così grande onore, fuggì in campagna, e si nascose nella stalla di un casolare, ma la stalla era piena di oche che con il loro starnazzare svelarono il nascondiglio di Martino alla gente che lo stava cercando.

Si narra inoltre che nelle campagne del veneziano era usanza chiudere l'anno agricolo mangiando l'oca a San Martino.

Certo è che in questo periodo attorno alla povera oca stanno fiorendo iniziative di ogni tipo che non sempre, fortunatamente per l'oca,  hanno come fine ultimo l'oca arrosto.
Si organizzano competizioni quali : la corsa delle oche , gara competitiva tra oche in un paese poco distante e il Gioco dell'Oca nella piazza del paese.
Quest'ultimo evento altro non è che un gigantesco Gioco dell'Oca, con personaggi in costume di epoca indefinita, dove i vari quartieri del paese si sfidano per vincere il Palio cittadino, cimentandosi lungo le 63 caselle tradizionali, in prove del tutto simili a quelle di "giochi senza frontiere".
L'idea, originale  ma non troppo, attira in piazza centinaia di persone che per assistere allo spettacolo sono disposte a pagare un biglietto non proprio a buon mercato.
All'esterno della gara fioriscono iniziative di vario tipo: una mostra delle varie razze di oche e altri animali, mini spettacoli con danze e canti e giochi di un tempo per grandi e piccoli.
Ma le iniziative più pericolose per il povero animale, sono i pranzi ormai molto diffusi in cui si mangia l'oca preparata secondo le più svariate ricette. Ripieni, arrosti e sughi si sprecano. Negozi e rosticcerie si dedicano, in questi giorni, quasi in modo esclusivo alle oche e ai piatti derivati.
Insomma l'oca è diventata un affare per molti e per tutti un motivo in più per far festa.
Le oche francesi dovranno trovare altri paesi dove emigrare, dalle mie parti tirano, per loro, brutte arie.

mercoledì 10 novembre 2010

Lecce - Inter 1 : 1

Potremmo filosofeggiare sui numeri della classifica su goal subiti e goal fatti.
La realtà è che così non và.
Primo goal di Milito, questa sì che è una buona notizia.
La formazione mi ricordava quelle delle partite di precampionato contro le squadre di montanari organizzate durante l'estate.
Domenica si vince e si aggancia il Milan.

La Lazio ha già finito la benzina.

Cosa avranno letto ? - Secondo atto

Stamattina di buon mattino ero nella sala d'aspetto di Medicina dello Sport.
Il colloquio della settimana scorsa con la dottoressa e il  : " Bene .... anzi, abbastanza bene" , non aveva lasciato traccia. Ero comunque curioso di conoscere il responso dell'esame Holter.

Dopo un'attesa di pochi minuti, sono stato chiamato in ambulatorio. Avevo con me la documentazione necessaria. Oggi tutti i documenti oramai necessitano di due cartelline che, per non dimenticare nulla, porto con me quando serve.

"Tutto bene " , mi sono sentito dire dalla dottoressa, "ci sono stati solo due momenti in cui si sono verificate delle extrasistoli , ma non è successo niente".
"La sua frequenza massima è stata di 119 battiti".
"Ora per poterla indirizzare nell'allenamento avrei bisogno dei parametri di funzionamento del suo ICD, io non ne so molto di ICD e non vorrei che le arrivasse una scarica mentre sta correndo".

Un pò sorpreso dalla richiesta risposi :

"Dottoressa, io non conosco la configurazione del mio ICD e quali possono essere le soglie sopra le quali si attiva la scarica, in ogni caso una volta sono arrivato a 168 battiti e non è successo niente. Probabilmente ci devono essere più cause correlate per attivarlo. Comunque non ne so niente".

Realizzai così che non erano stati molti coloro che si erano rivolti al centro con la richiesta di correre la maratona dopo un infarto, un arresto cardiaco, accompagnadosi con un defibrillatore e convivendo con un modem.

Non sapendo che dire, la dottoressa mi disse con un tono misto tra la domanda e l'affermazione :

"Niente attività agonistica !?"

