lunedì 31 maggio 2010

Piste perdute


I podisti che passano davanti a casa mia, lungo la pista ciclabile che costeggia la provinciale, raramente sono dei podisti veri. I tanti anni trascorsi a correre mi hanno allenato l'occhio a distinguere chi lo fa con continuità ed è allenato da chi esce una o due volte alla settimana tanto per fare un po' di movimento.
Difficile sbagliare. Si comincia dall'abbigliamento. Il podista occasionale usa il più delle volte un abbigliamento non adatto: spesso troppo pesante, pensando che il sudare possa aiutare a dimagrire. Talvolta veste in modo buffo, qualche volta assomiglia a Rocky Balboa altre volte a un surfista delle Hawaii.
Insomma i dilettanti (spesso allo sbaraglio) sono facili da identificare.

I runners, gli agonisti, per intenderci, hanno anche loro i loro segni di riconoscimento. Primo fra tutti la velocità e la frequenza del passo, normalmente radente al terreno alla ricerca della massima efficienza. Pochi di loro si accompagnano con Ipod o musica dato che sono troppo concentrati nel ritmo di corsa e nel controllo del cronometro.
Spesso viaggiano agghindati con gli ultimi ritrovati della tecnica in fatto di cronometri o Gps. Questi aggeggi ornano i polsi di molti al pari degli ormai insostituibili cardiofrequenzimetri.
Quindi il runner vero è un concentrato di tecnologia che parte dalle scarpe, adatte a ciascun tipo di allenamento per passare per l'abbigliamento ultraleggero fino ai sistemi di monitoraggio e geolocalizzazione.
Gli accessori tipo occhiali berretti e bende varie si spendono normalmente nelle gare o comunque in occasione di eventi pubblici.

Io nelle corse lente che faccio per allenare il mio cuore, mi sono sempre mantenuto nella pista ciclabile, mescolandomi ai pochi "podisti della domenica" e ai gruppi di signore che passeggiano speditamente e spensieratamente. Non mi ero mai avventurato nei percorsi dei podisti veri. Io quelle strade le conosco bene. Le frequentavo un tempo. Si snodano lontano dal traffico, riportano ai bordi i segni relativi al chilometraggio, misurato con cura, periodicamente rinfrescati per resistere all'attacco degli agenti atmosferici.
Questa sera, accompagnato dal fido Ipod, da cronometro e cardiofrequenzimetro, sono ritornato tra quelle strade, sicuro di re incontrare qualcuno dei podisti che conoscevo, intento nell'allenamento defaticante del lunedì o impegnato in un medio veloce a ritmo di gara.
Volevo inoltre cogliere l'occasione di cronometrare il mio chilometro, capire se impiegavo 6 o 8 minuti per completarlo. Insomma volevo misurarmi.
Mi sono immesso nel percorso a tre chilometri dalla fine. Di podisti nemmeno l'ombra, ma la sorpresa maggiore fu il non ritrovare più nessuno dei segni sulla strada a indicazione dei km. Tutto era sparito, come i podisti che pensavo di incrociare.
Ho così realizzato che quelle non erano più le strade di allenamento che ricordavo. Forse quelle persone oggi non corrono più o corrono appresso ad altri aspetti della loro vita. Chi sta seguendo un bimbo piccolo per molto tempo aspettato, chi corre per mantenere un lavoro che non sà aspettare e chi infine ha cambiato sport e si diverte di più in sella ad una bicicletta.
I segni sulla strada sono spariti perchè non servono più a nessuno.
Paradossalmente sono io uno degli ultimi podisti ancora “in attività”, podista “ferito” che con la corsa cerca di coccolare il suo cuore per garantirsi una vita migliore.
Il mio cuore questa sera, verso casa, batteva a 137 battiti al minuto.
Ho tirato il freno e ho cominciato a camminare.
Ma ero oramai nella pista ciclabile.

IPOD Playlist

Ti vorrei sollevare
Ti vorrei consolare
Ti vorrei sollevare
Ti vorrei ritrovare
vorrei viaggiare su ali di carta con te
sapere inventare
sentire il vento che soffia
e non nasconderci se ci fa spostare

Elisa - Ti vorrei sollevare

Giro d'Italia

Quest’anno il giro l’ho visto molto da lontano, in parte perché preso dai destino eccezionale dell’Inter, un po’ perché  in giro per il mondo e non ultimo perché avevo altro per la testa.
Di questo appuntamento mi sono giunte poche notizie a volte lontane, cronache ascoltate o sbirciate tra un impegno e un un altro.
Della corsa non mi è piaciuta la rincorsa presa da lontano. Perché partire dall’Olanda ? Forse perché là la bicicletta è veramente un mezzo di trasporto ? Non credo che la bicicletta abbia bisogno di promozione in Olanda ! Chissà per quale altro motivo il Giro d’Italia debba partire da altri mondi. E’ un tarlo che ogni tanto affiora nella mente degli organizzatori, tra qualche anno se ne riparlerà e chissà dove sarà la prossima partenza.

Risultato scontato ? Forse direi. Ivan Basso, dopo gli anni di squalifica, l’anno scorso ha pagato un periodo di adattamento alle corse. Oggi sembra tornato il Basso degli anni poco chiari, con la speranza che i successi di oggi siano sgombri delle ombre del passato.

Un giro da scalatori snobbato dagli scalatori. Tappe da alzarsi sui pedali vinte da chi interpreta la  scalata come una progressione, senza mai alzarsi sui pedali. Vittorie costruite sul chi molla per ultimo non sul chi  butta il berettino e scatta.
La tappa del Mortirolo con degli scalatori veri non avrebbe avuto l’ordine di arrivo che ha avuto : Scarponi , Basso , Nibali. Qualcuno può definirmi un nostalgico di Pantani, ma sicuramente altri sono i guizzi che salite di quel tipo meritano.