"No, Dottoressa, nessuna attività agonistica. Vorrei solo conoscere fino a quali frequenze mi posso spingere durante la corsa. 115 mi sembra un valore molto basso ", dissi cercando di rassicurarla, vedendola in difficoltà e un pò timorosa, non sapendo se prendersi una simile responsabiltà.

Un pò meno titubante concluse la visita dicendo :

"Mi prendo un altro pò di tempo. Richiederò i parametri dell'ICD ai miei colleghi e le farò sapere. Le telefono quanto prima",

Uscendo pensavo alla scarica come fosse un qualcosa che non mi riguardasse.

martedì 9 novembre 2010

IPOD Playlist

Potrei ma non voglio fidarmi di te
io non ti conosco e in fondo non c'e'
in quello che dici qualcosa che pensi
sei solo la copia di mille riassunti
Leggera leggera si bagna la fiamma,
rimane la cera e non ci sei più...

Samuele Bersani - Giudizi Universali

L'estate di San Martino

Qualche anno fa, quando c'erano ancora le nebbie, passavo i sabato mattina a casa da solo. Mia moglie lavorava, mio figlio era a scuola. La prima perte della mattinata era dedicata a qualche commissione, poi verso le dieci, indossati i panni da "runner" partivo per un "lungo", un allenamento di venti o più chilometri allo scopo di allenare la resistenza allo corsa prolungata. Me ne stavo fuori un paio d'ore a correre tra le strade di campagna delle mie zone, spingendomi qualche volta fino alla Riviera del Brenta, famosa per le sue ville venete. Il paesaggio tra natura e architettura era vario e piacevole.
La corsa mi veniva facile e non avvertendo nessuna fatica potevo guardarmi intorno come se stessi viaggiando in macchina facendo attenzione ai particolari e ai piccoli eventi che incontravo strada facendo.
Il ritmo era spesso scandito dalla radio che mi acccompagnava in queste lunghe sgroppate mattutine.
In novembre era abbastanza normale ritrovarsi a correre fra la nebbia o il freddo di una gelata. I primi minuti erano sempre un pò difficili.

Non portavo mai con me ne i guanti ne il berretto di lana sapendo che dopo 10 o 15 minuti, una volta scaldatomi,  mi sarebbero stati di impiccio. Per questa ragione però passavo il periodo iniziale con orecchie e le mani gelate che sembravano dovessero sgretolarsi da un momento all'altro.
Poi pian piano il senso di gelo spariva lentamente, le mani e il viso si rianimavano di un calore sempre più forte, ritornando a muoversi normalmente, insensibili al gelo che fino a poco prima le teneva bloccate.
Da quel momento in poi tutto diventava piacevole. Come un diesel alla giusta temperatura mantenevo il ritmo che controllavo spesso  lungo il percorso verificando i tempi di passaggio davanti ai  riferiemnti che, numerosi, mi ero creato lungo il percorso.

Niente era stato misurato, ma ricordavo perfettamente i tempi di passaggio su un ponte o davanti a una casa colonica o girando attorno a un  capitello. Tutto molto naif ma molto efficace in quanto sapevo benissimo quando stavo andando forte o quando invece ero imballato. Non tutti i giorni erano uguali e se cominciavano male difficilmente si raddrizzavano. Comunque anche quando andavo da schifo, mettevo il motore al minimo e continuavo senza fretta ascoltando rilassato la musica.

Il percorso, per la prima parte, si snodava lungo una stradina bianca, immersa nei campi  con poche case. Poi per qualche chilometro lungo una strada asfaltata raggiungevo l'argine di un canale che dritto dritto mi portava verso la Riviera del Brenta. La strada di ritorno era spesso la stessa, altre volte una deviazione mi portava in paese dove attraversavo il bellissimo parco per poi arrivare a casa passando vicino agli impianti sportivi, dove  ero solito svolgere gli allenamenti veloci su un percorso misurato, lungo poco più di un chilometro.

In quelle mattine di Novembre la nebbia rimaneva bassa a volte fino a mezzogiorno, più raramente per tutta la giornata. La mancanza di un orizzonte, rendeva la nebbia una sorta di liquido entro cui "nuotare" e questo era in qualche modo confermato dalle migliaia di goccioline microscipiche che sentivo infrangersi sul viso.
Quando il sole riusciva a filtrare, la luce diffusa illuminava i campi in maniera irreale e il tepore si avvertiva immediatamente. Il calore sembrava a volte fuori stagione e il giorno iniziato con il freddo e il grigiore della nebbia diventava improvvisamente luminoso e quasi primaverile.

La velocità del ritorno dipendeva da come avevo percorso i primi 10 o 15 km. Un ritmo sostenuto portava a un viaggio di ritorno più rilassato, caratterizzato da un certo appagamento e compiacimento.

La corsa terminava, qualunque fosse stato il percorso, sempre nello stesso punto, a cento metri da casa. Là mi fermavo, bloccavo il cronometro e cominciavo a camminare: Il cuore velocemente tornava sotto i 100 battiti al minuto.
Ero pervaso da una sensazione di rilassamento totale, aprivo il cancello entrando a casa, che di solito mancava poco a mezzodì.
Mi sedevo sulla soglia di casa e guardavo i campi di fronte a me. Si erano appena liberati dalla brina della notte e la nebbia si era  dissolta forse solo per poche ore.
Ho un ricordo bellissimo di quelle mattinate e non le potrò mai dimenticare.

Processo Aziendale


Un giorno vedi delle persone intente ad ammucchiare tutte le foglie secche cadute dagli alberi in questo autunno piovoso oltremisura.

In breve tempo le foglie spariscono.

L’erba torna verde, “immacolata”, come nuova e di primavera.
Solo la luce sbiadita del giorno autunnale dipinge ombre più lunghe smorzando il verde brillante.

Il giorno successivo, l’erba non è più la stessa, la notte e il tempo hanno demolito le foglie più deboli facendole cadere.
Persone armate di rastrello pettinano gli alberi più alti facendo cadere le foglie già secche  e sfinite.
L’erba comincia a riprendere un aspetto autunnale, il verde si macchia del colore delle foglie morte.

Passa ancora una notte e le persone che il giorno prima curavano le piante di alto fusto le vedi alle prese con i cespugli,  come in una lotta li scuotono spogliandoli pure loro delle foglie secche.

Ora il prato è di nuovo pronto per il vento della ramazza a motore
Con il nuovo giorno ritornano i rumori dei motori a spingere e ammucchiare foglie soffiandoci sopra.

Così, fino alla fine delle foglie.

domenica 7 novembre 2010

Inter - Brescia 1 : 1

Prima o poi bisognava tornare a parlare di Inter.
In un certo senso "Bisogna saper perdere" e la partita di ieri, anche se finita in pareggio suona come una sconfitta .
Come al solito Eto'o tiene a galla una squadra per metà infortunata e per l'altra metà fuori forma.
Il bollettino medico di ieri sera : Samuel perduto per tutta la stagione, Maicon fuori per stiramento.
Rigore su Eto'o
Dai fuori forma non pervengono buone notizie. Nessun segno particolare da parte di Milito, Sneijder e gli altri.

In ogni caso, in tutto questo marasma un punto è stato rosicchiato alla Lazio. Intanto il Milan è ritornato davanti dopo la botta contro la Juve. Lazio, Milan, Inter, Juve tutte la nel giro di 4 punti, anche se penso che valga la pena fare la gara sul Milan che si sta approssimando al derby da favorito.
Vedremo la Lazio come reagirà allo stop impostogli dalla Roma, potrebbe anche rallentare la corsa.
Leggendo la classifica l'Inter è ancora la squadra che prende meno goal (5) ma che non è più la macchina da guerra di in anno fa in attacco. I dodici goal sono ampiamente superati da Juve (21) e Milan (17).

Quindi motivi per disperarsi ce ne sono parecchi (infortunati e pochezza dell'attacco) ma rimangono ancora delle  flebili speranze (i pochi goal subiti e la forma in arrivo ),
Dove sarebbe oggi l'inter senza i goal di Eto'o, ma soprattutto in che acque tempestose sarebbe oggi Benitez ?