Il Cunego di un tempo poteva avere la leggerezza per volare sullo Zoncolan , lanciarsi sul Gavia per poi scenderne a capofitto. Ma quel Cunego non esiste più ed è certamente meglio così. Ha ancora il tempo per diventare quello che sembrava stesse diventando.

Esiste comunque, leggendo la classifica finale un motivo di speranza per il ciclismo italiano: Vincenzo Nibali. Recuperato all’ultimo momento, dopo i sospetti su Pellizzotti, si è rivelato la vera sorpresa del giro. Ha vestito la maglia rosa, ha tenuto nelle montagne pur lavorando sodo per il suo capitano e infine ha raggiunto il terzo posto che per i suoi venticinque anni è un ottimo risultato.

Se non si perderà per strada, è un predestinato alla vittoria nei prossimi anni. Uno che può far bene in Italia ma soprattutto al Tour  dove i regolaristi, quelli che non si alzano mai sui pedali, pedalando a frequenze superiori a 100  di tornante in tornante, primeggiano sin dal primo Indurain.

Una nota di merito a Pinotti, un cronoman tra i primi del giro, buona prestazione la sua, che la maglia rosa già l’ha indossata.
Cadel Evans campione del mondo, maestro di regolarità, non ha ritrovato lo scatto che gli ha regalato il campionato del mondo, rimanendo sui livelli gia noti degli anni scorsi che non gli hanno consentito di primeggiare al Tour.

Ora per Basso la sfida con Contador al Tour. A mio parere, la partita non è persa.

domenica 30 maggio 2010

Fortezza Bastiani

Ogni tanto riprendo o ricordo le pagine del "Deserto dei Tartari " di Dino Buzzati.E' un libro che amo perchè al suo interno ritrovo molti degli aspetti quotidiani che vivo.
La storia del protagonista, Giovanni Drogo, è la storia anche del fallimento della sua vita.
Da giovane accettò di andare nella Fortezza Bastiani, forte della sua decisione ma soprattutto  forte della convinzione nella  sua autodeterminazione. Lui era convinto di essere padrone del suo destino, pensava che, anche la decisione di rimanere alla Fortezza Bastiani fosse in qualche modo sempre, in ogni momento, reversibile.
Questa sua reversibilità, non riusci mai ad attuarla, non riusci mai a tirarsi fuori da quella situazione che giorno dopo giorno diventò la sua ragione e motivo di vità. Più passò il tempo e più la decisione di ritornare nei suoi passi diventò impossibile, sia per le mutate condizioni personali sia per le mutate condizioni esterne.
C'era sempre qualche barlume, qualche dubbio, qualche flebile speranza che i Tartari un giorno sarebbero arrivati.
La vicenda di Giovanni finì in tragedia. Il destino, le vicende non gli avevano dato modo di fare quello per cui aveva vissuto. Non aveva saputo decidere, quando poteva decidere, per una vita diversa, pensando che le condizioni e le possibilità rimanessero intatte nel tempo.

Ogni decisione, ogni gesto piccolo o grande che sia va considerato nel suo pieno significato. Le scelte portano conseguenze a volte irreversibili, per questo vanno ponderate e fatte al momento giusto.
Molte volte quello che noi decidiamo con leggerezza diventa un macigno insormontabile, ci cambia dentro e cambia chi ci circonda, poi a girarsi indietro ci si trova soli.

sabato 29 maggio 2010

28 maggio 2010

L'attesa

"Cosa ci facciamo noi qui ?"

"Se era per me ......"

"Ma se non siamo convinti perchè non affermiamo che non se ne fa più niente?"

Il giudice fatto l'appello, chiede :

"Ci sono delle possibilità di riconciliazione ?"

Risposta

"Nessuna"

Le firme sono scivolate e venute bene, senza tremori.

Il ritorno

"Noi siamo dei cazzoni !!!"

"Si,  forse siamo anche di peggio" ... penso io.

La sostanza sta solo in quel " Nessuna ".
La partita è persa, l'arbitro ha fischiato la fine.

Il  futuro

Tutto da inventare

Calendario

14 settembre 1979, 21 ottobre 1979, 17 luglio 1981, 15 ottobre 1983, 25 luglio 1984, 2 settembre 1985, 1 dicembre 1989, 11 ottobre 1992, 19 luglio 1993, 22 dicembre 1994, 8 dicembre 2000, 14 agosto 2001, 16 giugno 2002, 18 gennaio 2004, 10 agosto 2004, 14 marzo 2005, 19 giugno 2005, 6 gennaio 2006, 22 luglio 2007, 11 agosto 2008, 15 ottobre 2008, 18 gennaio 2009, 1 marzo 2009, 19 agosto 2009, 25 agosto 2009, 3 settembre 2009, 1 gennaio 2010, 19 febbraio 2010, 28 maggio 2010.

mercoledì 26 maggio 2010

Disastri Ambientali

Dopo mesi di rassicurazioni attorno ad un ripresa confermata da decine di segnali positivi in questo periodo ci si sta riscoprendo poveri , a rischio bancarotta.
Fino a ieri sembravamo passati indenni o quasi attraverso la tempesta che ha colpito il mondo. Oggi ci stanno raccontando la bugia che siamo i migliori dei peggiori, i primi degli ultimi.
Questo ci dicono,ora ci stanno facendo digerire altri tagli, altri sacrifici, ma chissà qual'è l'esatta versione dei fatti.
Uomini ricchissimi che stanno gestendo il destino di gente sempre più povera, con la sensibilità che ognuno di noi può avere nel calpestare una formica mentre cammina.

Ma come può un modello economico sano aver prodotto negli ultimi 10 anni :

La bolla speculativa Internet
Enron
Cirio, Parmalat
I titoli spazzatura, così finti da sembrare veri
I bilanci falsi dei paesi Europei

Cos'altro ci si deve aspettare nel prossimo futuro ?
Il materasso sta diventando il posto più sicuro per depositare i nostri risparmi ?
Il mondo oggi sembra scarso di idee, incapace di produrre un nuovo illuminismo, una nuova rivoluzione culturale.
La globalizzazione sta omologando, distruggendo le diversità e la capacità di un pensiero nuovo.