Android.... forse

Da qualche giorno mi sta ronzando nella mente di prendermi un Tablet di nuova generazione . Formato IPad tanto per capirci.
Ma mentre il mondo sembra attirato dalle migliaia di Apps che Apple distribuisce per Iphone e Ipad io ho deciso di dedicarmi al meno noto Android, che sempre più successo sta riscuotendo sui nuovi Smartphone e Tablet.

La sua caratteristica di essere un sistema aperto, me lo fa preferire al blindato iOS 4 di Apple, a prescindere dalle  funzionalità specifiche. Oggi lo stanno adottando molti dei maggiori produttori di cellulari e smartphone e tra non molto anche Apple dovrà fare i conti con lui.

Quindi da qualche giorno sto pensando di comprarmi il nuovo Samsung Galaxy Tab P100.
Mi sto documentando, cercando recensioni su internet che confortino la mia decisione di investire in questo aggeggio qualche centinaio di euro. Il mio interesse sta tra la curiosità e la necessità professionale di approfondire le nuove tecnologie.
Insomma una scusa la devo pur trovare !

Quindi stasera sono andato in un negozio Vodafone per verificare l'offerta in abbonamento.
Il giocattolo viene via per 29 Euro al mese, con traffico internet illimitato. Per avere anche la possibilità di usarlo come telefono bisogna aggiungere 5 euro di tassa governativa al mese che possono essere scontati portando una Sim di un'altro operatore.

Fatti un pò di conti ho deciso di prenderlo. Penso di essere stato il primo per quel negozio, tanto che hanno pensato di vendermi il modello esposto in vetrina.
Attivare un contratto di questo tipo richiede documenti di identità e naturalmente la carta di credito.

E' successo che, proprio al momento di memorizzare il numero della mia carta di credito, i sistemi Vodafone hanno smesso di funzionare. Nulla più rispondeva a dovere o in tempi umani.
Il commesso impegnato nell'impresa ha provato più volte, cambiando terminale, spostandosi pure di stanza, senza il minimo risultato.
Dispiaciuto, dopo quasi un'ora di tentativi, scusandosi, mi a chiesto di tornare un  altro giorno.
La cosa mi ha fatto riflettere : coincidenza o consiglio, proveniente da chissà dove, di lasciar perdere ?

Cinquantatre anni fa

venerdì 5 novembre 2010

Cloud Computing

Come in un ufficio meteorologico le nubi sono spesso, di questi tempi, nella bocca degli informatici.
Nubi di ogni tipo, situate dovunque e in nessun luogo, dematerializzate, di cui non ci è dato di conoscere forme e consistenza. Ma dicono, e in parte concordo, che saranno il futuro.
Io stento a credere, a sentirne parlare, che siano fatte di computer !
"Cosa significa mettere dei sistemi server nella nube?", mi è stato chiesto.
Presto fatto, se fanno al caso nostro, ne compro una novantina....

Sono così andato, si fa per dire, nella vetrina virtuale del negozio di nubi più famoso del mondo e là ho cominciato a guardare prodotti e listino prezzi.
L'offerta mi è sembrata molto completa, più che sufficiente per le mie esigenze di oggi : server di taglia micro, small , large e extra large. Una vasta gamma di taglie per tutte le esigenze e tutte le tasche. Come fossi in un Outlet a caccia di vestiti per tutta la famiglia !

Così, incoraggiato da una offerta così completa, ho cominciato a comprare i server che mi ero ripromesso. Ho preso un po' di Small, un po' di Large e anche un piccolo numero di Extra Large equipaggiati con Windows e Linux.
Avevo trovato tutto ciò che mi serviva e la cosa mi faceva molto piacere, stavo entrando, forse tra i primi, nella nube e nel futuro.
Come in ogni supermercato che si rispetti alla fine sono passato alla cassa per pagare.
Completato il carrello con qualche altro accessorio, ho chiesto il conto : Novanta server, mi serviranno per tre anni, me li consegni in Irlanda. Grazie.

Il conto è apparso in un istante.
Per la modica cifra di 100.000 euro di l'attivazione e un canone mensile di 11.000 per i prossimi tre anni, tutto il ben di dio che avevo scelto poteva essere a mia disposizione in pochi minuti.
In poche parole, novanta server in tre anni, mi sarebbero costati circa 500.000 euro, ovvero 1800 euro all'anno ciascuno. Prezzi che mi sono sembrati più da Boutique che da Outlet.