Un attimo di cuore

Fermi tutti adesso voglio scendere.
Riprendere un pò dei ritmi del cammino, della pedalata assaporati e vissuti durante tutto l'inverno.

L'aver ripreso possesso dell'auto sembra aver di colpo accelerato la vità. Quest'ultima mi sembra correre avanti e io dietro ad inseguirla, ma è solo un'illusione come altre volte in passato.

La velocità ti può far fare molte più cose ? Perchè allora non farne ancora di più ?

Prego "cose da fare", in fila per favore, una dietro l'altra a debita distanza.
Per un pò voglio pensare a me stesso.

Fermi tutti, devo riprendere cura del mio cuore, della sua necessità di essere attivo, al di là del battito vitale, al di là del farmi risvegliare ogni mattino.
Riprendermi cura della vita, per meglio far vivere il mio cuore. Che strano rapporto dare avere che mi lega alla luce.
C'è il cuore dell'amore , c'è il cuore della vita, per certi versi entrambi trascurati per mancanza di amor proprio.
Sì, devo pensare alla vita per poter aspirare all'amore.
Si cambia registro, si frena e si guarda il paesaggio.

Stasera mi sembra la sera dei messaggi in sospeso, dei no velati, delle cose non dette.
Le mezze verità e le mezze falsità dei silenzi e delle attese.

A domani

martedì 25 maggio 2010

La mia prima volta a San Siro

Sono giorni in cui regna ancora la soddisfazione per la grande prestazione dell'Inter di sabato sera.
Grande è la soddisfazione anche se la “Pazza Inter” si sta già trasformando.
L'anno prossimo molto cambierà, di sicuro l'allenatore oltre a  qualche giocatore, ma speriamo che non cambi lo spirito di gruppo che abbiamo potuto ammirare quest'anno.
Quando ho cominciato ad andare a ritroso lungo i 38 anni dell'ultima finale di Coppa Campioni o più ancora verso l'ultima finale vinta di 45 anni fa, mi sono riaffiorati alla mente i ricordi di alcuni fatti  di quegli anni, quando ero bambino.
Della finale di 45 anni fa non ricordo niente, ho nella mente immagini in bianco e nero, appartenenti a chissà che partita, viste alla televisione di allora , una Phonola in bianco e nero che faceva bella mostra di se al centro della cucina.

Stava su un mobiletto, che mi sembrava esile per sopportarne il peso, in un ripiano intermedio stava lo stabilizzatore o trasformatore come lo chiamavamo noi con il suo interruttore e la sua lucina rossa.

La televisione impiegava qualche minuto per accendersi ma poi per noi si apriva il mondo fatto telefilm, cartoni animati, quella tv dei ragazzi che cominciava quando dovevamo aver finito i compiti.
La televisione di allora si accendeva all 6 di sera e per noi finiva alle 9 con Carosello .

Della finale del 1972, Inter - Ajax , ricordo abbastanza poco. Avevo 14 anni. Ho cercato di  documentarmi su internet e così ho potuto collegare a quel torneo la sfida  con il Borussia, quella della mitica partita di Berlino.
Poi guardando su Wikipedia la storia di quel torneo, mi è saltata all'occhio la sfida di semifinale tra l'Inter e il Celtic.
In occasione della partita di andata che si svolse a Milano nei primi di maggio, mio padre mi fece il regalo di portarmi per la prima volta a San Siro.

I biglietti li trovò presso un Inter club di un paese vicino che organizzava una corriera. Partimmo, mi sembra nel primo pomeriggio. Io ero forse l'unico ragazzo del pullman e rimasi tranquillo per tutto il viaggio di andata.

A San Siro ci erano riservati dei posti distinti. Mio padre mi disse che erano dei posti di tutto rispetto e avremmo potuto vedere la partita molto bene.
La parola “distinti” suonava bene. I retaggi scolastici mi facevano pensare a una zona adiacente ai posti più ambiti e costosi.
In realtà si trattava della zona mediana degli spalti e  a noi capitarono dei posti dietro a una delle porte. Eravamo abbastanza in alto e con difficoltà riuscivo a riconoscere i giocatori soprattutto quando giocavano nei pressi dell'altra porta.

Prima di entrare mio padre mi regalò una bandiera, bella grande e nerazzurra. Io ero tutto contento di poterla sventolare allo stadio, come avevo visto mille volte alla tv e come constatai appena entrato . Migliaia di bandiere sventolavano e la mia era una di quelle.

Continuai a sventolarla anche a partita iniziata, mio padre non  mi disse niente e di li a pochi minuti fui sommerso dalle proteste di quelli che mi stavano dietro e non riuscivano a vedere una accidente.

La cosa mi mise in grande imbarazzo e per tutta la partita mi sentii una specie di osservato speciale, nonostante le rassicurazioni di mio padre.
La bandiera rimase arrotolata sulle ginocchia e così arrivo a casa.
Del viaggio di ritorno non ricordo quasi nulla.
Quella fu la mia prima volta  a San Siro.
La partita era finita 0 a 0.  Il ritorno  fini con lo stesso risultato ma l'Inter passò in finale grazie ai rigori dove prevalse per 5 a 4.

La finale si svolse a Rotterdam il 31 Maggio 1972.
L'inter fu battuta dall'Ajax di Cruijff.

INTER Bordon Bellugi Facchetti Oriali Giubertoni (12' Bertini) Burgnich Jair (56' Pellizzaro) Bedin Boninsegna Mazzola Frustalupi All. Invernizzi

AJAX AMSTERDAM Stuy Suurbier Krol Haan Hulshoff Blankenburg Swart Neeksens Muhren Cruijff Keizer All. Kovacs

lunedì 24 maggio 2010

IPOD Playlist

...... quando tiri in mezzo Dio o il destino o chissà che 
che nessuno se lo spiega perché sia successo a te
quando tira un pò di vento che ci si rialza un pò
e la vita è un pò più forte del tuo dirle "grazie no"
quando sembra tutto fermo la tua ruota girerà.  

  
Ligabue - "Sopra il giorno di dolore che uno ha"

SMS

Annata indimenticabile per l’Inter e per noi tifosi.
Annata che ci pone al riparo da qualsiasi scherno, raggiro da parte di juventini, milanisti e naturalmente anche romanisti.
Il destino ha voluto che La Lazio, artefice dell’incubo del 5 maggio 2002, abbia suo malgrado dovuto aiutare lo scudetto nerazzurro per non far vincere i rivali romanisti.
La Roma artefice di un inseguimento spettacolare si è ritrovata un po’ in affanno proprio quando doveva mantenere il passo della capolista. A volte le rincorse si pagano, soprattutto dal punto di vista della concentrazione.
L’Inter, sembra abbia volutamente rallentato il passo, preservandosi energie per gli sprint finali. Ha avuto  ragione di tutti e chissà se tutto ciò non sia stato studiato a tavolino, anche se la strategia è sembrata troppo perfetta e programmata in ogni suo aspetto, la fortuna ha fatto la sua parte come sempre in ogni grande impresa.
Milan e Juve non sono mai esistiti. Solo per un brevissimo periodo il Milan è sembrato competitivo, poi si è sciolto con la primavera.

Le vittorie sono iniziate con la Coppa Italia, di cui si ricorderà soprattutto il calcio di Totti a Balotelli.
Lo scudetto è stato vinto al fotofinish grazie a un giocatore che quest’anno si è rivelato un vero fuoriclasse: Diego Milito.
Sulla finale di Champions League, non ho mai avuto dubbi. L’Inter aveva ritrovato a fine stagione la brillantezza perduta in primavera.  Era ritornata una macchina perfetta, forse mai vista così lucida negli appuntamenti importanti.
E’ stata una grande vittoria ma credo che il signor Mourinho, cui noi interisti saremo sempre grati, poteva aspettare qualche giorno, prima di mettere il suo futuro, la sua ambizione, davanti alla gioia dei tifosi annunciando di lasciare la conduzione della squadra.
Per molti di noi, sopra i cinquanta, l’attesa era durata quarantacinque anni, durante i quali c’eravamo consolati con gli ultimi scudetti e la coppa UEFA di Simoni a Parigi. Una attesa lunga più di una vita.
Il giorno dello scudetto, in terra d’America, mi sono arrivati gli sms degli amici che confermavano la vittoria.
Per me era mattina e per un po’ non avevo realizzato che là in Italia il campionato era già finito.
Ho risposto a tutti, cercando di non dimenticarne nessuno.  Nuove risposte seguivano i miei messaggi.   
Poi gli SMS sono terminati, ma a me sembrava di aver dimenticato qualcuno.
Improvvisamente, ma inconsapevolmente mi son detto:
“Ecco ! A mio padre non ho mandato l’SMS…..”
Chissà se lassù tifa ancora Inter?

domenica 23 maggio 2010

Gran Canyon

                
Al Gran Canyon ci si arriva dopo aver girato a destra quando mancano circa trenta miglia. La strada s’inoltra attraverso un paesaggio ondulato che via via si avvicina ai monti che fino ad ora avevano fatto da cornice. Ai lati della strada solo cactus di ogni dimensione.
Ora il percorso diventa tortuoso, si incontra saliscendi continui, qualche tornante qua e là. La strada è comunque deserta.  Per qualche momento ho anche il sospetto di aver sbagliato strada quando tempestiva arriva un’indicazione, manco a farlo apposta. “Canyon West a sole venticinque miglia”.
Che cosa vuoi che siano venticinque miglia, quaranta minuti al massimo, poi non c’è traffico, meglio non c’è anima viva.
Avvicinandosi alla montagna improvvisamente dalla sommità di un colle, uno dei molti già incontrati, la strada prosegue ma diventa sterrata. “ Come? Verso il gran canyon su strada sterrata ?, forse si tratta di un breve tratto.”.
Il breve tratto sarà lungo un po’ meno di ventuno miglia, i continui tornanti e saliscendi non permettono di superare i venticinque miglia l’ora. Tutto diventa irrimediabilmente più lungo.
Verso mezzogiorno, cioè dopo circa un’ora di ghiaia e polvere, la strada bianca finisce, per lasciare il posto a una strada asfaltata ma talmente martoriata dalle buche da scoraggiare qualsiasi accelerazione, anzi si rallenta ancora di più di cento metri in cento  metri appena individuata una nuova piccola voragine.
Compaiono alcuni pullman, sbucati, da non so dove. La meta è vicina. Il paesaggio assume i contorni tante volte già visito nei libri e nelle cartoline.
Il gran canyon non è una montagna scavata da un fiume ma un altopiano eroso e scavato dal fiume Colorado che porta al mare le nevi delle vicine Montagne Rocciose.
 Nell’approssimarsi poco si nota, anzi tutto sembra piatto e insignificante.
Al termine di una rampa ecco che compare la macchina da soldi.  L’organizzazione, la struttura al servizio delle visite al gran Canyon.
Tutto è molto “naturale”, che significa parcheggi sterrati, recinzioni approssimative. Solo l’edificio che fa da rivendita di biglietti e souvenir ha un che di moderno. Alcuni indiani, che indossano costumi alquanto pesanti per la stagione, accolgono i visitatori. Li guidano fin dentro all’edificio, li incanalano nelle code in attesa dei pullman per le escursioni.
Le escursioni sono tutte guidate, in pullman, in elicottero e perfino in aereo. Ciascuno può scegliere secondo le proprie possibilità. Gli elicotteri partono intervalli di pochi minuti, virando secco per accelerare i tempi.
Scelgo il pullman, il meno costoso dei tour per soli 43 $, che mi conduce in due posti siti, da dove si può ammirare il Gran Canyon in tutta la sua bellezza. L’accesso allo Skywalk, una terazza trasparente per guardare il precipizio sotto i propri piedi, non lo acquisto : i 29 $ del biglietto mi sembrano eccessivi nonostante l’unicità dello spettacolo.
Nel primo sito, a cui si arriva in meno di 10 minuti,c’è lo Skywalk, non mi pento di poterci accedere. Non ci sono strutture sufficenti per chi volesse mangiare. Qualche bottega di souvenir ma tutto mi sembra un  pò “sottosviluppato”, considerata l’importanza del luogo.
Ci si muove da un sito all’altro sempre usando i pullman che passano a intevalli di pochi minuti l’uno dall’altro. Il paesaggio è maestoso, silenzioso. Il fiume Colorado scorre sotto a continuare la sua opera di erosione.
Il tutto si può vedere in un paio d’ore, riservandosi  il tempo per le foto  che si possono fare sin sull’orlo del precipizio, mancado del tutto le misure di sicurezza quali parapetti e addetti alla sicurezza.
Poi si torna alla stazione pricipale. In poche minuti si riprende la strada del ritorno.
Nel secondo sito si può ammirare un'altra parte del Canyon. Qui gli spazi sembrano ancora più grandi e maestosi. Ogni tanto si nota e si sente il rumore di un elicottero che vola basso all’interno del precipizio, penso sia uno spettacolo volare tra quelle rocce.
Entro in un negozio dove vendono oggetti della cultura indiana.
Ne esco con un “diffusore di medicina”. L’indiano mentre lo acquista mi spiega che il cerchio sta a significare la Terra,  la croce interna i quattro punti cardinali. Al centro c’è la medicina che in questo modo può diffondersi ovunque. Non mi mi ha spiegato la funzione delle penne ma penso che abbiano una funzione solamente estetica, immaginando che l’oggetto andasse portato al petto.
Penso per qualche momento alla solita oggettistica “made in china”, ma poi scopro una sorta di certificato di autenticità che conferma la sua produzione da parte della gente indiana.