Così ho fatto la controprova. E se gli stessi server invece che comprarli tra le nuvole continuassi a comprarli sulla terra, mettendoli assieme agli altri nella solita sala server distante appena 5 Km ?

Il conto in questo caso doveva prevedere oltre ai costi dell'hardware, anche il costo dell'energia utile al funzionamento e al condizionamento.

Per il conto ci è voluto un po' di più ma, con mia enorme sorpresa, ho notato che i costi iniziali coincidevano con i costi dei server nella nube mentre i canoni mensili si riducevano a soli 2200 euro.

Allora mi sono detto : “ Vuoi vedere che i computer sulla nube sono uguali ai computer sulla terra ?”

E' proprio vero, a seguire la moda e la pubblicità si prendono sempre delle fregature!

giovedì 4 novembre 2010

Bella !

Giovinezza
Giovinezza, Giovinezza,
Primavera di bellezza :
nel fascismo è la salvezza 
della nostra libertà


Bella Ciao
E' questo il fiore del partigiano,
o bella ciao ! bella ciao !
bella ciao,ciao,ciao !
E' questo il fiore del
partigiano morto per la
libertà !


Le polemiche di questi giorni, sono servite a me per conoscere la storia di "Giovinezza".
Non si finisce mai di imparare !
Conoscevo Bella Ciao! e le sue origini.
E' singolare come si volesse spacciare Giovinezza, per l'inno alla vita della goliardia toscana di inizio Novecento, non come inno fascista. Si diciamo proprio "singolare".

Da un in'intervista a Nicola Tranfaglia (Storico e Responsabile Dipartimento Cultura per IDV) oggi su La Repubblica

'Cosa distingue "Bella Ciao" da "Giovinezza" ?'
Ridurre alla stessa cosa la canzone della lotta per la libertà a quella dell'oppressione fascista è impressionante :
questo è il ritratto di chi non sa distinguere la luce e le tenebre, tra i movimenti di riscatto e quelli di soggezione e di schiavitù del nostro popolo"

"E' revisionismo o qualcos'altro?"
Non è soltanto revisionismo, ci vedo la volontà di disperdere la memoria, il tentativo di sottrarre significato a ciò che di tragico ci è accaduto.

Scrive oggi Massimo Gramellini su La Stampa 

Giovinezza ciao
Davvero fosforica l’idea concepita dal Festival di Sanremo per i 150 anni dell’Italia unita: eseguire sul palco «Bella ciao» e «Giovinezza», rispettivamente colonna sonora della Resistenza e dei pestaggi squadristi. Erano italiani anche quelli, no? Come l’olio d’oliva e l'olio di ricino, la Costituzione e le leggi razziali. Ah, le forzature della par condicio! Perché le due canzoni non sono proprio la stessa cosa. «Bella ciao» è la torva nenia dei partigiani rossi ed evoca cosacchi a San Pietro e santori ad Annozero. Invece «Giovinezza» trasuda ottimismo spensierato: ti mette subito voglia di afferrare un manganello e scendere in strada a sgranchirti un po’. Come dite, organizzatori del Festival dell’Ipocrisia? «Giovinezza era l’inno della goliardia toscana del primo Novecento». Ma certo. E' per questo che è famosa. E’ per questo che volete trasmetterla in eurovisione. Per rendere omaggio a quel fenomeno ingiustamente sottovalutato che fu la goliardia toscana del primo Novecento. E «Faccetta nera» allora, era lo slogan di una crema abbronzante?

Peccato che tanti italiani saliti in montagna o internati in Germania dopo l'8 settembre non siano più qui a commentare questo gemellaggio ardito (in ogni senso): vi avrebbero spiegato la differenza fra «Bella ciao» e «Giovinezza» meglio di me, anche se con toni meno ilari. Provo a condensare il loro pensiero: il fascismo è stato un regime dittatoriale precipitato in catastrofe, non può essere banalizzato in questo modo. In nessun modo. Vi sembrerà incredibile, ma non tutto fa spettacolo nella vita.