sabato 22 maggio 2010

IPOD Playlist




Amala!

Pazza Inter amala!
E’ una gioia infinita
che dura una vita
Pazza Inter amala!

CAMPIONI

GRAZIE !!!!!!

Ritorno al futuro

Il viaggio di ritorno comincia con l’adunata alle 4.20 alla reception dell’albergo.
Due ore appena di sonno sembrano essere bastate a recuperare il minimo. Si riconsegna la chiave elettronica.
La vita dell’albergo sembra non risentire dell’ora e del tempo. I Tavoli da Gioco hanno ancora avventori. Si nota solo un minor numero di persone che vagano, ma nulla fa pensare alle quattro del mattino.
All’aeroporto c’è il tempo per giocare tre dollari alla slot machine. "Vedi mai che…", ma perdo solamente tre dollari.
La perquisizione d’obbligo passa senza intoppi, oramai mi sono abituato.
Il volo verso New York mi sembra inaspettatamente breve. Partenza verso le sette del mattino, arrivo verso le tre del pomeriggio a New York, comprese le tre ore di fuso in aggiunta. Il ritorno al futuro è iniziato.
La partenza da New York avviene, in ritardo verso le 19.30, si arriverà domani a Milano alle 9.30.
New York scompare all’orizzonte baciato dal sole al tramonto. In breve si piomba nella notte. Per ore il mio cielo ha solo la luce intermittente dell’ala, il resto è buio assoluto.
Riesco a dormire un po’, non so quanto. Ascolto musica, la mia playlist sull’IPOD.
Poi verso non so che ora, di non so quale fuso, la luce ritorna, blu notte, blu, azzurro scuro, azzurro. E’ di nuovo mattina, ma sotto c’è ancora il mare.
Arriva la colazione, “finalmente”, penso. Il vassoio contiene una banana e una pastina. Addento la banana poi la focaccia.  Quest’ultima è un misto di dolce con dentro una frittata, non era quello che mi sarei aspettato. Ingurgito e prendo il caffè.
Compare la terra, ipotizzo sia la costa nord ovest della Francia oppure la Bretagna e Normandia. Poi scorre sotto la terra di Francia con i suoi boschi e città.
Le Alpi sono l’ultimo spettacolo di questo volo, sono bianche di neve e di ghiacciai.  Poi sopra le risaie del Piemonte si prepara l’atterraggio.
A terra tutto bene. I bagagli sono con me. Sono le 9.30 del mattino.
Alle 14.30 del 21 Maggio, dopo l’ultimo tratto in auto, finisce il viaggio. Riapro la porta di casa.
Il ritorno al futuro è concluso. Ho riacciuffato l’orologio di casa che per qualche giorno era scappato avanti di nove ore.
Posso ritornare alla mia vita.
Ogni volta che torno da un viaggio, mi viene la voglia di ricominciarne un altro.
Ogni volta che si sta per un po’ di tempo nello stesso luogo, vale la pena pensare a un viaggio.

venerdì 21 maggio 2010

Dolan Springs

Dolan Springs sta sulla strada che porta al Gran Canyon.
S’incontra nel percorrere la Co Hwy 25, quando le indicazioni dicono che mancano circa cinquanta miglia al Gran Canyon Ovest e allo Skywalk, terrazza con vista sul precipizio e sul fiume Colorado.
Nel percorrere la strada diritta e poco frequentata, si è circondati dal deserto, piatto ma bordato da monti deserti quanto e più della pianura, dove sembra che l’albero sia stato dimenticato da Dio.
Cactus prima bassi, poi sempre più altri fanno cambiare il panorama circostante. Forse la dimensione dei cactus ha una qualche relazione con la presenza di acqua. Questo penso ma mi chiedo anche se ci sia e quanta acqua possa esserci in quel posto.
Assieme ai cactus fiori bianchi e gialli si mescolano ad arbusti bassi, verdi appena a certificare la vita.
La strada è monotona e larga, mi domando a cosa servano i limiti di velocità ogni tanto segnalati e quale sia il motivo della loro variazione. Si passa da un limite di sessantacinque Mph a cinquantacinque poi qualche volta a quarantacinque. Chissà perché ma il loro rispetto da un po’ di vitalità al viaggio.
Pian piano cominciano ad apparire lontano delle macchie bianche, non sono rocce, non sono piante.  Avvicinandosi  individuo in quelle forme delle case. Case nella prateria le definisco io memore di un film che vedevo con piacere quando ero più giovane.

Case sì, ma nel deserto che si estendono su un’area grande distanti una dall’altra, lontane dalla strada principale raggiungibili attraverso strade bianche che si infilano tra i cactus.  Niente di tutto ciò ha la parvenza di un paese, ma di un vivere solitario, per scelta facendo chissà che cosa.
Sul bordo delle strade s’incontrano grappoli di cassette della posta appartenenti a chi abita all’interno, case difficili da raggiungere da qualsiasi postino.  E’ curioso vederle, cosi lontane dai proprietari, incustodite sul bordo di una strada. Penso al mio blackberry che porto sempre con me, più di cose più care e importanti. Penso al mio continuo consultarlo in attesa di chissà che messaggio.
Ma lo scorrere della strada evidenzia via via un numero di case sempre maggiore. Nell’osservare le più vicine alla strada si nota che per la maggior parte sono prefabbricate, basse, a volte mal tenute.
Altre volte invece sono delle roulotte e qualcosa di simile a container lunghi e stretti. La sensazione che trasmettono è di povertà, valutate secondo i nostri metri, ma voglio credere che invece sia indifferenza al superfluo da parte di quelle persone che in qualche modo hanno scelto un ambiente così ostile ove vivere.
Non c’è anima viva all’esterno, ma le macchine parcheggiate in prossimità delle case danno la conferma che là in quelle case qualcuno ci sia. Le macchine spesso sono meno disadorne delle case, pulite, spesso grandi Suv o Pick up. Insomma nelle macchine c’è quella ricchezza che nelle case manca.
A guardarlo tutto questo con la mia cultura sarei indotto a dire di essere di fronte a un popolo  nomade, perché dalle mie parti queste sono situazioni che ritrovo in quelle popolazioni.
Mi chiedo, considerando i luoghi, considerando le distanze, come facciano a vivere e cosa possano fare per guadagnarsi da vivere gli abitanti di quei luoghi. Confesso che non trovo una risposta. Penso a militari in missione in giro per il mondo o ad altre attività che richiedano lunghi periodi di permanenza lontano.  Qualche attività a supporto della vita locale s’intuisce ma non così marcata da giustificare una grande occupazione.
Sicuramente qui per vivere ci vuole poco anche perché c’è poco. Las Vegas però è a circa 100 Miglia.
Poi compare il nome del paese, dai bordi della strada spariscono i cactus e appaiono spiazzi appartenenti a case o  attività lavorative.
Nel breve volgere di un paio di miglia si manifestano tre chiese, appartenenti a religioni diverse.  A una di queste, riesco a identificare il centro del paese, anche perché circondata da una sorta di quartiere e da qualche negozio.
Le chiese sono invece ben finite, fresche di colore, con un po’ di giardino attorno.  Dietro a una di queste si nota un piccolo parco giochi per i bimbi, del tutto simile ai nostri con scivoli e altalene.
Più in là ecco apparire l’insegna di un B&B e di fronte l’insegna di un ristorante. In entrambi i casi, gli edifici sono del tutto disadorni, dove le insegne sono state fatte a mano con pennello e colore. Non c’è ombra di design, marketing o altre strategie commerciali. Condivisibile, trattasi di mercato chiuso, la c’è solo quello, chi vuole fermarsi quello trova e l'insegna serve solo a essere individuati non a vincere la concorrenza.
Ci si ferma al ristorante, da fuori sembra una baracca, forse lo è. Si entra e veniamo accolti da una signora sui quaranta,  bionda , minuta. Il locale è vuoto.  A guardarlo sembra una normale casa con cucina sul retro, solo cinque piccoli tavoli in una stanza e la pubblicità di una bevanda sul muro sono tipici di un luogo pubblico.
Sul muro ci sono un paio di vecchie foto in bianco e nero, forse si tratta di antenati, sono molto belle
Si ordina da un menu sufficientemente ricco. Io ordino un’insalata con uova e formaggio. La signora prende le ordinazioni, ci porta da bere, poi lavora per un  po’ in cucina. La vedo passare con un uovo sodo in mano.
Intanto mi guardo un po’ in giro. Sono incuriosito da quel luogo. Una bacheca riporta alcuni avvisi. Uno di questi reclamizza una casa in vendita. Il messaggio suona circa in questo modo: “ Vivendo nel deserto, casa in vendita ai piedi del monte Tipton”, le foto della casa sull’avviso mostrano un edificio nuovo, carino.  Qualcuno ha poi scritto il prezzo sul  quella carta : 130.000 $. “Caspita” , penso ,  “alla faccia dell’essenzialità. “
I piatti arrivano in poco tempo. Sono ben preparati e appetitosi. Mangio con gusto sorseggiando la birra.
Nel mentre entra nel locale una signora con due figli, di cui uno in culla. Arriva con un SUV enorme, da come si muove sembra essere comproprietaria o conoscere molto bene il locale . Dal retro arrivano voci e risate
La signora non perde tempo e ci porta il conto: 17 dollari. Ordiniamo il caffè e al momento di pagare non lo aggiunge al conto.
Gentilezza pura, lei sa che non ci rivedrà mai più e questo  mi fa apprezzare ancora di più il gesto.
Si riprende la strada, solita solfa, case sempre più rade, che lasciano il passo a cactus sempre più fitti.
Pian piano il deserto ritorna deserto e anche la vegetazione diventa sempre più povera. Dolan Springs s’intravvede da lontano. Adesso che lo conosco, intravvedo da lontano la macchia delle case che ho appena attraversato.
L a strada girà poi a destra, indicazione Las Vegas. A meno di cento miglia altre sono le dimensioni, altre sono le realtà, dove il superfluo diventa essenza di vita.

giovedì 20 maggio 2010

Sfortunato in amore .....

Scendo al Casinò con un piano ben preciso.
Investimento 70 dollari, in massima parte dei miei amici, le cui quote sono in euro 15,5,20,10.
Fatte le debite conversioni, dollaro euro, non so quanto rimanga a me in caso di vincita, ma non importa.

Scelgo il gioco : la roulette.  Al tavolo mi faccio convertire il denaro. Pezzi da 1 dollaro. Si parte piano.
Prima puntata 1 dollaro non mi ricordo dove, ma subito il croupier mi spiega gentilmente che la puntata minima è 10 dollari. Mi agito un pò e punto 10 dollari sul rosso. Vinco e raddoppio le 10.
Cambio strategia . Puntate da un dollaro distribuite variamente sul tavolo con una puntata fissa, su consiglio del mio collega : 8 e 11.
Comincia così una serie di vincite piccole e grandi che pian piano porta il capitale a 150 $.
Continuo fiducioso ma due perdite consecutive mi fanno lasciare con 129 $.
Bel colpo, ho quasi raddoppiato.

Fiduciosi si cambia gioco, passando alla slot machine. Qui la scelta è alquanto difficile ma alla fine se ne sceglie una a caso e si puntano i rotti, cioè 4 $.

Persi in poche battute. il capitale ora è di 125 $.
Galvanizzato propongo di ritornare alla roulette e giocare 20 $.

Convertiti i 20 $ ricomincio a giocare. Due o tre buone giocate mi fanno arrivare a più di 50 $, vado bene ma dopo un paio di battute a vuoto lascio con un capitale di 35 $.

Alla fine il capitale di 70 $ è raddoppiato.
Prima di lasciare ci si gioca 5 $ in un'altra slot machine. Dopo alterne vicende si perde tutto.
Restano 135 $.

Naturalmente un po di se ci sono sempre.
Se avessi investito di più ......  chissà cosa sarebbe successo.

"Almanco no' me so' magnà tuti i schei".
Ora vanno convertiti e divisi in euro, forse a me resterà la soddisfazione.

Ultima notte a Las Vegas

Ultima sera tra le luci di Las Vegas.
Di ritorno dal Gran Canyon, programma della serata :

Preparazione della valigia. Riportare tutto a casa, senza dimenticare niente, cercando di fare stare anche tutti gli acquisti fatti.

Cena in uno dei ristoranti all'interno dell'albergo, visto che qua dentro si può fare tutto come all'interno di un'astronave in viaggio verso stelle lontane.

Puntata al tavolo da gioco o alle slot machine, dove cercare di non fare avverare la profezia di mio figlio. Giocherò soldi miei ma anche soldi di alcuni amici che confidano della mia fortuna. Sfortunato in amore , ...........

Poi attesa della partenza prevista molto presto. Adunata nella hall dell'albergo alle 4.20. Poi via verso l'aeroporto dove comincerà il lungo volo di ritorno che si concluderà venerdi alle 9 del mattino, passando per New York.

Si torna a "casa".
Arrivederci Las Vegas

mercoledì 19 maggio 2010

The Venetian Las Vegas Resort-Hotel

Alla fine della giornata mi sono reso conto che da due giorni non uscivo dall'albergo. Avevo partecipato alla Convention, passeggiato per KM, fatto colazione, mangiato al ristorante, senza mai mettere piede al di fuori dell'albergo.
La giornata dal punto di vista lavorativo era stata meno interessante della prima, ma utile e con alcuni spunti interessanti.

Quindi alla fine delle sessioni pomeridiane, la visita alla città alla luce del giorno era d'obbligo.

La città anche nei giorni lavorativi assume una veste di festa, migliaia di visitatori la frequentano  anche  considerato il fatto che l'estate qui è già cominciata.

La cosa più singolare in cui mi sono imbattuto anche su indicazione di altri italiani presenti è stato il " The Venetian Las Vegas Resort-Hotel".

E' paradossale, divertente, ritrovare a Las Vegas  una brutta copia di Venezia.
Las Vegas è ricca di brutte copie di molti monumenti o luoghi ma a Venezia ha riservato un trattamento particolare.
Tutto ciò si trova nei pressi o all'interno dell'albergo Venetian.
Esternamente si può trovare una copia del ponte di Rialto, del campanile di San Marco e un pezzo di fondamenta da dove partono gondole cariche di  turisti

Internamente la finzione raggiunge livelli ineguagliabili. Un pezzo di Venezia è stato ricostruito, del tutto simile a quello che vero, mettendo ponti, riproduzioni di case, canali, gondole. ecc.
Nella ricostruzione non si è dimenticato niente, anche il cielo è stato preparato  con cura.

Piazza San Marco ricostruita in scala senza la Basilica è diventata una grande sala da pranzo con tanto di quartetto che suona musiche italianeggianti.

Famiglie, coppie viaggiano in gondole (a motore) lungo i canali pilotati da gondolieri (uomini e donne) che cantano in playback musiche diffuse da una specie di "autoradio" presente in ogni gondola.


Non manca il fotografo per la foto ricordo.
Non manca il ponte dei sospiri con tanto di scena del canale sottostante che attraversa.
Tutto assurdo ma tutto così pertinente in questa città in cui  molto è assurdo in quanto normale solo quà.

Per certi versi un grande parco divertimenti, per altri un enorme set cinematografico.

Chissà se queste persone, che oggi visitano la Venezia di Las Vegas, apprezzeranno un giorno, vedendola , quella vera o diranno : "L'acqua a Las Vegas era più pulita"

Il pilastro di argilla

Al quarto tentativo ho attraversato l'oceano e sono arrivato in America.
Già altre volte avevo ricevuto l'invito per partecipare a eventi, simili a quello di questi giorni.
Anche le altre tre volte la destinazione era Las Vegas. Las Vegas era nel mio destino.

Pur ricevendo l'approvazione dei miei capi, le volte precedenti, ho sempre trovato una scusa per rinunciare. Il più delle volte portavo come giustificazione il lavoro che sembrava essere così importante da non poterlo lasciare lo spazio di una settimana.

Ma poi il pilastro, che pensavo di essere, che sembrava dover controllare e sostenere tutto si è rivelato di argilla e soprattutto il suo sgretolamento non ha impedito al mondo di andare avanti lo stesso.

Quindi questa volta ho accettato, per interesse professionale e per curiosità. Ho attraversato l'oceano con un pò di paure in meno. A dire la verità  da qui tutto sembra normale o meglio, lontano. Anche i messaggi che la posta elettronica comunque mi recapita non mi impressionano più del giusto.
Ora sto facendo una cosa, al mio ritorno penserò ad altro, in caso di fretta tutti sanno come trovarmi.

In esperienze come questa, vissute e organizzate anche al di fuori del mondo del lavoro, manca solo la vicinanza di coloro a cui si vuole bene. Sono cose che si fanno poche volte nella vita, condividendole tutto avrebbe un sapore  diverso.

martedì 18 maggio 2010

Nubi di Problemi, Squarci di Opportunità

Giornata grigia da queste parti dove fino a ieri sembrava estate.
Giornata passata ad ascoltare presentazioni sulle nubi di computer,
sulla capacita di far diventare i grandi problemi delle grandi opportunità,
sul significato di eleganza,
di innovazione,
sul come gestire i momenti di transizione.

Infine James Cameron, il regista di Titanic, Avatar, ecc..
ha raccontato a tutti la sua storia e il suo approccio con la tecnologia applicata ai suoi film.

Stasera cena in un ristorante interno all'albergo.
Chiamiamola pure vita da reclusi.

IPOD Playlist

......
VIVERE!
è un po' come perder tempo 

VIVERE....
e sorridere dei guai
così come non hai fatto mai
e poi pensare che domani sarà sempre meglio
.....

Vasco - Vivere

lunedì 17 maggio 2010

Shopping Tour

Un pullman dedicato ai soli partecipanti italiani ci ha condotto nei dintorni della città per quello che avevano definito : "shopping tour".
Il tour prevedeva una colazione nel giardino dell'albergo. Un pò continentale e un pò anglosassone per non farsi mancare nulla. Nel mentre della colazione mi è pervenuta notizia dello scudetto all'inter e a voce alta ho detto al mio collega pure lui interista "Abbiamo vinto lo scudetto " ma notai una certa freddezza da parte degli altri seduti al tavolo. Esultai nel mio piccolo.
Nel prosieguo della colazione realizzai che ero capitato in un tavolata di romani che nel corso della colazione tra di loro discuterono di quello che chiamarono "il sacco di roma " riferendosi alla partita Lazio Inter.

Poi la partenza verso un paio di mega centri commerciali molto estesi dove decine di negozi proponevano di tutto ma in special modo abbigliamento di varie marche.
Fiducioso nella convenienza che mi avevano garantito mi sono lanciato in acquisti pure io. Diciamo che ho avuto modo di usare la carta di credito anche per piccole somme.
Oramai da queste parti la firma sullo scontrino della carta di credito è stata sostituita da un firma con penna digitale su uno schermo.
Non riescono più le stesse firme di una volta ma questo è l'incedere del progresso.
Tra qualche anno penso che qualcosa ci guarderà negli occhi ed effettuerà il prelievo dovuto dal conto corrente. Forse gli occhiali a specchio ci salveranno.

Lo shopping tour è finito con il ritorno in taxi visto che pochi minuti di ritardo in un negozio ci ha fatto perdere il pullman.

Dopo aver passato un'ora passato ai bordi della spiaggia dell'albergo è  cominciata la parte professionale del viaggio,

Visita alla zona espositiva che per tre giorni sarà teatro di tutta una serie di presentazioni e dibattiti relativi al software e all'Information Technology.
A dire la verità il tutto è cominciato con un  Buffet ma poi mi sono dedicato a visitare i vari stand.

Al ritorno breve visita ai tavoli da gioco. Qualcuno vinceva.
Proverò nonostante le raccomandazioni di mio figlio.

Mandalay Bay

L'albergo è uno dei grandi della città. Nel contare i piani sono arrivato a 36, anche l'ascensore arriva fino a 34.
E' una piccola città, perchè al suo interno si trovano :  un casinò, una serie di ristoranti specializzati, un centro congressi, una spiaggia artificiale, uno zoo con acquario con tanto di squali che nuotano, una palestra attrezzatissima e una chiesa dove si  celebrano dei matrimoni,

Il casinò è gremito di slot machines e tavoli da gioco che alla sera si popolano di giocatori, anche se però una parte di essi è aperta fin dal mattino
La spiaggia sembra reale in quanto vengono prodotte anche le onde che poi si infrangono nell'arenile.
C'è un continuo via vai di gente, da quelli che stanno andando in "spiaggia" fino ad arrivare a coppie di sposi con parenti al seguito.
Quando mi affaccio dalla mia stanza 32327, vedo l'aereoporto di Las
Vegas, il deserto e le montagne lontane.
Dormo in una camera spaziosissima che potrebbe ospitare comodamente 4 persone,
Insomma non manca quasi niente, ......  quasi.